Eguaglianza, Sartori e letteratura marxista
Salve a tutti.
sto studiando da un libro di sartori ("elementi di teoria politica") e nel capitolo 4, intitolato "Eguaglianza", sartori afferma:
Nella letteatura marxista l'eguaglianza giuridico-politica è dichiarata "formale", la nozione di forma è intesa come assenza di sostanza, come apparenza e illusione, e quindi la distinzione tra eguaglianze formali e eguaglianze materiali sta per dire che le prime sono fasulle e che soltanto le seconde sono vere, sono reali. Ma l'argomento si fonda su un inaccettabile fraintendimento tecnico del concetto di forma, che è il significato nel quale il termine è correttamente applicabile al dibattito sull'eguaglianza.
Cosa ne pensate?
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Ciao Serdica, così, a
così, a*
Ciao Serdica,
così, a brutto grugno, direi che si tratta di un bel campionario delle solite cazzate che vengono sparate su Marx. Se vuoi cominciare a documentarti su quello che ha detto veramente Marx rispetto alla questione dell'uguaglianza giuridica nella società borghese, dovresti guardarti "Critica la programma di Gotha". In ogni caso, è verissimo che nella società borghese l'uguaglianza è solamente formale, perché, essendo giuridica (e il diritto è l'espressione della divisione/dominio di classe), fa astrazione delle reali condizioni sociali degli individui: il disoccupato, l'operaio ecc. formalmente hanno gli stessi diritti del miliardario, ma a meno di non credere che la luna sia una forma di parmigiano-reggiano, è evidente che il miliardario sia in una condizione incomparabilmente superiore a quella dell'operaio.
Continua... Per quanto
Continua... Per quanto riguarda il concetto di forma, Sartori offre un'ulteriore, miliardesima dimostrazione della dotta asinità e supponenza di cui è intrisa tanta intellettualità. Marx approfondisce in pagine e pagine del primo libro del Capitale (ma non solo) il concetto di forma, sottolineando come nella critica dell'economia politica abbia un ruolo centrale. In sintesi (se ci riesco): il capitalismo si regge sull'estorsione di un sovrappiù non pagato all'operaio (il plusvalore), cioè sullo sfruttamento. Ma in ogni società divisa in classi la classe dominante si regge sullo sfruttamento dei lavoratori (schiavi, servi della gleba, ecc.), solo che nelle formazioni (toh...) sociali precedenti al capitalismo, questo sovrappiù (chiamiamolo così) è immediatakmente e fisicamente visibile (tot giornate di corvées, per es.), mentre nel capitalismo è mascherato da un rapporto formalmente egualitario: il capitalismo compra la forza-lavoro dell'operaio e in cambio lo paga con un salario che corrisponde ai mezzi di sostentamento (intesi in senso lato: anche una pizza o un'automobile, oggi) dell'operaio. Solo che, una volta comprata, questa forza-lavoro rende al capitalista un valore più alto, che al capitalista non è costato niente: ecco lo sfruttamento mascherato da un rapporto FORMALE egualitario (il capitalista compra al suo valore la forza-lavoro).
Non so se sono stato chiaro, ma la questione è complessa.
Ciao Serdica e, se posso darti un consiglio, bisogna diffidare di quegli asini patentati che si chiamano professori,
Smirnov
Grazie Smirnov, sei stato
Grazie Smirnov, sei stato molto chiaro. in realtà, avevo dei forti dubbi su quanto detto da sartori riguardo alla "forma" e all'"uguaglianza", in generale, comunque, riguardo all'intero libro. quindi, ho diffidato!
buona giornata
si puo anche vedere in questo modo
si puo anche vedere in questo modo
formaslmente Sartori è libero di dire tutte le asinerie che vuole, mentre materialemnte è vincolato ( busta paga ) a dire asinerie. O ancora, la sua libertà finisce dove inizia il lavoro salariato.
sartori è un pallone
sartori è un pallone gonfiato è il classico "esperto"creato dai media
Ciao Serdica, buona
buona*
Ciao Serdica,
buona giornata anche a te.
