Movimenti finanziari prossimi al tilt

Debiti mondiali alle stelle

Fra il 2007 e il 2016 il debito pubblico mondiale è aumentato raggiungendo la cifra di 23 trilioni di dollari (un trilione di dollari = 1000 miliardi) di cui 8 trilioni acquistati come Titoli di Stato dalle quattro maggiori Banche Centrali (Fed, Bce, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra).

Nel bel mondo finanziario, per ora, la valorizzazione degli “asset” figura in crescita: azioni, obbligazioni e depositi bancari sembrano viaggiare col vento in poppa, per un totale globale di 165mila mld di dollari e incrementi annui del 5-6%. Gli “esperti” azzardano una previsione per il 2021: 223mila mld di dollari… Valori naturalmente sempre più fittizi. E l’espansione monetaria delle Banche Centrali continua: i bilanci si fanno vertiginosi fino a superare i 24 trilioni di dollari secondo la Banca dei regolamenti internazionali (giugno 2017).

Un oceano di liquidità sta soffocando i continenti

Inondare i mercati finanziari di liquidità, a suon di miliardi di dollari e di euro, affinché le Banche possano salvaguardare i propri interessi, è diventata l’ultima spiaggia per i tentativi di rianimare il sofferente corpo del capitalismo. Ma il tutto ha solo favorito (né potrebbe essere altrimenti) l’abissale approfondimento del divario fra pochi milioni di ricchi e i miliardi di poveri che si aggirano su un pianeta a sua volta sempre più ambientalmente mal ridotto.

Negli scenari in cui si agitano le valute principali, va segnalato che a metà agosto l’euro valeva 1,18 dollari, cominciando a mostrare alcuni riflessi negativi nel mercato europeo (esportazione) delle merci. Altri poi si lamentano per una scarsa inflazione che non si decide a risalire mentre la politica monetaria continua la sua espansione aumentano di volume le bolle speculative in agguato e pronte ad esplodere da un momento all’altro. Si teme quindi un cambio dell’euro ad oltre dollari 1,20, il che aggraverebbe i problemi visto anche come vanno le cose negli Usa che arrancano – nonostante il pifferaio Trump – e guardano a un futuro per lo meno grigiastro.

Riguardo alle manovre europee della Bce, essa ha effettuato qualche aumento della liquidità fino al 2012 e poi ha ridotto le “uscite” per riprenderle solo nel marzo 2015 con il Qe (acquisto titoli di Stato per 60 mld di euro al mese). A luglio di quest’anno si segnalavano alla Bce “detenzioni” pari al 41,8% del Pil dell’Eurozona e con attivi di 4.900 mld di dollari. Un altro mare di liquidità che, nonostante il basso costo del denaro (addirittura tassi negativi dello 0,4% annuo sui depositi bancari) rifugge da investimenti che non garantiscono adeguati profitti…

Così l’Europa, qualche anno dopo gli Usa e dopo la crisi che ha colpito la Grecia mettendo in pericolo tutto il sistema, avrebbe (ufficialmente…) allentato l’austerity imposta dal capitale tedesco e dalla Bundesbank. Non si dimentichi in proposito l’ipocrisia finanziaria di una Germania che aveva in precedenza fatto i propri esclusivi interessi inglobando nel suo mercato nazionale la parte orientale del Paese e convertito, alla pari con il marco, la moneta cosiddetta “comunista”. Non solo, ma più recentemente – è la legge del più forte! – ha immesso ben 465 miliardi di euro (capitale pubblico…) nel sistema delle sue Landesbank, bloccando ogni medesima “iniziativa” da parte di altri paesi.

Grazie a una consistente parte degli attivi provenienti dal commercio estero, la Bundesbank ha accumulato grossi asset (e crediti che ha verso Banche dell’Eurosistema) e continua ad immettere liquidità comprando Titoli di Stato tedeschi, anche se gli interessi sono bassi e le perdite non sono da poco. Sarebbero più di 400 mld di euro i Titoli di Stato in suo possesso (quasi il 20% del Pil nazionale di 2.086 mld di euro).

