Qual'è la posizione di Battaglia Comunista in merito ai fatti dell' 11 settembre?

Ho trovato su Rivoluzione Comunista ( giornale del 17/09/01) un articolo che dice che al netto della perdita di vite umane fra cui molti proletari di varie nazioni l' attentato in sè è comunque da approvare perchè anche la matrice islamista viene considerata funzionale all' attentato secondo R.C. , voi condividete questa posizione?

Forum: 

Assolutamente no, l'attentato alle Torri Gemelle, come tutte le stragi di civili, è stato un atto mostruoso e vigliacco senza se e senza ma. Oltre a ciò, e indipendentemente dal fatto che dietro ci fosse la CIA, Bin Laden o entrambi, il massacro è stato funzionale all'imperialismo americano che ne ha approfittato per attaccare l'Afghanistan prima e l'Irak poi.

Su Bin laden e Al Qaeda vedi leftcom.org

Ciao Aldous,

le posizioni come quelle di R.C. e di altre organizzazioni "comuniste" sono aberranti: è lo stravolgimento del vero antimperialismo, che non può essere che di classe, quindi contro tutti gli imperialismi e aspiranti tali. Anche ammettendo che dietro l'11 settembre non ci sia "l'aiutino" della CIA, si tratta pur sempre di un atto di guerra da parte di una frazione della borghesia petrolifera che si presenta ideologicamente sotto le vesti dell'islamismo versione 632 d.C. L'imperialismo a stelle e strisce bombarda con i cacciabombardieri, quell'altro aspirante imperialista con aerei di linea diventati bombardieri: il risultato è il medesimo, le vittime civili e anche molti proletari. Se non controllassi le mie reazioni, posizioni come quelle di R.C et similia, le manderei semplicemente a... Ripeto, sono semplicemente schifose e sommamente anticomuniste.

Ciao

Smirnov

ammetto che nn conoscevo queste "posizioni" di RivCom...di cui nn sentivo affatto la mancanza !

ragionando alla stessa maniera "partigiana" si potrebbe "approvare" l'invasione americana dell'Iraq xchè in qualche modo abbatte un dittatore x portare la democrazia ( borghese, va da sè)....

cmq mi sembrano il frutto marcio del vecchio pseudo-marxismo di marca stalinista.

saluti

All'epoca anch'io ero rimasto incredulo leggendo le assurde posizioni di RivCom:

la violenza degli sfruttati contro i loro sfruttatori e quella degli oppressi contro i loro oppressori è una violenza giusta, necessaria, umana. È invece orrenda e terrorizzante quella opposta dei padroni contro i lavoratori e quella delle potenze dominanti contro i paesi e i popoli dominati. Di conseguenza il colpo inferto alla superpotenza dai nazionalisti islamici non va condannato, va approvato.

Ecc. ecc. Qui: digilander.libero.it

Hanno perso chiaramente la bussola del classismo.

Cari Compagni, va citata però anche la frase successiva:

Di conseguenza il colpo inferto alla superpotenza dai nazionalisti islamici non va condannato, va approvato. È un colpo inferto a chi tratta il mondo come una sua dipendenza. Il colpo va invece disapprovato e criticato dal punto di vista proletario perché è stato diretto indiscriminatamente sulla gente facendo tabula rasa di lavoratori, locali ed immigrati. Quindi il pensiero, l'emozione, di chi ama l'umanità deve andare ai lavoratori e non commuoversi per chi piange lacrime di coccodrillo.

In sostanza, si vuole dire che è inutile condannare con l'odioso rituale "senza se e senza ma" un atto di odio come l'11 settembre verso uno Stato sanguinario e ultraimperialista come gli USA. Il proletariato non ha alcun bisogno della retorica ufficiale: lo sappiamo bene tutti che si tratta di terrorismo con ideologia religiosa e nazionalista, lontano anni luce dalla causa del proletariato. Continuare a parlare SOLO di questi massimi sistemi rivela la famosa "mentalità libresca" di Mao, quanto di più inefficace possa esserci per un rivoluzionario.