Smirnov
Un altro spunto di
Un altro spunto di riflessione:
credo che Sartori (con altri pennivendoli) giochi "sporco", più o meno consapevolmente, perché vuole portare Marx su un piano che teoricamente non è il suo. Mi spiego: l'uguaglianza politico-giuridica sotto il capitalismo è esplicitamente formale (i cittadini sono "eguali dinanzi alla legge"); i teorici borghesi non lo negano, ma ne rivendicano l'importanza soprattutto in relazione alle "libertà individuali". Sartori pone la questione così: per Marx formale significa illusorio, mentre non è vero (quindi è un cialtrone, e il marxismo è un francescanesimo ortodosso che propugna l'utopia di un egualitarismo sostanziale). L'imbroglio è nell'identificare la critica rivoluzionaria di Marx con una critica riformista. Marx non contesta moralisticamente un deficit di sostanza del diritto borghese, ma contesta il diritto borghese come principio (che riflette la formazione sociale capitalistica): mette in evidenza come eguaglianza formale sia una sciocchezza proprio in quella stessa dimensione, formale appunto (come nella Critica del Programma di Gotha è spiegato a sazietà). Non si può contestare al capitalismo di fingere un'eguaglianza sostanziale che però non c'è, perché il capitalismo non lo promette affatto. Così si trasforma Marx in un grottesco egualitario che sbraita contro "promesse non mantenute".
Ciao Reed, solo per
solo per*
Ciao Reed,
solo per salutarti, perché sono ovviamente d'accordo con te.
Un saluto anche a tutti,
Smirnov
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Ciao Smirnov e ciao a tutti.
Una nota d'appendice: è interessante riflettere sull'assunzione del concetto di "eguaglianza" da parte del movimento operaio; in linea di massima credo che inizialmente facesse parte degli aspetti moralistici del socialismo utopistico, poi trasfusi anche nel riformismo più recente (anche perché è quella la dimensione del riformismo "in buona fede": più eguaglianza, libertà, giustizia, più "sostanza", nel capitalismo. Infame l'uso propagandistico dei "riformisti senza riforme" e della sinistra borghese, ma vabbuò...)
La sopravivvenza del "diritto borghese come principio" nelle fasi inferiori del socialismo (cfr. critica al programma di Gotha e Stato e rivoluzione), quindi dell'eguaglianza formale, che si palesa come diseguaglianza formale/sostanziale in relazione a individui diseguali tra loro, è vista come un aspetto necessario della transizione, che si estinguerà. Chi vede il marxismo come egualitario trova qui una bella risposta: si estingue l'uguaglianza formale, e non subentra l'eguaglianza sostanziale (anche intesa come "non illusoria"), ché non esiste e non può esistere, nemmeno come cosa desiderabile. A questo livello non serve più parlare di eguaglianza/diseguaglianza, ma di fattori che determinano la condizione degli individui, che nel comunismo dovrebbero garantire il pieno sviluppo delle donne e degli uomini (rompendo quindi il senso formale del concetto di eguaglianza)... [continua]
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... [continua] Nelle opposizioni di sinistra allo stalinismo c'è stata spesso una ripresa della dimensione egualitaria (come di quella "libertaria" in accezione propria e non-anarchica). Questo però rientrava nell'idea di "riaggiustare" le cose (quindi andava bene per il trotskismo, ad esempio), un riformismo nella dittatura proletaria, si potrebbe dire. La mia opinione è che i comunisti dovrebbero evitare pasticci, e tenere lontana da sé l'ombra dell'egualitarismo (così come pure evitare l'impiego di termini come "libertario" o "giustizia" e cose simili:
a volte la semplificazione propagandistica li rendeva utili; oggi forse sono disastrosi). Che ne pensate?
E'molto interessante la tua
E'molto interessante la tua riflessione,e sicuramente mi trova molto d'accordo.
L'idea di uguaglianza nella nostra società ha il chiaro contenuto borghese di eguale distribuzione delle ricchezze e delle risorse,non uso collettivo di esse,e la differenza è notevole per i comunisti.
