Il Testo Unico sulla Rappresentanza

L'obiettivo a cui tendere è la prevenzione del conflitto.

Stefano Dolcetta, vice presidente Confindustria

Con il Testo Unico sulla Rappresentanza sindacale firmato il 10 gennaio 2014 da Confindustria-Cgil-Cisl-Uil, si conclude la prima fase di una più vasta riforma, in senso neo-corporativo, delle relazioni tra padronato e sindacati.

Sebbene l'accodo non sia legge, è comunque vincolante per le parti e segna con chiarezza i caratteri che avrà il già preventivato intervento legislativo in materia. Tra le “cose da fare” elencate nel “Jobs Act” pubblicato nel mese di gennaio, al punto VI, parte C, Renzi scrive infatti “Legge sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei CdA delle grandi aziende”.

La Camusso (Cgil) conferma pochi giorni dopo su rassegna.it: “Una legge sulla rappresentanza dovrà avere come ispirazione l’Accordo tra le parti del 31 maggio, e dunque la misurazione della rappresentanza e la centralità della contrattazione”. Prima di svolgere alcune considerazioni generali andiamo a vedere che cosa dice questo accordo.

Il Testo Unico sulla Rappresentanza si fonda, implicitamente, su tre principi (1).

1. Selezione

Solo “le organizzazioni sindacali aderenti alle confederazioni firmatarie il presente Accordo, nonché dell'Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del protocollo 31 maggio 2013” (questa formula è ripetuta come un mantra ben 12 volte in 20 pagine) sono legittimate a contrattare con il padronato, ma a patto che raggiungano il 5% della rappresentanza.

La partecipazione delle confederazioni sindacali minori alla contrattazione nazionale è limitata a quelle “organizzazioni che abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza [cosa praticamente impossibile, anche per i meccanismi con i quali si calcola tale rappresentanza] e che abbiano [...] contribuito alla definizione della piattaforma [unitaria da portare al tavolo della trattativa con il padronato] e hanno fatto parte della delegazione trattante l'ultimo rinnovo del CCNL”. In pratica a Cgil-Cisl-Uil è garantito il privilegio di essere gli unici sindacati abilitati a partecipare alla contrattazione nazionale. Nel caso in cui la triplice non riesca a produrre una piattaforma unitaria, il padronato tratterà in maniera esclusiva con le “organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore peri almeno al 50% +1”.

2. Disciplinamento

Le organizzazioni sindacali che intendano partecipare alla contrattazione nazionale, o candidare propri rappresentanti alle elezioni RSU al fine di partecipare alla contrattazione aziendale, dovranno accettare “espressamente, formalmente ed integralmente i contenuti del presente Accordo, dell'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, e del Protocollo del 31 maggio 2013”, pena l'essere estromesse da qualsiasi ambito di rappresentanza e contrattazione.

Per quanto riguarda le RSU aziendali, i delegati che dovessero farsi eleggere in uno dei “sindacati firmatari l'Accordo” per poi criticarne la linea fino ad uscire dal sindacato stesso, o a esserne espulsi, cesserebbero immediatamente di rimanere in carica in quanto “il cambio di appartenenza sindacale da parte di un componente RSU ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista originaria”. O ci si allinea a quanto stabilito dalle centrali sindacali o... si è fuori.

3. Pace sociale

Oltre a favorire la contrattazione aziendale a discapito di quella nazionale, l'accordo stabilisce che per le Parti è prioritario “definire disposizioni volte a prevenire e a sanzionare eventuali azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processi negoziali”. Una volta approvato dalle parti e votato dai lavoratori (conosciamo le mille vie attraverso le quali il voto operaio viene pilotato “nel buio della cabina elettorale”) il contratto è efficacie ed esigibile; “conseguentemente le parti firmatarie e le rispettive Federazioni si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti”. Ai contratti nazionali è demandata la definizione di clausole e procedure di raffreddamento “al fine di prevenire il conflitto”, di “determinare le conseguenze sanzionatorie per gli eventuali comportamenti attivi od omissivi che impediscano l'esigibilità dei CCNL […] prevedere sanzioni, anche con effetti pecuniari, ovvero che comportino la temporanea sospensione di diritti sindacali di fonte contrattuali e di ogni altra agibilità derivante dalla presente intesa.” Nella pratica viene esorcizzata qualsiasi possibilità di conflitto. Qualora, comunque, si dovessero produrre degli scioperi le “clausole di tregua sindacale e sanzionatorie […] hanno effetto vincolante […] per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori [...] non per i singoli lavoratori.” Il che sta a significare che i sindacati, grandi o piccoli che siano, nelle loro varie articolazioni, sono ulteriormente vincolati a rendere conto del rispetto degli accordi, a non intraprendere nessuna azione che possa turbare il regolare svolgimento dell'attività produttiva (estrazione di plusvalore); d'altra parte gli strumenti sanzionatori per colpire i lavoratori insubordinati abbondano e verranno aumentati in prossimi interventi legislativi.