Quello che l'articolo vuole dire (anche se a mio avviso è scritto male) è che un popolo oppresso da uno Stato è legittimato a esercitare violenza su di esso: quindi l'atto terroristico non è, di per se, criticabile, perché non è come un terrorismo ideologico che colpisce in nome di un ideologia o religione. In medio oriente eccidi di uomini, donne e bambini per mano degli USA accadono continuamente, realmente.

Quello che è criticabile e condannabile è l'attentato dal punto di vista proletario, classista, perché mette sullo stesso piano banchieri e semplici proletari americani, uccidendoli tutti in quanto americani. I comunisti criticano l'interclassismo e il nazionalismo dell'attentato, non la sua legittimità contro lo Stato americano.

Dal punto di vista militare, il terrorismo islamico non può essere considerato metodo di lotta dei comunisti perché, come appena vista, si prefigura fin da subito come lotta tra Stati, e non tra classi.

E' una guerra, non una rivoluzione. Ma ciò non significa che i comunisti non debbano comunque comprendere le cause di questa guerra: mai nessun comunista avrà mai credito dalla popolazione se non è in grado di comprendere profondamente i problemi più scottanti del popolo. A niente serviranno manifestini e volantini che incitano alla lotta e all'organizzazione se un proletariato non ha ancora superato la sua fase di "liberazione" dall'oppressore imperialista.

La frase successiva non sposta di un millimetro la questione. Il classismo usato a intermittenza è più pericoloso dell'interclassismo perché non fa altro che intorbidire ulteriormente le acque, invece di fare chiarezza. Oltre a ciò:

1) la strage dell'11 settembre non è stata affatto "un colpo inferto alla superpotenza USA", ma un orrendo massacro di civili (come i tanti compiuti dall'esercito americano) che ha permesso alla borghesia statunitense di rinsaldare l'ideologia nazionalista in casa propria, di far passare la legge fascista ("patriot act") che dà all'FBI poteri eccezionali, e di scatenare due guerre imperialiste con il consenso dell'opinione pubblica

2) i proletari che appartengono ai "popoli oppressi" devono combattere una duplice battaglia: contro la borghesia imperialista che li aggredisce dall'esterno e contro la propria borghesia nazionale, senza farsi mai trascinare da quest'ultima sul terreno fangoso del patriottismo o, peggio, dello scontro religioso o di (in)civiltà. Altrimenti si scade nella "mentalità libresca" di Mao che chiamava i proletari all'alleanza con la propria borghesia nazionale per combattere lo straniero imperialista.

3) Anche dal punto di vista militare, la classe lavoratrice deve portare la lotta sul proprio terreno che è quello di classe, e non quello del popolo contro popolo. Da sempre, in ogni contesto, la strage indiscriminata è un'arma della classe dominante per rafforzare e stabilizzare il proprio potere. E l'11 settembre non fa eccezione.

Ciao Daniele,

solo due cose, anche se rischiano di essere ridondanti rispeto a quanto detto sopra:

nell'11 settembre, come negli attentati di Madrid e altri ancora, NON E' un popolo che lotta contro un altro popolo per eliminare ingiustizie, ma una borghesia criminale (come TUTTE le borghesie) che si ammanta di fanatismo religioso, per massacrare indiscriminatamente al fine di raggiungere i propri interessi che sono OPPOSTI a quelli dei proletari, di OGNI regione, compresi quelli della regione di provenienza della borghesia suddetta.

Ciao,

Smirnov

Noi non parliamo di massimi sistemi, tutt'altro! Semplicemente rifiutiamo di ancorarci ad uno dei tanti schieramenti borghesi e continuiamo a spiegare a chi ci ascolta il perchè di quello che accade contrastando nel nostro piccolo le menzogne ufficiali. Ti dicono che bombardano la Libia per impedire che la Libia stessa venga bombardata da Gheddafi! Sai le risate. Molte volte gruppi che di comunista hanno solo il nome cercano per ignoranza o perchè appositamente retribuiti di confondere la idee a chi ci legge mescolando elementi tipici del nostro parlare a fraeologie eccentriche o di altra natura in un impasto finalizzato ad aggregare sudolamente più gente possibile alle tesi padronali. Queste sono plurime come plurimi sono gli interessi delle fante frazioni borghesi ma hanno sempre il fine di nascondere la realtà, di giustificare il calvario di tanti a profitto di pochi.

