Leone Trotsky come teorico

Da un discorso sullo "Sviluppo del pensiero di Trotsky negli ultimi anni della sua vita"

La rivoluzione russa del 1917 segnò il punto massimo di sviluppo e proprio nello stesso tempo il grande distacco dal passato sia della Russia che del mondo, sia dal punto di vista della evoluzione storica che da quello dell'evoluzione teorica del marxismo russo e mondiale.

I due uomini che erano alla testa di questa rivoluzione - Lenin e Trotsky - si erano differentemente preparati ad assumere storiche responsabilità non perchè ci fosse qualche fondamentale differenza fra loro come rivoluzionari, ma perchè erano due tipi di pensatori fondamentalmente diversi.

Tale tesi sembrerebbe contraddetta dai fatti perché come pensatori erano entrambi marxisti mentre come rivoluzionari ciascuno di loro apparteneva ad un partito diverso.

Leone Trotsky fu da principio un Menscevico ed allora non apparteneva a nessuna delle correnti all'interno del movimento marxista russo. Solo nel luglio 1917 si unì ai Bolscevichi. Lenin, dall'altra parte, fu il teorico, l'organizzatore ed il fondatore del Bolscevismo dalle sue origini nel 1902-1903 fino alla sua morte nel 1924. Ciononostante, per quanto paradossale possa sembrare, Lenin era il più flessibile e Trotsky il più intransigente, una volta che la Rivoluzione russa ebbe successo e Partito e Stato divennero una cosa sola.

La dialettica logica ha il suo tipico accento. La teoria, la teoria originale è un compito così arduo e così bisognoso di reale concretezza così come la filosofia lo è delle sue sorgenti di vita, che nessuna per quanto brillante prognosi può sostituire ciò che Hegel chiamò "il lavoro, la serietà, la pazienza e la sofferenza del negativo".

Prendiamo la teoria di Trotsky della "rivoluzione permanente". Certamente nella storia non è mai stata fatta più brillante prognosi. Quando nessun Marxista (per non dire altri teorici) non poteva prevedere per la Russia zarista niente altro che "una rivoluzione democratico-borghese, Trotsky (all'età di 26 anni anche se già alla testa del Soviet di Pietroburgo del 1905) elaborò la teoria che la rivoluzione in Russia sarebbe continuata in "permanenza", che cioè si sarebbe passati dalla età borghese a quella proletaria, allo stadio socialistico.

Questo folgorante principio, per quanto elaborato in vari articoli negli anni 1903-1906. rimase come un fulmine a ciel sereno, senza sviluppo di sorta per tutto il periodo che va dal 1906 alla Rivoluzione del 1917. E neppure pensò mai Trotsky di farne il fondamento teorico per lo sviluppo di qualsivoglia aggruppamento o tendenza politica indipendente o partito.

Al contrario. Egli si considerava "al di sopra" di tutte le fazioni della Socialdemocrazia Russa, impegnato nel tentativo di unificare Menscevichi e Bolscevichi. Per citare le sue stesse parole: "Non ho mai cercato di creare un gruppo sulla base della teoria della rivoluzione permanente. La mia posizione all'interno del partito era conciliatoria e quando in certi momenti lottai per i gruppi, la mia azione si svolse appunto su questa base". Fu solo dopo la morte di Lenin - molto tempo dopo! - e durante il suo esilio - molto tempo dopo che era incominciato - che Trotsky non solo cercò di fare un gruppo fondato su quella teoria ma pretese che esso solo "poteva garantire la vittoria della rivoluzione proletaria".

Poichè il marxismo non è un dogma ma un metodo di pensiero e di analisi, ciascuna generazione di marxisti deve interpretare il marxismo per se stessa. Messo di fronte al fatto dell'apparire della controrivoluzione nell'ambito stesso del movimento rivoluzionario con il tradimento della Socialdemocrazia tedesca, Lenin era costretto a ricercare un fondamento filosofico che avrebbe provato le sue ragioni.

La prima guerra mondiale ed il collasso della Seconda Internazionale non avevano imposto a Trotsky un tale riesame dei fondamenti del marxismo già elaborati. Naturalmente tutti i veri marxisti rivoluzionari gridarono al "tradimento" contro la Socialdemocrazia tedesca che aveva votato i crediti di guerra al Kaiser. Ma là si fermarono.

Solo Lenin era insoddisfatto non solo dei traditori ma anche di se stesso. Solo Lenin procedette ad analizzare il tradimento non solo dal punto di vista dell'azione ma anche nel pensiero.

Rileggendo la Scienza della Logica di Hegel gettò le basi del Grande Distacco nel Marxismo, non solo tra traditori e fedeli ma tra il marxismo hegeliano e quello di qualsiasi altro che non avesse pienamente compreso la dialettica per cui - diceva Lenin - non poteva essere "pienamente marxista". Nel suo testamento disse ciò per più di uno, tra cui un importante dirigente teorico bolscevico, Nicola Bukharin.

I suoi Quaderni Filosofici mostrano come Lenin abbia completamente riorganizzato la sua concezione del rapporto tra le forze economiche e quelle umane, il rapporto tra scienza ed attività umana.