Considerazioni conclusive

Non ha senso strapparsi i capelli per la “violazione della democrazia sindacale”. Come avviene da quando il capitale è entrato nella fase imperiallista, il sindacato è “l’organo di cui lo Stato borghese, gestore dell’economia capitalistica, si serve per regolare il salario alle condizioni mutevoli dell’accumulazione e alla dinamica del profitto(2). Con l'irreggimentazione della rappresentanza i margini di azione dei micro-sindacati sono prossimi allo zero, il sindacalismo di base manifesta una volta di più la sua strutturale inadeguatezza ai compiti della lotta di classe, dimostrando che la via da battere è un'altra. Se la classe troverà la forza di reagire alla costante compressione delle sue condizioni, questo avverrà indipendentemente dalle strutture sindacali. Il vero problema è e sarà, nelle lotte: quale prospettiva politica avanziamo come alternativa all'imbarbarimento delle relazioni sociali capitaliste?

Lo stato borghese italiano si appresta a ridefinire il quadro normativo all'interno del quale esercita il proprio potere di classe, le fibrillazioni di questi mesi, con la prepotente ascesa di Renzi, segnano un cambio di passo. L'obiettivo è un modello di Stato sempre più autoritario, nel quale il conflitto sia ridotto a zero perché addomesticato nei canali istituzionalmente predisposti (i quali devono essere accettati “espressamente, formalmente ed integralmente”), o perché duramente represso da uno Stato che si pone sempre più in prima linea come difensore degli interessi non solo generali, ma anche immediati della borghesia. Il “Jobs _act_”, la riforma della rappresentanza, della scuola, la legge elettorale, la riforma dello Stato (abolizione del senato) e del titolo V, sono vari segmenti che, nel loro insieme, definiscono un disegno unitario, organico e complessivo: le possibilità che tale progetto autoritario-corporativo vada in porto dipendono, in larga parte, dalle capacità che avranno i più importanti settori borghesi italiani a ricompattarsi intorno a tale spinta riformatrice.

Pare che i borghesi abbiano deciso di giocare d'anticipo, sanno che la situazione sociale diventa sempre più pesante e, nel caso in cui qualche argine dovesse cedere, non vogliono trovarsi impreparati. Il cavallo sul quale molti di loro hanno deciso di scommettere, al momento, si chiama Renzi.

A noi comunisti il compito di dimostrare che dalla crisi si esce in un modo solo: con il socialismo.

Lotus

(1) Per una rassegna dei contenuti del Testo Unico e degli accordi precedenti vedi sul sito: La lunga marcia del Testo Unico sulla Rappresentanza.

(2) L'evoluzione del sindacato, Battaglia comunista n° 6, 1948.

Domenica, February 2, 2014

Comments

Scusate, ma il fatto che il sindacato sia "un organo di cui lo Stato borghese [...] si serve" implica che ce ne è precluso il suo utilizzo strumentale, o anche il semplice contatto, forse? Lo Stato borghese non se ne serviva forse già ai tempi della Terza Internazionale (quando, appunto, "il capitale è entrato nella fase imperialista")?

Non si capisce perché il sindacato (in quanto tale, cioè in quanto strumento) sarebbe oggi "inadeguato ai compiti della lotta di classe". Forse a Fabio Zerbini i padroni hanno letteralmente rotto le ossa perché un minimo di lotta di classe riusciva a farla, non vi pare?

Ciao Sergio. Parto dalla questione di Fabio Zerbini. Al compagno va tutta la mia solidarietà ovviamente, così come ai compagni vittime della repressione dello Stato borghese; inoltre al PCinternazionalista credo che certamente non può essere imputato di tirarsi indietro quando si tratta di esprimere solidarietà...

Credo che anche tu, per quello che possa fare, esrpimerai/esprimeresti solidarietà ai comagni che subiscono repressione ma con questo non credo che tu valuti politicamente le posizioni e l'operato di questi compagni a partire dal fatto che abbinao subito repressione no? Sarebbe un metodo di valutazione estremamemente superficiale non trovi? Sai quanti riformisti (non mio sto riferendo in questo caso a fabio Zerbini) siano stati nella sotria del capitalismo repressi dallo Stato borghese? Il metro per la valutazione ovviamente è un altro...