Sofferenze del Bel Paese

Fra gli italici confini, l’Istat ha registrato un tasso di disoccupazione (ufficiale) dell’11,3% per il mese di maggio, con quella giovanile (15 / 24 anni) al 37%, mentre nell’Eurozona la disoccupazione sarebbe al 9,3%. Passato il periodo estivo, con qualche dato stagionale, a base di lavori del tutto temporanei, in debole rialzo (a giugno la disoccupazione giovanile sarebbe calata al 35,4%), le prospettive a medio e lungo periodo sono allarmanti. Si sgretolano, strada facendo, le illusorie “garanzie” di una tanto attesa “ripresa” che per altro semina miseria e povertà ad un polo e ricchezza all’altro. Tutti reclamano maggiore produttività, soprattutto tecnologica, senza però trascurare una esasperazione quasi bestiale dello sfruttamento fisico e mentale degli operai assunti, precariamente per la maggior parte… E si rimpiange anche il bel tempo delle svalutazioni monetarie, che davano spazio a incrementi di competitivita nei prezzi di vendita delle merci prodotte, in Italia particolarmente.

307mila famiglie italiane (1,2% del totale) possiedono il 20,9% della ricchezza finanziaria del Paese. (Rapporto Global Wealth 2017: Transforming the Client Experience). Se tutto andrà bene (per lor signori…), le famiglie “privilegiate” nel 2021 saranno – previsioni – 433mila (l’1,6 del totale) con nelle loro mani una ricchezza pari al 23,9% del totale. Il 10% più ricco della popolazione si appropriava, nel 2015, il 15,1% del reddito mentre il 20% più povero “godeva” soltanto il 4,6%.

Intanto, a giugno il debito pubblico si attestava a 2.281,415 mld di euro, 2,2 mld più di maggio. Un debito aumentato di 63,505 mld rispetto a fine 2016. Da più di 70 trimestri (18 anni e mezzo) il pil nazionale è inferiore agli aumenti di quelli, già scarsi, dell’area europea, sommando in totale una perdita del 18,2% rispetto agli altri paesi.

Ancora uno sguardo al nostro Bel Paese, dove le Banche hanno finanziato i “fabbisogni” di imprese (non solo piccole e medie, e non solo industriali!) con pacchi di denaro a credito dimostratosi poi “non recuperabile” poiché la “crescita” è rimasta un miraggio evanescente e/o i “clienti” si sono dimostrati gangster di pura razza. Qualcuno persino in combutta con gli stessi banchieri. Quindi alla fine si è passati al “salvataggio” delle cosiddette Banche popolari, e ancora oggi le sofferenze bancarie sono ad alta quota (si va dai 77 ai 200 mld, secondo le fonti). Con un debito pubblico che supera i 2.200 mld di euro (al 32% in mano a “stranieri”) e con la benevola politica di Draghi ormai prossima a concludersi con la fine del mandato Bce e quindi con la fine degli acquisti di Titoli di Stato, il minimo da aspettarsi sarà quello di un ritorno delle speculazioni in grande stile. E un balzo all’insù degli interessi sul debito (nel 2016 a 66,13 milioni di euro). Altre abbondanti dosi di lacrime e sangue si prospettano mentre i salari dei lavoratori (fortunati loro!) hanno perso, in poco più di una decina d’anni, 5.000 euro di potere d’acquisto. Compresa anche la mancata, e famosa promessa di restituzione dell’ormai dimenticato fiscal drag! Se ne parlava, persino da fonti governative, fino a poco tempo fa e poi silenzio…

I progetti di un “taglio secco del debito” sono – al momento – tendenti ad un ripensamento degli “esperti” attorno ai prospetti della Banca Rothschild: vendita di una parte degli immobili pubblici incassando almeno una cinquantina di miliardi di euro… Sperando vi siano acquirenti.