Un intelligente idealismo - ha scritto Lenin - è più vicino all'intelligente materialismo che non uno stupido materialismo.

Il solo principio dialettico che divenne la base di ogni sua analisi in questo periodo fu "la trasformazione negli opposti". Come la libera concorrenza si era trasformata nel suo opposto - il monopolio - così una parte di proletariato - l'aristocrazia dei lavoratori - si formava parallelamente. Ciò era alla radice del tradimento ed allora i marxisti dovevano andare "sempre più a fondo" nel proletariato e là scoprire "nuove passioni e nuove forze" per la ricostruzione della società su nuovi principi.

Almeno nella azione Trotsky si trovò unito a Lenin nel 1917. Trotsky non si è mai fatto una tale preparazione filosofica per affrontare i suoi compiti storici nella Rivoluzione Russa. E neppure la fece quando, subito dopo la morte di Lenin, la lotta fra Stalin e Lui terminò nella vittoria di Stalin. Carente di questa metodologia Trotsky non potè scandagliare il fenomeno dello stato dei lavoratori che stava per essere trasformato nel suo opposto, una società propria del capitalismo di Stato.

Negò anzi il fatto. Negò la teoria. Negò la realtà mondiale della tendenza al passaggio dal monopolio al capitalismo di stato. La lotta contro lo stalinismo assunse il tono di un'autodifesa non perchè egli fosse "soggettivo" ma perchè "oggettivamente" nulla egli vedeva di fondamentalmente nuovo nello sviluppo mondiale del capitalismo. Nulla era cambiato dal decennio 1914-1924 eccetto la "direzione". Stalin era "l'organizzatore delle sconfitte", il che voleva dire che egli Trotsky avrebbe potuto organizzare le vittorie se il proletariato lo avesse seguito.

Ciò noi non diciamo per fare dell'ironia. Trotsky certamente era stato un capo della sola rivoluzione proletaria vittoriosa nella storia. Presidente del Comitato Rivoluzionario che aveva pianificato l'effettiva insurrezione, costruttore dell'Armata Rossa dalle reclute civili inesperte che tuttavia fronteggiarono tutti gli attacchi controrivoluzionari dei generali zaristi e degli altri professionisti, Commissario della Guerra, Ministro degli Esteri, la storia non vorrà negargli le sue vittorie.

Ma questa non è la caratteristica di un teorico marxista la cui prospettiva filosofica valuta il corso dell'effettivo sviluppo storico sulla base della più profonda analisi di quello che esso è.

Nel diario di Trotsky dell'anno 1935 troviamo la seguente citazione:

Dopo la sua capitolazione (quella di Rakovski) non è rimasto nessuno... e tuttavia io penso che il lavoro nel quale sono impegnato nonostante la sua natura insufficiente e frammentaria è il più importante lavoro nella mia vita. Più importante che quello nel 1917. Più importante che quello durante la guerra civile od alcun altro.
Per maggior chiarezza voglio porlo così: nel 1917 se io non fossi stato presente a Pietroburgo,. la Rivoluzione d'Ottobre avrebbe avuto luogo a condizione che fosse stato presente, col ruolo di comando, Lenin. Lo stesso può dirsi del periodo della guerra civile... Così io non posso parlare dell'indispensabilità del mio lavoro neppure nel periodo 1917-1921.
Ora invece il mio lavoro è indispensabile nel pieno senso della parola. Non c'è nessuna arroganza in questa pretesa. Il Collasso delle due Internazionali ha posto un problema che nessuno dei dirigenti di queste internazionali è atto a risolvere. Le vicissitudini del mio destino mi hanno armato di un'importante esperienza per affrontarlo. Nessuno c'è - me eccettuato - che possa portare avanti la missione di armare una nuova generazione al di là dei punti della seconda e terza internazionale. Ho bisogno di almeno cinque anni di ininterrotto lavoro per assicurarmi la successione.

Avesse almeno Trotsky sviluppato una teoria che fosse stata in grado di tenere testa al movimento storico del suo tempo, anche se non aveva i quadri relativi!

Come ogni feticismo, anche il feticismo della proprietà di stato non fece vedere a Trotsky lo sviluppo della controrivoluzione dai termini stessi della produzione. La legittimazione della controrivoluzione contro l'Ottobre e cioè la Costituzione Stalinista del 1936 stata vista da Trotsky come qualcosa che:

creò le premesse politiche per la nascita di una nuova classe possidente.

Come se le classi nascessero da premesse politiche!

Le macabre purghe del Cremlino provavano a Trotszki soltanto che:

la Società sovietica tende all'espulsione della burocrazia.

In difesa del marxismo, p. 13

Lenin aveva ben visto la sua "mentalità amministrativa" durante il dibattito con i Sindacati, quando Trotsky si propose di "abbattere la direzione sindacale" invece di seguire le energie creative e le aspirazioni dei lavoratori che chiedevano che la loro democrazia fosse loro restituita.

Ancora quando Lenin per la prima volta propose il Piano Unico prima della NEP e quando richiamò l'attenzione su di esso nel suo testamento.

