Sano, salvo e ricco Milosevic esce di scena - Ma la tragedia dei Balcani continua

Milosevic è uscito di scena. Il modo inatteso con cui si è ritirato dalla vita politica per dedicarsi - come lui stesso ha dichiarato - alla famiglia e al nipotino, lascia supporre che probabilmente anche l'iniziale rifiuto del verdetto elettorale rispondesse più all'esigenza di ottenere garanzie per la sua incolumità fisica e la conservazione delle immense ricchezze accumulate durante gli anni in cui è stato presidente, che ad una precisa volontà di rimanere al suo posto infischiandosi della sconfitta elettorale.

Benché i dimostranti dell'opposizione avessero occupato la sede del parlamento, si è trattato comunque di un passaggio di consegne concordato che è servito ad evitare un ulteriore bagno di sangue.

A sentire le dichiarazioni di Kostunica e dei suoi sostenitori europei, per la Serbia e l'intera area dei Balcani ora si prospetta finalmente un futuro di pace, prosperità e benessere come se la responsabilità del terribile decennio che ha sconvolto questa parte del mondo e ha ridotto in frantumi l'ex Jugoslavia sia da imputare alla follia di Milosevic e non sia stato invece il frutto velenoso dell'aspro conflitto interimperialistico che ha come posta in gioco il controllo di tutte le vie del petrolio ovvero, come più volte abbiamo sottolineato, dei meccanismi di formazione e spartizione della rendita finanziaria su scala planetaria.

L'area dei Balcani, e la Serbia in particolare, costituiscono il crocevia attraverso il quale il petrolio del Caucaso e quello russo potrebbero giungere verso sud, attraversando il Kosovo, nel mar Adriatico e, verso nord, fino nel Mar del Nord, di fatto liberando o riducendo l'Ue dalla dipendenza del petrolio mediorientale.

Si tratta di una prospettiva che qualora dovesse realizzarsi sconvolgerebbe tutti gli attuali equilibri interimperialistici fino a mettere in discussione l'attuale incontrastata supremazia statunitense.

L'inglobamento di questa area nell'Ue con cui già oggi l'interscambio commerciale è per l'80 per cento libero cioè non soggetto ad alcun dazio protettivo, costituirebbe per l'economia europea una testa di ponte importantissima verso la Russia cioè verso uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio che, dato il suo malridotto e obsoleto apparato produttivo, si trova oggi a dipendere completamente dall'andamento del mercato del petrolio controllato dagli Usa.

È evidente, dunque, l'interesse comune dell'Ue, in particolare della sua capofila la Germania, e della Russia a far nascere un mercato del petrolio in dollari alternativo a quello attuale che consentirebbe: alla prima maggiori margini di manovra nell'approvvigionamento energetico e alla seconda di poter rinnovare il proprio apparato produttivo. Ciò le consentirebbe una minore dipendenza dalle importazioni e quindi dalla vendita del petrolio con cui è costretta a finanziarle e il cui prezzo è in gran parte determinato dagli Usa.

La Russia per questa sua debolezza strutturale conta oggi sullo scacchiere internazionale quanto un qualunque paese dell'Opec nonostante l'enorme patrimonio di materie prime, conoscenze scientifiche e tradizioni industriali di cui dispone.

Altresì è evidente anche l'interesse degli Usa ad opporsi a una simile prospettiva che implica quantomeno una limitazione della sua supremazia. Finora su questa divergenza di fondo, su questo profondo contrasto di interessi fra l'Europa e gli Usa è prevalso quello comune a sfasciare la vecchia Federazione Yugoslavia e a indebolire l'orso russo; ma ora che questo obiettivo, grazie anche all'attiva collaborazione di Milosevic, è stato raggiunto è inevitabile che esso emerga apertamente.

Non è quindi per nulla casuale che l'uscita di scena concordata di Milosevic, mentre ha fatto esultare Kostunica e i suoi sostenitori europei, ha fatto storcere il muso al filoamericano Zoran Dijndic uno dei leader del Dos, la coalizione di 18 partiti e raggruppamenti che ha sostenuto Kostunica, e non è piaciuta neppure agli Usa che da una situazione di scontro aperto pensavano di poter trarre lo spunto per un intervento militare, una sorta di guerra umanitaria bis che avrebbe consentito loro di trasformare la Serbia nell'Iraq dei Balcani e mettere così una pietra sopra qualsiasi velleità europea e russa di mutare gli attuali equilibri interimperialistici.

Dati gli interessi in campo, l'ottimismo di Kostunica e degli europei circa il futuro della Serbia è da considerarsi di pura facciata. In realtà la svolta determinata dalla uscita di scena di Milosevic rimette sì in gioco l'Ue che lo scorso anno aveva dovuto ingoiare, facendo buon viso a cattivo gioco, i bombardamenti Nato sulla Serbia e sul Kosovo, ma lascia del tutto immutata la situazione.

D'altra parte, il mancato riconoscimento di Kostunica quale presidente della federazione da parte del leader del Montenegro il filoamericano Milo Djukanovic e il rifiuto opposto dal kosovaro Rasniqi (l'ex portavoce del disciolto esercito di liberazione del Kosovo) a qualsiasi ipotesi di ritorno del Kosovo "sotto il giogo di Belgrado" in risposta alla dichiarazione di Kostunica in cui ha manifestato l'intenzione di riportare " la provincia a maggioranza albanese sotto la nostra sovranità", fanno comprendere chiaramente che il loro protettore d'Oltreoceano a tutto pensa tranne che a un suo ritiro in buon ordine dai Balcani.

Peraltro vi è da considerare che settori consistenti delle borghesie nazionali di questi paesi come anche di quelli caucasici e della stessa borghesia russa e serba hanno tratto e traggano grandi profitti dal sistema di finanziamento in dollari delle loro importazioni per cui è davvero azzardato prospettare un futuro senza conflitti e proiettato verso la pace e il benessere.

Soprattutto se il proletariato non riuscirà ad esprimere una netta separazione dei suoi interessi di classe da quelli delle varie borghesie e a liberarsi di ogni retaggio nazionalista, il crocevia balcanico continuerà a generare conflitti e violenza di ogni sorta. Troppi e troppo corposi sono gli interessi imperialistici per pensare sul serio che basti che esca dalla scena un uomo o anche il diavolo in persona perché finalmente per gli sfruttati e gli oppressi le cose cambino.

GP

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.