Dall’industria auto

Per quanto riguarda uno dei pilastri portanti per una eventuale quanto effimera ripresina mondiale, ovvero l’industria automobilistica, circolano notizie sempre più allarmanti riguardo a prevedibili diminuzioni dell’impiego di manodopera. Fanno passi in avanti i progetti e le prime realizzazioni di auto alimentate non più con motori a combustione interna: la Volvo si annuncia pronta a farlo dal 2019. Si parla di motori ibridi, a trazione mista o esclusivamente a trazione elettrica. Basta benzina o gasolio. La Cina, entro il 2025 vorrebbe produrre e vendere un milione di vetture elettriche che affolleranno i mercati dopo un corrispondente e notevole calo di forza-lavoro impiegata nelle fabbriche. Pronte, per altro, ad accogliere eserciti di ubbidienti robot…

Intanto, e pur di vendere (auto, in questo caso), giunge notizia (Italia-Oggi) che la Ford Motor Credit americana ha approvato dal 2015 il ritorno alla approvazione di prestiti anche senza la necessaria affidabilità creditizia dei clienti. Ritornano i prestiti subprime, al di sotto dei tassi di interesse del mercato, e così si “vendono” più auto. Ma ecco che ciò nonostante quest’anno la Ford Credit vede aumentare le sue perdite e ha dovuto cancellare 82 milioni di dollari in prestiti concessi ai “consumatori” americani.

Meno lavoro

Qualche “professionista politico” finge di interessarsi ancora ad una astratta centralità del lavoro (rigorosamente al servizio del capitale!) mentre assiste al suo disgregarsi sotto i colpi di quello che sarebbe lo “sviluppo” dell’attuale modo di produzione. Con sempre meno lavoratori “salariati” nell’industria, diminuiscono anche gli acquirenti solvibili di merci. Così la sinistra, nazionale ed europea, si frantuma inseguendo il fumo di progetti fantasma, cercando di annacquare con pozzanghere di fantomatici “sbocchi politici” una vicina (e temuta) crescita di conflitti sociali nell’approfondirsi del baratro tra ricchi e poveri. E poi c’è chi pensa che in fondo la colpa sia delle sbagliate “teorizzazioni dei classici del marxismo”!

Dunque, la talpa prosegue nei suoi scavi. A noi seguirla, purtroppo ancora a una certa distanza, ma cercando di avvicinarla quanto più possibile.

L’America di Trump in affanno

Torniamo sulla gigantesca bolla monetaria che avvolge il pianeta, pronta ad esplodere da un momento all’altro. La politica economica Usa degli ultimi 30 anni ha coperto il suo deficit commerciale (fra i 300 e i 700 mld di dollari all’anno) con montagne biglietti verdi sparsi nel mondo. Trasformato in Titoli di Stato, parte di questo debito e nelle mani di altre “potenze” come Cina e Giappone. Non solo, ma i debiti stanno portando molti Stati deli Usa (come la stessa California con quasi 450 mld di dollari di debito) verso la bancarotta. E ovunque si tornano a gonfiare bolle speculative con fittizi aumenti di case, imprese, titoli, ecc., con la diffusione dei soliti “derivati” spacciati per denaro.

Dal 2009 ad oggi la Fed avrebbe pompato nel sistema (dal 2009 ad oggi) circa 7.000 mld di dollari in liquidità straordinaria; una bolla monetaria che ha portato il Pil a 18 mld di dollari (erano 15.000 nel 2008): un effetto “moltiplicativo” mancato, con un debito privato (famiglie e imprese) che ha registrato una crescita ben maggiore. Mentre il debito pubblico è al 104% del Pil, secondo la Fed di New York il debito privato è a 12,7 trilioni di dollari (12.700 miliardi). In dettaglio: 15.000 mld di mutui ipotecari, 18.000 mld prestiti personali; 12.500 mld debiti delle imprese: un totale di 49.000 mld, cioè il 250% del Pil: un raddoppio negli ultimi 15 anni, con un imponente accumularsi di carte di credito, mutui immobiliari, finanziamenti per acquisti di auto. I debiti delle imprese sono addirittura spaventosi, con quasi una decina di trilioni di dollari. Sommando debiti pubblici e privati si raggiunge ormai il 350% del Pil. È la stessa Banca centrale americana a dichiarare aumentata, rispetto al fatidico 2008, la massa dei debiti Usa, con la previsione (Congressional Budget Office) di un suo raddoppio, pubblico e privato, fra trent’anni… Una devastante marea gonfiata anche dalle politiche monetarie della Fed, mentre la dinamica salariale americana (al pari di quella mondiale) si presenta da anni in “caduta libera”.

