La crisi economica continua... e noi paghiamo!

Volantino diffuso dai compagni di Napoli

In molti, tra politicanti ed economisti, affermano che il peggio della crisi è ormai alle spalle. Questo è quello che dicono loro, andando poi a fare i conti con le condizioni che viviamo ci accorgiamo che la realtà è ben altra cosa. La Fiat e l’Alenia di Pomigliano, i lavoratori del settore rifiuti, tutti i giovani precari, gli operai della Fincantieri di Castellammare, l’Atitech di Capodichino, La Villa Russo di Miano, gli infermieri e i lavoratori ASL, l’ex Alitalia, la Telecom, i precari della scuola e i giovani ricercatori delle università, gli operatori sociali, i disoccupati, i dipendenti Eutelia, ecc. Sono tantissime le vertenze che coinvolgono i lavoratori di Napoli e dintorni: cassaintegrazione, stipendi arretrati, taglio degli organici, aumento dei ritmi di lavoro, perdita del potere d’acquisto, la disoccupazione. Ormai è diventato impossibile trovare una famiglia proletaria - cioè che vive solo di salario e stipendio - che non stia risentendo dei sacrifici imposti dalla crisi. La fatica a tirare avanti, chi più chi meno, la stiamo sentendo tutti noi proletari (operai, semplici impiegati, disoccupati, precari, pensionati) e tanti di noi vedono davanti un futuro fatto solo di precarietà, rinunce, incertezza. Questo vale, in modo particolare, per la nuova generazione di lavoratori per la quale è diventato impossibile programmare qualsiasi cosa: completare gli studi, lasciare la famiglia d’origine, comprare casa, mantenere dei figli…

Sono anni che questo sistema economico, il capitalismo, va avanti affannando, negli ultimi anni stiamo semplicemente vivendo la fase più acuta della crisi. Non c’è paese al mondo o settore economico che non ne sia stato coinvolto. Ed è propria la dimensione della crisi che deve farci comprendere quanto questa sia un qualcosa di strutturale: la conseguenza di un sistema economico basato su leggi barbare e contraddittorie. Questa crisi è l’inevitabile modo d’essere del capitalismo.

Sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici… La crisi economica la stiamo pagando noi classe lavoratrice. I banchieri, gli industriali, i padroni, sono loro che posseggono i mezzi per produrre e distribuire beni e servizi. Così come sono loro, e i politicanti di ogni colore politico, che dettano le regole di funzionamento dell’economia. Questa quindi è la loro crisi! La crisi del loro sistema economico. Una crisi che però stanno facendo pagare a noi lavoratori.

Ma l’aspetto più tragico è che nonostante i nostri sacrifici nulla cambia, la crisi continua…e i padroni chiedo ulteriormente di sacrificarci. Esempio eclatante di tutto questo è la Fiat di Pomigliano, dove i padroni stralciano contratti e accordi da loro stessi voluti solo qualche anno fa per imporre un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro agli operai, condizioni a dir poco disumane.

I padroni, e i servili politicanti, fanno i loro gioco: difendono il loro interesse di classe sfruttatrice, difendono la loro posizione di dominio, salvaguardano i loro profitti.

Noi proletari, classe di sfruttati, dobbiamo fare il nostro di gioco, difendendo i nostri interessi di lavoratori. Basta con i partiti che siedono – o vogliono sedere - in parlamento e nelle altre istituzioni. Rendiamoci conto che le istituzioni, e politicanti, sono uno strumento nelle mani dei padroni.. Andiamo oltre il sindacato, inutile se non - nel peggiore dei casi - apertamente collaborativo con i padroni. Superiamo la logica stessa del sindacato: rifiutiamo la delega, i nostri interessi non possono essere rappresentati da un sindacato, dobbiamo difenderli noi in prima persona. I lavoratori più combattivi creino sui luoghi di lavoro dei comitati di agitazione per stimolare e organizzare i loro compagni, per rompere la cappa della rassegnazione, per stimolare la lotta senza pretendere di rappresentarla. Noi lavoratori, attraverso le assemblee, dobbiamo decidere modalità e obiettivi delle lotte.

Oggi tutto viene deciso dai padroni, oggi sono solo loro i protagonisti della realtà, se non vogliamo rassegnarci, se non vogliamo solo subire, tiriamo fuori il protagonismo di noi lavoratori.

Per anni l’ideologia dominante ci ha voluto far credere che l’alternativa comunista a questa società sia stata rappresentata dalla Russia sovietica, o dalla Cina, Cuba, ecc. ma queste sono state - o sono tuttora - semplicemente forme diverse di capitalismo. Altro che utopia, oggi più che mai c’è bisogno di lottare per il superamento di questa società basata sulla logica del profitto e sullo sfruttamento dei lavoratori.

Questo sistema economico è ormai alla frutta ma l’alternativa può venire fuori solo attraverso l’azione della classe dei lavoratori unita al lavoro politico dei comunisti. Ti invitiamo a visitare il nostro sito e a contattarci, per approfondire le nostre posizioni, chiedere chiarimenti, tenerti informato, collaborare nella nostra attività di lotta politica.

Comments

Quello che mi capita di osservare è che nonostante tutto ciò i proletari non maturano ancora una coscienza di classe tale da farli riflettere fino in fondo sul fatto che non ci sono vie di uscita, i giovani si adeguano pittosto che agguerrirsi. Che futuro per i nostri figli?

Specialmente in questi ultimi trent'anni (cioè dagli anni Ottanta in poi), i proletari hanno subito fortemente il veleno ideologico della classe dominante: è passata l'idea che non c'è alternativa al capitalismo, che in fondo in questa società c'è posto per tutti, basta rimboccarsi le maniche, che la lotta di classe non esiste perché non esistono più le classi, quindi ognuno per sé e dio per tutti... da qui l'abitudine all'INDIVIDUALISMO che incatena ancora oggi la classe lavoratrice.

I proletari hanno perso l'abitudine a organizzarsi, a riunirsi, a lottare insieme... ma alcuni segni di risveglio qua e là ci sono, e ci credo: l'attacco di cui sono oggetto è davvero di portata storica!

E' il momento che anche i compagni facciano un passo avanti nella lotta e nell'impegno. Cosa stiamo aspettando?

Grazie del contributo, Alice!