Premetto subito un punto fermo: non sono qui a difendere un giornale che non conosco né a sostenere una modalità di lotta di classe fatta di terrorismo, sebbene non mi rifugi certo nell'idealismo di una lotta di classe legale. Semplicemente ritengo che i l'atteggiamento che comunisti dovrebbero assumere di fronte a questo genere di conflitti non è così semplice come la si vuol spesso far passare.

E' indubbiamente vero, dal punto di vista della lotta di classe, che ogni guerra imperialista non è funzionale all'emancipazione del proletariato e alla rivoluzione comunista; né la guerra imperialista né la guerra di resistenza nazionale contro invasori è una guerra comunista. E fin qui tutti d'accordo. Ma i comunisti devono fare i conti, loro malgrado, con gli uomini che esistono oggi, nelle condizioni oggi presenti. E la realtà è che ci sono regimi borghesi che sono diversi da altri dal punto di vista degli effetti sulla popolazione, pur non mutando di un millimetro la questione di classe. Chi di voi sceglierebbe di vivere in Afghanistan invece che negli USA o in Europa? E' utopistico pensare che popolazioni vissute nelle barbarie più incivili imposte da Pascià o Rais possano, d'un colpo, padroneggiare la lotta di classe come lo fanno i proletari europei o americani. E' utopistico almeno quanto lo è pensare che sia la diffusione di un libro a cambiare il mondo.

In medio oriente esistono condizioni di vita che noi nemmeno immaginiamo; dove c'è miseria e ignoranza c'è sempre religione e potere religioso. Per molta gente, là, l'autorità religiosa è l'unica luce di una vita di merda che, superficialmente ma non troppo, gli viene imposta da paesi imperialisti occidentali; vediamo infatti che paesi un po' più emancipati, come quelli del Nord Africa, le lotte assumono un carattere meno religioso e più politico. Il problema che la popolazione sente come imminente io credo che sia l'oppressione di altri Stati, un po' come quello che sentiva la nostra gente nel '44 era l'occupazione nazista.

Io credo che non possa esserci lotta di classe senza che esista la classe del proletariato; e in tempi di guerra imperialista e classe operaia debole, la questione all'ordine del giorno è la sopravvivenza stessa della classe, come esseri umani. Io ritengo che sarebbe stato quantomeno discutibile porre seriamente la questione del potere operaio nelle montagne dell'Emilia e della Toscana nel '44, in paesi flagellati dalle barbarie delle SS e con la classe operaia precedentemente decimata dei suoi elementi migliori dalle controrivoluzioni stalianiane e fasciste. Non è una questione di patriottismo, ma di sopravvivenza: prima si deve eliminare la minaccia di sterminio, poi può sorgere qualsiasi elemento sociale. Ma con la morte non c'è comunismo perché non c'è nemmeno società.

Come il servo deve trasformarsi in salariato per poter aspirare a diventare un rivoluzionario comunista, un popolo arretrato in stato feudale non può che aspirare, nell'immediatezza, alla libertà almeno formale, individuale. Un compagno che si limita a bollare, con disprezzo, come serve dell'imperialismo nazionale tutte quelle lotte di resistenza all'invasore straniero (che siano guerriglia o terrorismo), ha si ragione dal punto di vista dell'analisi marxista, ma io chiederei a lui cosa pretenderebbe, cosa farebbe se fossi al loro posto, lì e ora, isolato da quella putrida pace sociale presente negli altri paesi. Cosa fa, l'operaio in pericolo di vita, quando la sua classe lo lascia solo? Si difende come può, abbandonando la lotta di classe per entrare nella lotta individuale naturale. Se la classe operaia nel mondo sta ferma, il popolo di un paese non può aspettarla; deve agire e l'azione non può che essere di questo tipo perché la rivoluzione in un solo paese è impossibile.