Detto questo, la posizione del PCinternazionalista distingue "strumento sindacato" da "ambito" del sindacato, non crediamo nell'uso del sindacato come strumento (come "cinghia di trasmissione") besì non abbiamo nessuna remora ad intervenire negli ambiti promossi dal sindacato e da questi più o meno controllati quali assemblee sui posti di lavoro, o territoriali, manifestazioni, scioperi indetti daisindacati. Ci interessano tutte le situazioni dove possiamo portare posizioni politiche rivoluzionarie, crediamo che per sua "natura" lo "strumento" sindacato non è conquistabile su tali posizioni e, in generale, non possa essere adoperato per trasmettere tali posizioni. Crediamo nell'intervento attraverso stumenti politici: i nostri militanti, le nostre sezioni e - quando c'è la possibilità - attraverso strumenti politici di partito formati da lavoratori internazionalisti e relativi simpatizzanti (i gruppi internazionalisti di fabbirca e territorio).

Siamo contro i miti, quindi non prendiamo le posizini della "terza internazionale" a modo di mito. Invece vedo che molti compagni, di altre organizzazioni, hanno un attacamento quasi feticisitico... al sindacato...

Ma ricordo che già avevi posto questi quesiti, e che già ti avevamo risposto no? Ad ogni modo, per aprofondimenti, qualche vecchio articolo e qualche articolo più recente:

leftcom.org

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Nessuno vuole far diventare rivoluzionario il sindacato, perché è impossibile strutturalmente. Ma non è assolutamente vero che il sindacato non possa essere utilizzato per trasmettere posizioni rivoluzionarie. Prova di ciò è data dal fatto che all'interno del sindacato sono presenti singoli compagni rivoluzionari che grazie alla loro presenza lì dentro possono veicolare parole d'ordine rivoluzionarie e perfino conquistare e reclutare singoli compagni a posizioni rivoluzionare. Mi sembra difficile smentire la realtà.

Mischiare le carte in tavola non cambia la sostanza: una cosa è il ruolo strutturale del sindacato nell'imperialismo, un'altra è la possibilità dei compagni di intervenire là dove è presente la classe.

Il sindacato non solo non è rivoluzionario, ma come struttura non è, nè sarà mai - l'involuzione politica del Si Cobas degli ultimi mesi è l'ennesima dimostrazione - capace di veicolare posizione politiche rivoluzionarie, proprio perchè non può essere rivoluzionario. Negli ultimi 100 anni c'è stato un sindacato che ha veicolato parole d'ordine rivoluzionarie? No. fine del discorso.

I compagni invece intervengono dov'è la classe conquinstando i lavoratori, anche alla base dei sindacati (assemblee territoriali, sui luoghi di lavoro etc.) attraverso la ferrea denuncia del ruolo filo borghese svolto dall'istituzione sindacale stessa, la necessità che gli elementi più coscienti si uniscano nel partito, il fatto che, laddove partono le lotte, queste devono essere autogestite dai lavoratori stessi e non delegate al burocrate micro o macro di turno.

Questo è ciò che dimostra lo svolgersi del conflitto di classe negli ultimi 70 anni, fuori da questo c'è solo un opportunismo più o meno mascherato. In ogni caso, essendo tu un membro dirigente del PCL, se vuoi avviare un confronto ufficiale tra le due organizzazioni sul tema vi invito ad inviare al nostro indirizzo centrale una critica puntuale alle nostre tesi sul sindacato, visto che per mezzo di uno strumento come questo forum, ovviamente, non è possibile sviscerare appieno il discorso.

ciao

A mischiare le carte in tavola non sono io. Il ruolo strutturale del sindacato nell'imperialismo era perfettamente chiaro già a Lenin. Ok? Non mi pare che il suddetto abbia mai proposto ai comunisti di evitare di stare dentro i sindacati.

Non ho mai scritto che il sindacato veicola parole d'ordine rivoluzionarie. Ho detto che a veicolarle sono i singoli compagni rivoluzionari all'interno dei sindacati (all'interno, non quindi tramite assembee esterne o limitrofe o fuori dal cancello della fabbrica, ma dentro). Intervenire dove è presente la classe. Bene. La classe è presente in centinaia di migliaia di iscritti nella FIOM, tanto per fare un esempio. Come fai ad "intervenire là dove è presente la classe" se non sei iscritto alla FIOM? Come fai ad "intervenire là dove è presente la classe" se con un'assemblea autoconvocata riesci se ti va bene a raggranellare un centinaio di lavoratori? Fammi sapere.

1) il sindacato è lo strumento del controllo della variabile forza lavoro per il capitale. Fa proprie le istanze borghesi per farle accettare ai lavoratori (vedi elenco interminabile di anno in anno contratti e accordi peggiorativi per produttività, flessibilità, pace sociale, contenimento salariale).

2) se la classe vuole difendere i propri interessi deve andare oltre e conto gli argini che il sindacato erige al fine di contenere la conflittualità di classe nelle compatibilità del capitale.

