Tempo al tempo... e il capitale sprofonda nella crisi

Il capitalismo trema: i dati riguardanti la produzione industriale nel mondo sono allarmanti; per il capitale italico si teme il peggio. Gli “esperti” (da Visco – Banca d’Italia – al Sole-24ore) considerano già una sciagura il -0,2% del Pil, con l’Istat che certifica (2019) una discesa della produzione dell’1,3% in media rispetto al 2018. Su base trimestrale saremmo al –1,4% (per il capitale sono numeri terrificanti!) e con la Germania addirittura al –1,9%! Il leghista Bagnai (presidente della commissione Finanze del Senato) si lamenta della “subalternità italiana all’austerità tedesca” e incensa di lodi il primo governo Conte-Salvini, che avrebbe fatto crescere – su base trimestrale – di un punto percentuale in più la produzione italiana rispetto a quella tedesca! E c’è chi applaude a questi pensieri (?) definendoli parte di un “dibattito approfondito”, che dovrebbe portare alla luce – “con un lavoro intenso di scavo e senza inutili forzature ideologiche” - le contraddizioni di regole che, però, nessuno sa come cambiare!

Le affermazioni di Bagnai sono commentate da un G. Polillo che fonda il suo momentaneo credo “scientifico” sui suggerimenti soggettivi di Keynes. Ed anche Bagnai ripete i ritornelli del baronetto inglese per… “amor di patria”, abbindolando i “cittadini” con lo scaricare le colpe su un “modello mercantilista” colpevole di non stimolare la domanda interna (ma come potrebbe farlo?). Parla di “follia ideologica” e invita il “popolo” ad appoggiare la propria consorteria politica e le sue ipocrite fantasticherie, pronta a sostituirsi alle altre congreghe economico-politiche, oggi al governo, per “combattere i tagli al bilancio e il terrore fiscale” di cui soffrirebbe l’italica borghesia, rendendola troppo “pessimista”! Bisogna stimolare i consumi interni – urla il nostro – “offrendo (al capitalismo!) un supporto durante i cicli negativi”, al fine di “arginare questo disastro economico”… Siamo al copione di uno spettacolo di ideologiche oscenità che offuscano quotidianamente il cervello del “popolo” (compresi, purtroppo, non pochi proletari)…. Ma ci conforta il fatto che siamo giunti ad una serie di repliche dove cominciano a scarseggiare gli applausi mentre il sipario si sta abbassando. Tempo al tempo: i nodi vengono tutti al pettine. L’importante – per noi – è restare saldamente attaccati a ciò che in un secolo e mezzo ci ha sostenuti nel fronteggiare i più violenti attacchi del capitale, dando vigore attivo ad una organizzazione politica per il comunismo.

Fra gli “scienziati” al capezzale del capitale in difficoltà, c’è chi parla – continuando a menar il can per l’aia - di “modificare le regole del QE” e distribuire denaro agli Stati che più ne hanno bisogno per il crescente aumento delle spese (pubbliche e, perché no?, private). Senza dimenticare – obtorto collo – che esse sono pur sempre dipendenti da altrettanti “ricavi” nel perverso gioco delle “entrate-uscite”, e sapendo bene chi dovrà far quadrare i loro conti.

Il capitale deve “generare” valore (producendo merci) e il denaro misura tale valore per lo scambio delle merci. Come semplice sistema monetario, cioè semplice mezzo di pagamento, il denaro girerebbe a vuoto: ha bisogno – questione di vita o morte – dello sfruttamento del lavoro in uno specifico modo di produzione. E’ l’ABC di una vera critica della economia politica. Marx nei suoi Grundrisse si chiedeva:

E’ possibile rivoluzionare i rapporti di produzione esistenti e i rapporti di distribuzione ad essi corrispondenti mediante una trasformazione dello strumento di circolazione (il denaro)?

La risposta è negativa, altrimenti si dovrebbe presupporre un completo travisamento della realtà del capitalismo, ignorando gli attuali rapporti di produzione, con il capitale che obbliga lo sfruttamento del lavoro umano per far sì che il denaro produca denaro. Per questo gli occorre una attività produttiva di merci, concreti valori di mercato, basata sul vincolo dei rapporti sociali di sfruttamento del vivo lavoro salariato. Altrimenti il denaro non ha alcun valore, sarebbe una illusione cartacea.