Io penso che la chiave del senso di quell'articolaccio sia nella seguente frase: non commuoversi per chi piange lacrime di coccodrillo. Sappiamo perfettamente che ci hanno rimesso più proletari che altri, nell'11 settembre. Possiamo discutere che, dal punto di vista tattico, è stata una pessima mossa. Ma è impossibile pretendere che un afgano possa piangere perché sono morti dei proletari americani, quando quei proletari hanno sempre brindato e fatto allegri barbecue in giardino alla morte del popolo afgano. Dal loro punto di vista, la solidarietà di classe non può che venire dopo la loro pelle. Sono sicuro che se il proletariato americano si fosse mostrato combattivo e risoluto contro il suo governo, il generico e interclassista odio islamico contro gli americani si sarebbe trasformato in un qualcosa di molto diverso e più mirato. Ma è da sciocchi pretendere la solidarietà di classe verso un popolo che ti insulta e che se ne fotte della pelle di tua moglie e dei tuoi figli. Anzi, che accoglie diffusamente come eroi i loro assassini. I proletari americani devono sbarazzarsi della loro borghesia: solo così possono pretendere la solidarietà di classe e solo così ha senso condannare davvero, senza se e senza ma, atti di quel genere.

E, per finire, solo così è possibile anche distinguere un popolo da una fazione borghese che ci marcia sopra per i propri fini politici.

dal mio punto di vista è sempre + valido cmq l'insegnamento che x noi proletari - dovunque siamo - IL NEMICO E' IN CASA NOSTRA....

il punto nn è certo una critica morale o, peggio, legalitaria a quello che le classi dominanti chiamano di volta in volta "terrorismo" ( quello altrui, sempre...è ovvio!).

x me i mezzi che uno si dà dovrebbero essere in qualche modo coerenti col fine che uno si propone - questo dovrebbe essere il criterio di orientamento nell'azione x dei rivoluzionari.

costruire la solidarietà di classe a livello internazionale è certo difficile - ma gli attentati contro le popolazioni civili sono un gigantesco ostacolo su questa strada... e i comunisti questo devono dirlo forte e chiaro senza fraintendimenti...lo stesso Marx - in un contesto diversissimo dall'attuale - criticò aspramente i feniani irlandesi che nel tentativo di colpire un simbolo del potere britannico fecero X SBAGLIO saltare in aria un edificio popolare col triste corollario di svariati proletari inglesi morti esattamente xchè gesti come questo rendevano molto + problematico stabilire legami di lotta comune contro l'imperialismo britannico ( il quale nn si era certo fatto mancare di carognate contro gli irlandesi...).

nel caso dell'Afganistan poi è evidente la natura borghese della posta in gioco e di chi tira i fili: il fu Bin Landen appartiene alla 2 famiglia più ricca dell'Arabia Saudita...in affari petroliferi con la famiglia Bush sin dagli anni '70...in rapporti ocn la Cia dagli anni '80 che lo ha ricoperto di armi in funzione anti-Urss.

I comunisti dovrebbero denunciare questo a quei proletari,contadini,sottoproletari afgani che vedono nella propaganda di personaggi/organizzazioni simili una fonte di giustizia e riscatto.

p.s. nn vorrei allargare troppo il discorso... e sn già stato lungo assai...però già durante la 2GuerraMondiale il proletariato fu agganciato a rimorchio degli interessi borghesi in gioco proprio - o anche - grazie all'astuta propaganda stalinista che mistificava gli obiettivi della guerra AI NAZISTI con quella AI TEDESCHI tot court....e forse le esperienze + interessanti furono proprio quelle delle c.d. "Repubbliche Partigiane" in Emilia per quanto limitate nel tempo e nello spazio dove alla classe si pose, nei fatti, il problema del potere...

p.s. domani è l'anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle...però è raro trovare qualcuno, anche tra coloro che confondono l'antimperialismo con l'antiamericanismo, che ricordi che l' 11 settembre è ANCHE l'anniversario del colpo di stato fascista di Pinochet in Cile che nel '73 massacrò centinaia di compagni...

Grazie No Nick per il ricordo del colpo di stato cileno.