È questa mentalità amministrativa che l'ha fatto prigioniero del Piano e gli ha impedito di vedere che Stalin stava diventando il rappresentante della nuova classe dei dirigenti capitalisti di stato. Al contrario egli attribuiva a Stalin soltanto tendenze burocratiche, ignoranza e mancanza di acume teorico. Mancando una teoria che si addicesse ai nuovi tempi, Trotsky fu costretto a porre solo la questione della direzione. E pretese che tale fenomeno caratterizzasse non solo la situazione in Russia, ma anche quella mondiale. Proprio la prima affermazione della sua risoluzione programmatica per la Quarta Internazionale (1936) dice:

La situazione mondiale nel suo complesso è principalmente caratterizzata da una crisi storica della direzione del proletariato.

Più avanti definisce la crisi del proletariato come crisi della cultura della umanità. Egli conclude perciò che la crisi può essere risolta con la Quarta Internazionale, cioè, da una direzione "corretta".

Questa è stata sempre la debolezza di Trotszki: la direzione; ha valutato Lenin con essa: Perchè i principi di Lenin trovassero la via delle masse dovevano esistere quadri... In questo processo la molla principale...

è il partito, e, nel meccanismo del partito, la direzione.

Eppure questo era proprio quello che non era la molla vitale della filosofia di Lenin. Proprio alla vigilia della rivoluzione egli minacciò di dimettersi dal Comitato Direttivo dei Bolscevichi per "andare dai marinai" - come egli disse - che rappresentavano meglio la volontà rivoluzionaria delle masse che non il suo "partito di avanguardia". Altri poteva pensare che avesse dimenticato il "ruolo dei partito": per Lenin un partito di avanguardia era tale solo se rappresentava la volontà rivoluzionaria delle masse e nell'azione teorica e pratica per lui si sintetizzavano in grandi momenti storici e nella vita sua di tutti i giorni.

Conclusione

Il marxismo è una teoria di liberazione o non è nulla. Mentre Marx anelava alla libertà dell'umanità ed additava l'inevitabile devastazione della vita umana che è legge veramente generale dello sviluppo capitalistico, il comunismo russo riposa sulla forza principale del capitalismo: pagare il lavoratore il meno possibile per cavargli il massimo. Ciò viene gabellato per "Il Piano". Marx chiamava tale fenomeno come legge del valore e del plusvalore, "la fatale formula della schiavitù del salario".

In quanto ancora avviticchiato al "Piano" e nonostante la sua critica al "tempo" di realizzazione, Trotsky era ancora prigioniero del Piano di Stalin. In conseguenza, il socialismo, l'essenza del socialismo, veniva ridotto al Piano Statale. La prova sta nelle parole stesse di Trotsky, nientemeno che nel Manifesto della Quarta Internazionale sulla "Guerra imperialista e la Rivoluzione Proletaria". "Volgere le spalle alla nazionalizzazione dei mezzi di produzione per il fatto che di per se stessa essa non crea il benessere delle masse è equivalente ad affermare che le fondamenta di granito debbono essere fatte saltare per il fatto che bisogna abitare tra muri e con un tetto".

"L'uomo dell'Ottobre" non poteva cadere più a fondo nel pantano delle idee e della metodologia della burocrazia russa che invece di teorie stava presentando una formula amministrativa di costi minimi e di massimo di produzione che è il vero dio di tutti gli oppressori di classe.

Questo è quello che io intendevo quando sottolineavo il fatto che Lenin e Trotsky avevano una diversa preparazione per affrontare i compiti storici nel 1917. Poichè Lenin era pure là, non si è mai chiaramente visto come erano differenti le loro armi ideologiche. Quando Lenin morì tutto quello che Trotsky poteva pensare era la ripetizione del 1917 e le sue analisi di quello che accadeva nel suo tempo erano al massimo analisi giornalistiche, di un brillante giornalista rivoluzionario, pieno di acume critico e di spirito, ma non quelle di un pensatore originale, di un teorico che interpretasse per la sua generazione i compiti che le competevano, senza fulminanti astrazioni.

Queste comprendono la teoria della rivoluzione permanente che per la prima volta nel 1938 nella sua Introduzione alla "Tragedia della Rivoluzione Cinese" di Isaac è indicata come quella che aveva garantito la vittoria nel 1917 e come quella che era stata provata "corretta", per quanto in una situazione di sconfitta, nel 1925-27 in Cina.

Nulla può meglio dimostrare quanto egli fosse lontano dal fatto che egli bandì sempre come un mito la Cina Rossa di Mao.

I marxisti amano dire che le astrazioni aiutano solo il nemico di classe. Questa astrazione, della proprietà nazionalizzata uguale a stato operaio, certamente ha aiutato il nemico - la controrivoluzione stalinista - disorientando un'intera generazione di marxisti, impedendo loro di vedere che la potenza di stato, il piano di stato, i campi statali di lavoro forzato creavano la più grande tirannia in paesi altamente sviluppati dal punto di vista produttivo: creavano il capitalismo di stato.

La logica della storia ha un suo proprio modo di misurare gli uomini.

Raya Dunayeveskaya

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.