Quindi, giusto, queste cose vanno dette ovunque, dentro e fuori il sindacato, perchè questo è il solo mezzo per elevare la coscienza di classe su di un piano politico, oltre il tradeunionismo, a maggior ragione queste cose - con lo sfondo sempre presente della necessità dell'anticapitalismo comunista - devono essere dette nei momenti di conflitto.

Ma i nostri compagni che hanno preso la tessera sono stati sistematicamente fatti fuori dal sindacato.

da tutto questo derivano due assunti:

1) il sindacato è irrecuperabile nella funzione di "cinghia di trasmissione" ipotizzata da lenin e mai realizzatasi.

2) il problema dell'agitazione comunista non può scendere a compromessi sui principi, permanere nel sindacato senza esserne buttati fuori significa, inevitabilmente, proprio tale mercanteggiamento di principi.

In conclusione il PCL: a) illude e si illude su un possibile recupero dei sindacati sul modello di lenin come se i sindacati, in un secolo di imperialismo, fossero gli stessi di quelli degli anni '10 o precedendi; b) il PCL, per rimanere nel sindacato a fare la propria propaganda non denuncia il sindacato in quanto strumento del capitale ma si limita a parlare di vertici degenerati, senza comprendere che tale degenerazione è dovuta non a un fattore soggettivo ma strutturale; c) i compagni del PCL avrebbero preso la tessera del sindacato fascista o dei sindacati gialli del dopoguerra proprio perchè là era presente il proletariato confondendo totalmente il piano sociologico della presenza dei lavoratori con il carattere di classe (borghese) dell'istituzione.

Mi rendo conto che fai fatica a digerire questa impostazione, ma questo dimostra solamente un approccio a-dialettico e a-materialista ai problemi della rivoluzione. L'idealismo del PCL si esprime nel continuare a ripetere a memoria gli schemini che - forse - erano legittimi decenni fa (in parte la tattica leninista, per nulla il programma di transizione), ma non si sforza di aggiornare tali schemi alla luce di un secolo e passa di evoluzione del sindacato. Il marxismo non è una sacra scrittura da applicare a memoria ma un metodo di analisi alla luce del quale le indicazioni tattiche e strategiche devono essere costantemente verificate.

In ogni caso, vista la chiarezza della differenza delle posizioni mi sembra che tale confronto, nel caso ti interessi, debba trovare altri luoghi per essere portato avanti.

ciao.

Che il sindacato sia lo strumento del controllo della variabile forza lavoro per il capitale (cosa che non scoprite voi oggi o nel 1952, ma era chiara da tempo) non esclude il fatto che ancora oggi il sindacato sia al contempo lo strumento al quale si rivolgono in massa i lavoratori. Ripeto: FIOM trecentomila iscritti. Ci siamo? Questo vuol dire che la liberazione del proletariato avverrà tramite la FIOM? No. Nessuno lo ha mai detto. Ma come diavolo si fa, invece, a sostenere che il sindacato non sia mai stato terreno di propaganda e raggruppamento d'avanguardia (cinghia di trasmissione)? Avete una vaga idea di cosa avvenisse nei sindacati in Brasile alla fine degli anni '70? O nella Francia degli anni '60? E non mi spingo più indietro negli anni.

I vostri compagni che hanno preso la tessera sono stati sistematicamente fatti fuori? Guarda un po', anche i nostri. E quelli che non sono stati fatti fuori, rischiano costantemente di esserlo.

Dire che il sindacato è uno strumento del capitale (cosa vera) e poi fermarsi a questa considerazione analitica, rifiutandosi di vedere l'altra faccia della medaglia, cioè che il sindacato non è stato ancora ripudiato in massa dai lavoratori, anzi, vuol dire precisamente avere un approccio a-dialettico e a-materialista ai problemi della rivoluzione (oltre che profondamente anti-leninisti, ma questo voi lo rivendicate orgogliosamente, per cui non c'è problema).

Mi spiace, caro lotusflower, ma noi "il problema dell'agitazione comunista" ce lo poniamo (anche) dentro le assemblee sindacali, ben sapendo che quello non è il terreno di scontro ideale per i comunisti, ma sapendo anche che il terreno di scontro non spetta a noi deciderlo. Anzi, mi viene da chiederti: ma quale agitazione potete fare se rimanete fuori dal sindacato? I volantini davanti ai luoghi di lavoro? Ma quella è propaganda, non è agitazione! C'è una bella differenza. Aspetto ancora che tu risponda a queste domande: come fai ad "intervenire là dove è presente la classe" se non sei iscritto alla FIOM? Come fai ad "intervenire là dove è presente la classe" se con un'assemblea autoconvocata riesci se ti va bene a raggranellare un centinaio di lavoratori?

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.