Guardando la violenza degli americani e quella dell'11 settembre, non riesco proprio a pensare che un impiegato del WTC sia uguale a quest uomo. Saranno anche proletari entrambi, ma... davvero non riesco a immaginarmi questo padre concepire una qualsiasi forma di solidarietà verso il popolo americano. Che non sia un lanciafiamme.

Non è colpa loro e non sono loro i diretti responsabili, ma non piangerò certo per gli eroi dell'11 settembre.

Scusate la ripetizione, volevo solo dare un po' più di senso alle mie affermazioni. Quello che dico altro non è che chiacchera, questa immagine è realtà.

Chiedo scusa, non è venuta l'immagine.

Father_holding_daughter_in_Fallujah.jpg

ciao,

l'immagine è forte, nn c'è che dire come quelle di tutte le vittime civili di una guerra, anche di quelle che non vediamo...

mi pare che parliamo su due livelli differenti e nn so se sia mai possibile capirsi prima o poi... però penso che in tutte le guerre in cui le masse proletarie sono trascinate dalle loro classi dirigenti e di cui pagano il prezzo + alto in prima persona (ovviamente) l'alternativa è tra arruolarsi - ideologicamente prima ancora che organizzativamente - nell' esercito approntato allo scopo dalla propria classe dominante ( anche uno informale come può esserlo al-qaeda, che è la traduzione araba dell'inglese database...cioè quella somma di gruppi ed organizzazioni che la Cia aveva raggruppato ed armato x combattere i sovietici in afganistan negli anni '80) oppure...

scegliere il fronte della guerra di classe, x l'autonomia politica, ideologica ed organizzativa della classe e delle sue avanguardie politiche, anche in caso di "resistenza armata" contro un aggressore...la battaglia dei comunisti dovrebbe essere questa dal mio punto di vista !

nonostante l'innegabile immensa sofferenza di masse enormi di proletari e ocntadini a causa delle guerre imperialiste sei sicuro che al-qaeda&co avrebbero la stessa capacità di reclutamento "ideologico" senza l'imponente struttura finanziaria alle loro spalle??

p.s. secondo il tuo ragionamento la rivoluzione d'ottobre nn ci sarebbe mai stata, suppongo, xchè una volta caduto lo Zar a marzo '17 l'obiettivo dei proletari/contadini russi sarebbe stato quello di continuare a combattere la guerra di liberazione nazionale contro i tedeschi invasori insieme e per conto dei propri nobili e borghesi...

Dimostri di avere le idee molto confuse. Il capitalismo è il sistema economico presente in tutto il mondo. Ovunque sul pianeta le società sono divise tra sfruttatori e sfruttati, tra padroni e sodali e proletari. Dire popolo non vuol dire niente. I proletari dell'Asia o dell'Africa non troverebbero il minimo sollievo ai loro disagi aggregandosi ad una fazione borghese, sia esa momentaneamente bellicista o pacifista. non siamo qui a dare giudizi etici su atteggiamenti emotivi, gonfiare il lato emotivo è un vecchio trucco per nascondere un'analisi razionale della realtà. Il compito dei reali comunisti nel 43 \ 45 non consisteva certo nella linea stalinista, ossia negli omicidi di fascisti e tedeschi, ma nel chiarire come la guerra non fosse frutto di ideologie malate combattute da "comunisti" (l'URSS) e democrazia, ma un inevitabile risultato dell'economia capitalista. Stalin, Roosvelt, Churchill non erano migliori di Hitler, Mussolini, e Tojo. La guerra di Liberazione (liberazione da cosa?) non è stata un passo verso il comunismo o una generica società migliore. Riecheggi le vecchie tesi terzomondiste che di comunista non avevano niente. Adottate poi dal PCI hanno finito fino a pochi anni fa per dare sostanza a partiti vuoti come Rifondazione.

No nick, l'unica fonte della nostra "inconciliabilità" (che io non vedo affatto, sinceramente) è solo il differente punto di vista con cui guardiamo le cose. Tu mi stai parlando di ciò che dovrebbe essere, dell'obiettivo, della giusta via per il proletariato che tra la partecipazione a una o l'altra guerra borghese e la lotta armata per la propria emancipazione, sceglie la seconda. Io penso che nessun comunista degno di questo nome si sognerebbe di sostenere che sia giusto il contrario. Di certo, non sono io a farlo e di certo non sono io a sostenere che la via per il comunismo sia arruolarsi come kamikaze nelle file di al-Qaida o di qualsiasi altro gruppo religioso, "democratico" o borghese qualsiasi.