Ed eccoci alla “politica fiscale espansiva” – per alcuni – , che dovrebbe “rilanciare l’occupazione e i salari” ridando vitalità, e prosperità, alla società capitalista. Sarebbe la liberazione da una “politica monetaria usata come una camicia di forza”… Questi “sostegni” si baserebbero comunque su una maggiore produzione di merci e un aumento dei loro acquisti, affinché il capitale possa intascare il “giusto” profitto, e si “produca” quel plusvalore che possa puntellare un welfare ormai a pezzi. Siamo travolti dalle fantasticherie di chi – all’ombra di una società incamminatasi verso una barbarie senza fine – apre fumerie d’oppio per… “restituire dignità ai lavoratori” attraverso “una crescita inclusiva e favorevole (l’ipocrisia dilaga!) alle classi subalterne”…

Dunque, ci vorrebbe un altro aumento (…consistente) alla “spesa pubblica” per accodarsi ai bisogni di un capitale che non sa più che fare se non infierire sulle masse proletarie del mondo intero. Qualcuno poi spaccia per toccasana la “sovranità nazionale”, finendo col chiedere al capitale di “non mettere in ginocchio” lo Stato borghese quando questo indossa la maschera “sociale”!

Sono questi i risultati delle intellettualistiche masturbazioni della cosiddetta “sinistra progressista”: con l’illusione di qualche fantasiosa ipotesi di “soluzioni radicali” che possa sfociare in una transizione (con un pacifico e amoroso accordo democratico fra i “cittadini”) verso un paese capace di superare i “criteri del mercato”. Quali siano questi “criteri” da sovrastare e quali siano le “proposte concrete da avanzare”, nessuno lo dice (e lo sa), fermo restando – per loro – che il capitale non si tocca. Certo, appare evidente che il “modello economico capitalista” si basa su una esagerata produzione di merci e crescita dei consumi (ma tutti invocano la prima!): d’altra parte come “finanziare” il welfare? Senza lavoro salariato per miliardi di uomini e donne il capitale offre fame, miseria e morte! Sia chiaro: se non si “produce ricchezza”, come far circolare denaro per un mitico “welfare universale”?! Ebbene, questi signori vorrebbero una “sovversione della logica di mercato” con una “redistribuzione” - … equa - della ricchezza prodotta dal pluslavoro dei proletari… E si ritorna ad accarezzare l’idea di una programmazione statale (almeno per gli investimenti nei settori strategici e nelle nuove tecnologie…) che dovrebbe compensare le perdite di occupazione nell’industria, perfino assumendo – a parole - milioni (?) di laureati nella sanità, cultura, istruzione, cura degli anziani, etc.

A questo punto, sappiamo quanto siano ignorate e “democraticamente” censurate le nostre obiezioni e critiche; anzi, sono etichettate come “pericolose”… Nessuna meraviglia: la loro “etica” non può accettarle. In conclusione, come diceva Trotski, noi siamo dei materialisti e non dei fatalisti; ricordiamo il brano di un discorso di Marx nell’aprile del 1856 (IV° anniversario del People’s Paper, foglio dei cartisti:

Ogni cosa oggi sembra portare in sé la sua contraddizione. Macchine, dotate del meraviglioso potere di ridurre e potenziare il lavoro umano fanno morire l’uomo e lo ammazzano di lavoro. Un misterioso e fatale incantesimo trasforma le nuove sorgenti della ricchezza in fonti di miseria. Le conquiste della tecnica sembrano ottenute a prezzo della loro stessa natura. Sembra che l’uomo nella misura in cui assoggetta la natura si assoggetti ad altri uomini o alla propria abiezione. Perfino la pura luce della scienza sembra poter risplendere solo sullo sfondo tenebroso dell’ignoranza. Tutte le nostre scoperte e i nostri progressi sembrano infondere una vita spirituale alle forze materiali e al tempo stesso istupidire la vita umana, riducendola a una forza materiale. Questo antagonismo fra l’industria moderna e la scienza da un lato e la miseria moderna e lo sfacelo dall’altro; questo antagonismo fra le forze produttive e i rapporti sociali della nostra epoca è un fatto tangibile, macroscopico e incontrovertibile. Qualcuno può deplorarlo; altri possono desiderare di disfarsi delle tecniche moderne per sbarazzarsi dei conflitti moderni o possono pensare che un così grande progresso nell’industria esiga di essere integrato da un regresso altrettanto grande della politica. Da parte nostra non disconosciamo lo spirito malizioso che si manifesta in tutte queste contraddizioni… Nei segni che confondono la borghesia e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione…. La storia è il giudice e il proletariato il suo esecutore.

La ruota della storia gira, sia pure lentamente ma inesorabilmente: facciamo il possibile per darle qualche spinta in avanti.

DC
Martedì, March 3, 2020

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.