L'incubo nucleare - L'energia come merce

La scelta nucleare non obbedisce in astratto alle necessità di una società tecnologicamente avanzata, in quanto una tale società non comporta necessariamente la produzione intensiva con megaimpianti in grado di erogare milioni di chilowattora di potenza.

La scelta della produzione intensiva obbedisce alla logica capitalistica e non certo alla necessità di una razionalizzazione della distribuzione dei mezzi di produzione (di energia) in funzione dei bisogni della società e del necessario equilibrio fra l'uomo e l'ambiente in cui vive.

Nessuno nega l'importanza che riveste oggi la produzione di energia, vero e proprio elemento portante del progresso umano; può, al contrario, essere negata la sua utilizzazione che è obbediente alle regole dell'ottenimento del massimo profitto e delle speculazioni più massicce cui viene sottoposta dalle imperanti leggi del mercato.

Il capitalismo, e solo il capitalismo, attribuisce all'energia il ruolo di merce.

Sin dagli albori della storia della sua evoluzione, l'uomo ha sempre utilizzato energia, nelle varie forme corrispondenti al grado di sviluppo del proprio "modo di produrre".

Inizialmente ha utilizzato la propria forza muscolare ,poi quella degli animali con cui era riuscito a simbiotizzarsi nel lavoro; in seguito trasferì 1"energia" dello proprie braccia ad attrezzi che ne costituivano il "prolungamento" e agli "arnesi" del suo lavoro (leve, argani, ecc). Molto più tardi seppe utilizzare il sole (cottura di mattoni, vasi), l'acqua ed il vento. Anche quando cominciò a progettare e a costruire grandi telai, le pompe da miniera, i mulini a vento, ecc., l'energia prodotta e necessaria alla trasformazione delle materie prime era ancora semplicemente trasferita dalle fonti naturali al processo produttivo. La forma dell'energia rimaneva inalterata, non poteva assumere il ruolo di merce.

La rivoluzione industriale, che caratterizza e segna l'apparire e l'estendersi del modo capitalistico di produzione su vasta scala, comincia ad attuare una profonda trasformazione nel modo di ottenere e utilizzare energia.

Con la macchina a vapore l'uomo trasformava una forma di energia, quella termica, in un'altra, quella meccanica, utilissima al lavoro. Fu un enorme progresso: l'uomo acquisiva un'enorme capacità di controllo delle forze della natura.

Ma ancora, pur reclamando il capitalismo il suo diritto al dominio incontrastato sulla società, l'energia non era ancora una vera e propria merce. Le trasformazioni energetiche venivano ancora attuate dal produttore nel luogo stesso della sua produzione di merci. Erano ad esempio merce tanto il carbone quanto la macchina a vapore, non era invece merce l'energia meccanica che scaturiva dall'uso di questi.

Comincia ad assumere questo ruolo allorquando l'energia, pur prodotta da una trasformazione, poteva essere

distribuita sul territorio; quando veniva cioè realizzata la possibilità di essere trasportata sino al consumatore; ancora: quando divenne realtà la possibilità di produrre energia in posti diversi da quelli della sua diretta utilizzazione e di essere trasformata sul posto nella forma richiesta: termica, chimica, meccanica e, infine, nella forma specifica di energia elettrica. È soprattutto quando assunse quest'ultima forma che l'energia si convertì completamente in merce. E quando si fu affermata come merce, l'energia seguì le sorti di tutte le altre merci. La sua produzione divenne oggetto di monopolio e in regime di monopolio quello che più conta è la quantità che ne può essere prodotta e venduta nei modi più redditizi possibili. È per tale sua natura di merce che il capitalismo tende a produrla in grandissimi impianti territorialmente concentrati; a maggior ragione ciò vale per l'energia nucleare che ha un ciclo di produzione ad alta intensità di capitale e ad alto contenuto tecnologico.