Ma io parlo di ciò che è, là e adesso, con gli uomini che esistono oggi. Io non sostengo che l'11 settembre sia stato un giorno di vittoria per la lotta di classe proletaria; quello che dico è che con uno sviluppo del capitalismo così ineguale nel mondo, con aree così brutalmente colpite, è ovvio un attacco del genere. E non solo: sebbene non fa nessun passo avanti dal punto di vista dell'emancipazione proletaria, questo genere di lotte sono comunque derivate dalla società divisa in classi, è sempre lotta di classe. Io ritengo che sia troppo semplicistico definire come lotta di classe solo quelle forme di lotte che "costruiscono" il cammino rivoluzionario. Lotta di classe è la lotta della classe oppressa contro i suoi oppressori, anche se questa assume forme e connotati differenti, sfumati, a volta assurdi e contraddittori (come contraddittoria è la stessa classe operaia). La lotta di classe che mira alla costruzione di una società comunista è lotta di classe rivoluzionaria; ma non è l'unica forma di lotta di classe (es. le lotte operaie per migliori condizioni di vita e di lavoro).

Io non so dell'11 settembre quanto di truccato o di genuino ci sia stato. Ma l'odio profondo verso l'imperialismo americano dei popoli soprattutto medio orientali è, in fondo e scremato dall'oppio religioso e nazionalista, odio verso l'oppressione che subiscono. Chiunque di loro sa che non è certo l'operaio di Detroit il responsabile diretto delle guerre imperialiste USA; ma in quelle particolari condizioni, la lotta contro l'oppressore è infettata da veleni come la religione e il nazionalismo, che ne modifica sostanzialmente la forma trasformando la pura lotta di classe (contro i poteri forti americani e di tutto il mondo) in lotta contro il maggiore oppressore (gli Stati Uniti), che naturalmente assume forma di lotta borghese.

Questo è quello che io penso, nel limite di quelle che possono essere le mie conoscenze. Non dico quello che dovrebbe essere perché di propaganda ce n'è già abbastanza e mi ripeterei soltanto.

Sulle lacrime di coccodrillo; a parte per le vittime innocenti, non mi dolgo per qualsiasi colpo inferto a qualsiasi potenza imperialista. Se il responsabile fosse il proletariato festeggerei; in caso contrario rimarrei indifferente.

ciao

@ Daniele

Per i proletari dei paesi che sono vittime dell'imperialismo USA l'11 settembre è stato un disastro da tutti i punti di vista, è questo che dovrebbe capire chi sta dalla parte della lotta di classe.

1) è stato un disastro perché è divenuto il pretesto perfetto (troppo perfetto per non pensare a un coinvolgimento dello stesso regime USA) per qualunque aggressione imperialista futura (lì si nascondono dei terroristi che potrebbero scatenare un nuovo 11 settembre: interveniamo...)

2) è stato un disastro perché le masse diseredate mediorientali hanno visto nell'11 settembre una vittoria mentre è stata la trappola che ha legato ancor più i poveri di quei paesi alla strategia nazionalista e imperialista dei propri diretti padroni, gli sceicchi, i petrolieri, le gerarchie islamiche ammazza-comunisti che nulla hanno da invidiare ai serpenti borghesi di casa nostra

3) hanno spaccato ancor più la solidarietà internazionalista che i comunisti cercano tanto faticosamente di costruire fra i proletari di tutto il mondo, americani o arabi che siano, accrescendo l'odio verso lo "straniero" in America quanto in Oriente.

Non verso lacrime per il soldato mercenario, ma il civile che muore in un attentato cosa c'entra? O nascere in Occidente è già di per sé una colpa per cui è legittimo che un assassino armato da uno sceicco (protetto fino al giorno prima dalla CIA) mi faccia fuori per i suoi interessi che sono agli antipodi rispetto a quelli delle masse diseredate del suo paese?