Anche la parolà "libertà" è da prendere con le pinze.
Ciò nonostante penso che nella propaganda quotidiana non sia possibile fare a meno di sottolineare le ingiustizie e le diseguaglianza del capitalismo e indicare come obiettivi la giustizia sociale e l'uguaglianza.
è vero le parole sono
è vero le parole sono ambigue ma non mi sembra esistano alternative
Non è di parole ambigue che
Non è di parole ambigue che parlo, ma di parole scorrette.
Mi accorgo, ogni volta che parlo con giovani compagni oppure con giovani persone non ostili al comunismo, che mi trovo sempre davanti a una montagna di luoghi comuni del tutto infondati, ma che proprio molti comunisti assecondano per essere "semplici" ed "immediati" nella propaganda. Si possono e devono, credo, coniugare i due aspetti, semplicità e correttezza. Esempio: sostituire "tutti gli uomini sono fratelli!" con "proletari di tutti i paesi unitevi!". Oppure "da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni" definisce bene e semplicemente il comunismo, mille volte meglio di "tutti uguali bla bla".
Il problema è ristretto a quando con parole imprecise passano idee errate, che sono più un problema che una facilitazione. Una cosa, insomma, è essere approssimativi, imprecisi, ma comunicativi, un'altra cosa è dire cose che non stanno né in cielo né in terra.
Saluti
il marxismo è un pò come
il marxismo è un pò come una lingua penso.
Oggi molto poco parlata... e forse meno capita..
Il ns problema oggi è come essere comprensibili x chi "nn parla" la ns lingua o l'ha solo orecchiata e magari in modo distorto senza distorcerla troppo.
Orwell aveva visto bene circa l'importanza del significato delle parole.
Cmq nn so se avete sentito che ieri in Gran Bretagna è stata condannata la prima perosna x istigazione all'odio religioso in base alla nuova legge che punisce chiunque in manifestazioni pubbliche inciti all 'odio razziale,religioso,di classe opp. alla DITTATURA DEL PROLETARIATO come riportato esplicitamente nel testo della legge stessa. ( forse sono andato fuori tema, ma la cosa mi ha colpito )
c'è qualche articolo su
c'è qualche articolo su internet? non riesco a trovare niente.
so che esiste un libro della
so che esiste un libro della graphos sulla linguistica al tempo di stalin , non sò pero se è pertinente.per reed i tuoi esempi sono buoni
Restando nell'ottica
Restando nell'ottica presentataci da No Nick è ancora più doveroso usare il linguaggio corretto e spiegarlo, piuttosto che usare un linguaggio scorretto. Le lingue si imparano: se aggiungo una S ad ogni parola, un Italiano può pensare che gioco a parlare in spagnolo, ma uno Spagnolo non capirà granché e l'Italiano non imparerà lo spagnolo (restando in metafora)...
ps
Il libro della Graphos è quello di Laurat ( www.graphosedizioni.it/laurat.htm ), giusto? Non riguarda quello di cui discutiamo, ma complessivamente è interessante.
No Nick, la legge britannica
No Nick, la legge britannica che citi è quella di Febbraio scorso contro l'istigazione al terrorismo?
non ho letto il libro sapevo
non ho letto il libro sapevo solo che parlava di linguistica non per nulla ho detto che non sapevo se era attinente alla discussione
Ciao Raes; infatti ti
Ciao Raes; infatti ti rispondevo, non ti "criticavo". Saluti
si Reed, credo proprio di
si Reed, credo proprio di sì.
Io ho sentito la notizia su Rainews dove dicevano che il tipo era stato condannato sulla base della legge anti-terrorismo approvata nei mesi scorsi in GB, peraltro in forma già più soft rispetto a quanto proposto dagli estensori della stessa. ( il tipo in comizio contro la guerra aveva detto all'incirca che i musulmani hanno il diritto di uccidere americani, così come loro uccidono musulmani ).
Se nn ho capito male, anche in una semplice assemblea pacifica usare certi concetti pùò diventare passibile di provvedimenti. Censura preventiva.
Carino il tuo esempio italo/spagnolo...