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Home ›Una esperienza realizzata nel solco della tradizione leninista
Dall'archivio
Premessa
Offriamo ai lettori, soprattutto ai più giovani, di “Prometeo”, con la pubblicazione dei tre documenti che seguono, la possibilità di una conoscenza più approfondita d'una esperienza, quella della “Sinistra Comunista”, che sulla base di una piattaforma elaborata dal nostro partito si poneva sulla linea della ricostruzione del partito, da forgiare con la ideologia, la disciplina e le forze che si richiamano al partito di Livorno. Esperienza fortemente significativa per il momento storico che l'ha determinata ma anche per la estemporaneità e fragilità ideologico-politica dei gruppi che vi aderirono, ma soprattutto per la friabilità di certo materiale umano già viziato da una pratica stalinista fatta nei ranghi del P.C.I. contro cui, dopo lo schiacciamento della rivolta operaia di Budapest, si ergevano come giudici spietati e oppositori irriducibili.
È stata una grande lezione di marxismo vivo e conseguente anche se doveva servire a mettere in evidenza quanto di posticcio, di ossificato era nel fondo di certi gruppi di opposizione rivoluzionaria. Tuttavia, questa non è che una constatazione marginale del problema; il dato di fondo è, invece, la natura della rivolta ungherese e i suoi limiti, primo tra questi la mancata presenza determinante del partito rivoluzionario.
Quando gli operai di Budapest insorgono con le armi alla mano, organizzano sui posti di lavoro i loro organi d'azione rivoluzionaria e fanno delle fabbriche altrettanti fortilizi di difesa e di offesa e con obiettivo non le libertà nazionali ma gli interessi fondamentali della classe; questi operai mentre spezzano con la violenza le strutture economiche e politiche dello Stato che legittimano, anche se a nome di un falso socialismo, i modi di produzione e di sfruttamento che sono propri del capitalismo, pongono in prospettiva la conquista rivoluzionaria del potere e non la restaurazione del vecchio. Poi, il rullo compressore dei carri armati russi che schiaccia nel sangue il tentativo rivoluzionario.
Questo è il quadro che si è offerto allora nelle giornate della insurrezione operaia di Budapest, agli occhi e all'attenzione delle disperse e frammentate forze rivoluzionarie internazionali.
Si trattava, per noi internazionalisti, o di ritenere legittima la repressione violenta operata dalla Russia perché, malgrado tutto, tale esperienza portava nel proprio seno, anche se allo stato potenziale, gli interessi e le ragioni ideali del socialismo, e in questo caso l'insurrezione degli operai era da ritenersi una controrivoluzione, oppure l'Ungheria esprimeva nell'azione dei suoi “consigli operai” la irrefrenabile volontà di liberazione di classe dalle nuove forme di sfruttamento imperialista, ed era questo l'unico modo, quello dell'azione rivoluzionaria, che restava agli operai per operare come classe storicamente antagonista.
Gli internazionalisti che avevano portato fino in fondo la critica alla economia e alla politica dello Stato russo, non avevano alcun dubbio su questo problema e hanno tratto le conclusioni che sono chiaramente espresse nelle iniziative e nei documenti che pubblichiamo; gli altri internazionalisti che non avevano osato di portare fino in fondo la stessa analisi critica perché tuttora presi dalla suggestione della Russia che, dicevamo, quale che fosse la sua realtà, era tuttavia il centro di un reale movimento operaio internazionale, d'una Russia che non poteva essere messa sullo stesso piano degli altri centri del dominio imperialista come l'America, non credendo all'esistenza del capitalismo di Stato in Russia, non potevano che prendere la strada opposta, quella di insozzare l'eroico sacrificio dei combattenti rivoluzionari ungheresi, i soli, dopo Lenin, che si erano mossi sulla linea della Rivoluzione di Ottobre. E sono ricorsi alla solita e banale giustificazione, propria degli opportunisti, che all'iniziativa degli operai, stretti nei consigli, si era aggiunta, con scopi assai diversi, quella della socialdemocrazia e dei reazionari di destra, come se fenomeni del genere non siano costantemente presenti, e quindi inevitabili, in ogni profondo travolgimento rivoluzionario che, in quanto tale, non può sottrarsi alla legge della irrazionalità e mettere in moto forze le più varie e contraddittorie.
Quando si presentano situazioni come quella che abbiamo preso in esame e se si vuole che il proletariato non si presenti alla lotta ancora disarmato del suo strumento più valido, il partito rivoluzionario, in quanto essenziale e indispensabile per assicurare una saldatura unitaria al moto difforme e contraddittorio delle masse in movimento e una guida sicura, è ovvio che il problema del partito venga posto al centro dei compiti e delle preoccupazioni. Il partito si costruisce e si potenzia non isolandosi, non chiudendosi a doppia mandata nel proprio guscio, ma accettando la discussione chiarificatrice e l'adesione di chi accetta di lavorare al tuo fianco riconoscendo la validità di una piattaforma già passata al vaglio della Rivoluzione d'Ottobre. Non è perciò problema di uomini o di gruppi e dei loro sempre possibili dissensi; quel che conta è che ognuno riconosca criticamente come lo svolgimento del conflitto di classe, quando esplodono le contraddizioni fondamentali, avvenga come era previsto in sede di dottrina tradotta questa in termini di piattaforma ideologico-politica a cui si aderisce accettandola con la più ferrea disciplina rivoluzionaria.
In tal caso o il partito rivoluzionario si fa centro di convergenza delle forze spinte avanti dal moto di classe e le incanala e le piega alle esigenze superiori del fine rivoluzionario, o esso rimane tagliato fuori dalla dinamica degli avvenimenti che gli passano sotto il naso senza che se ne accorga per isolarsi dietro una nube di astrazioni metafisiche e di nullismo politico, venendo così meno al suo compito storico.
In questa direzione, sotto il pungolo della stessa esigenza storica si mosse con ineguagliabile senso politico Lenin nel forgiare il partito che sarebbe stato alla testa della Rivoluzione d'Ottobre, allo stesso modo, anche se con minore genialità e minore senso del concreto, si è mossa la sinistra italiana con Bordiga di fronte alla costruzione del partito rivoluzionario al convegno preparatorio di Imola e al congresso di Livorno.
È questa la strada su cui sono chiamati a muoversi i rivoluzionari che non si attardano scioccamente dietro il trastullo muliebre di sfogliare margherite quando non sono ridotti, poveracci, a sfogliare “quadrifogli”.
Va da sé che quando questa condizione fondamentale dell'unità ideologica non si verifica, ciò che solo può giustificare l'unità d'azione, compito del partito rivoluzionario è quello dello smantellamento ideologico delle posizioni avversarie presupposto al dissolversi delle strutture organizzative, quello che di fatto è poi accaduto col disperdersi del nucleo organizzativo lungo i rigagnoli dell'avventurismo più deteriore.
Onorato DamenPrometeo
Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.
Prometeo #13-14
III Serie - Anno 1969 - Numero doppio
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