Perché non dovrei piangere per i pompieri di New York (lavoratori salariati) morti nel tentativo di salvare altre vite, la cui morte è stata per giunta strumentalizzata dai macellai del governo USA per santificare nuovi massacri?

L'internazionalismo proletario va in tutt'altra direzione.

Questa è il mio ultimo intervento su questa questione, perché mi sembra di ripetermi di continuo senza nessun risultato. L'ultima cosa che voglio è diventare pedante e far diventare questa discussione putrescente.

Rispondo a Gek punto per punto, che mi ha perentoriamente ricordato cosa dovrebbe capire e pensare chi sta dalla parte della vera lotta di classe:

1) né gli USA nè qualsiasi altro Stato borghese ha bisogno di pretesti come l'11 settembre per la sua politica. Gli USA in particolare è dalla seconda guerra mondiale che non smettono di intervenire militarmente nel mondo. Mai, un continuo di guerre più o meno "legali". Seguendo il discorso sui pretesti, allora è sbagliata anche la violenza nelle piazze contro la borghesia, poiché da il pretesto allo Stato per intervenire militarmente. Ma è sbagliata anche una lotta meno violenta, perché comunque da il pretesto alle "forze dell'ordine" di agire comunque in maniera violenta e sporca (vedi NO TAV).

2) tutte cose che ho già detto nel messaggio precedente, se lo hai letto. Questo non toglie che non mi dolgo per una potenza imperialista se qualcuno gli infligge un colpo, anche se ciò non significa che "qualsiasi nemico del mio nemico è mio amico".

3) ritengo non così determinante l'11 settembre come ulteriore impatto sul nazionalismo. Gli americani sono sempre stati tendenzialmente nazionalisti (si ritengono prediletti di Dio...), mentre credo che le condizioni terribili in cui vivono i popoli mediorientali non generino poi un vero nazionalismo. In quei posti non c'è un patriottismo esasperato o esaltazione della razza o della società, è quindi improprio parlare di nazionalismo arabo. C'è semmai un forte influsso dell'autorità religiosa che, viste le condizioni, è il minimo che realisticamente ci si può aspettare. E più che senso di vittoria (una vittoria che non appartiene alla popolazione) credo che in quei posti si sia festeggiato un senso di rivincita sciocco e puerile, non dissimile a quello che gli americani hanno mostrato nelle piazze in occasione della morte di bin laden, nella loro immensa volgarità che li contraddistingue sempre. E, per ultimo, ti faccio notare che le forze dei comunisti sono estremamente marginali, sia allo stato attuale sia a maggior ragione 10 anni fa; non credo proprio che l'internazionalismo che va velocemente costituendosi fra i proletari di tutto il mondo sia frutto del faticoso lavoro dei comunisti, anche se non per questo devono cessare il loro lavoro di avanguardia politica del proletariato. E dico questo da comunista presente nelle lotte attuali non per hobby politico, ma per necessità dovuta dalla mia condizione esattamente come qualsiasi altro partecipante.

Piangere per i pompieri di New York? E perché no, se te la senti è una questione tua personale. Di sicuro non è un imperativo categorico come magari può esserlo per i morti della Comune.

Un saluto

La strada che stai intraprendendo porta all'allineamento con le posizioni politiche, che oggi divengono belliche, di una frazione del padronato. Che, essendo magari più piccola o più abile nel promuoversi, finisce per attirare simpatie. Non c'è un padrone meno cattivo, sono tutti decisi a massacrarci per una monetina. Il proletariato USA ha dato nei decenni esempi di lotta di classe e di consapevolezza internazionalista notevolissimi. Basti pensare alla lotta per la giornata lavorativa di 8 ore. E ha dato personalità notevoli come Big Bill, John Reed e Albert Pearson, a cui dobbiamo quel poco che marchionne e soci oggi ci stanno togliendo. Senza il proletariato USA qualsiasi speranza di rivoluzione mondiale è assurda. Il proletariato tende a solidarizzare in maniera istintiva ma ciò non è sufficiente specie considerando la propaganda razzista che i politici dei padroni e le loro televisioni portano avanti.

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