Un particolare: i cosiddetti debiti universitari (i costi degli atenei Usa sono stratosferici) hanno raggiunto la cifra di 1300 trilioni di dollari e continuano ad aumentare. A questo punto, sale di anno in anno anche il numero dei default: ben tremila al giorno! Crescono le insolvenze e si gonfiano le bolle, pronte ad esplodere. Qualche “esperto” si… espone e parla di una probabile nuova crisi mondiale entro il 2022. Si aggiunga che i cosiddetti Paesi emergenti hanno un debito denominato in valuta estera che sta superando i 15 trilioni di dollari.

Dollaro febbricitante

La Fed americana avrebbe nel suo portafoglio Titoli per 2465 mld di dollari, pari all’11,7% del debito federale Usa a 21.037 mld di dollari. Restando n ambito Fed, risulta che essa agli inizi di agosto aveva asset per 4.446 mld di dollari, compresa la cifra sopra citata. In totale il 23,2% del Pil americano.

Ma non solo gli Usa mostrano cifre da capogiro di questo tipo: la Bank of Japan vanta un debito di 4.500 mld (94,1% del Pil!). Non è da meno la Cina, dove il capital-socialismo avanza a rotta di collo (dei proletari)! Per tutti, si tratta di cifre triplicate e/o quadruplicate in una decina d’anni e in concreto corrispondenti ad una massa di capitale fittizio (alla caccia di speculazioni finanziarie di ogni genere) corrispondente a una dozzina di volte il Pil mondiale lordo. Una entità la cui valutazione economica si basa sulle più astratte e immateriali classificazioni. Quindi quella degli asset in bilancio delle principali Banche centrali mondiali (un totale di 18,800 mld di dollari) le quali si sono fatte creditori principali dell’intero sistema economico-finanziario internazionale, è sotto tutti gli aspetti una vera e propria bomba ad alto potenziale esplosivo.

La finanza si è ovunque scatenata come una belva feroce, incontrollabile. L’eccesso di liquidità sta diventando esplosivo gonfiando la bolla di manipolate realtà virtuali in cui dominano gli algoritmi che impazzano nel mondo digitale economico-finanziario. Lo “spettacolo” allestito pretende di replicarsi all’infinito, ma non riesce che a nascondere il cancro che sta divorando il capitalismo. Su di esso incombe il peso ormai insostenibile di una massa monetaria che sta travolgendo (nella sua fittizia valorizzazione) le stesse Banche Centrali, impotenti nel controllare questo sabba infernale. E più si stampa moneta (e vedi anche l’espandersi del fenomeno delle criptovalute…) e più la crisi avanza fra il dilagare di soffocanti e selvagge speculazioni.

Conclusioni

Gira la ruota della storia (più o meno lentamente) ma l’incubo di un ripetersi ancor più devastante del settembre 2008 (crack di Lehman Brothers) incombe più che mai. Sono in molti a temere una esplosione improvvisa nell’approfondirsi del contrasto fra realtà fisica e realtà virtuale. Con un possibile riavviarsi di insolvenze di Banche e Istituti finanziari, fallimenti di imprese, crisi delle finanze pubbliche e delle politiche monetarie al seguito di una “recessione” economica (qualcuno ancora la chiama così…) che serpeggia ufficialmente da un decennio. Sempre in attesa di una “ripresa dinamica globale” che finalmente – è la speranza degli “esperti” – farebbe salire l’inflazione (!) da anni ferma al minimo: come farebbe altrimenti il capitalismo a svilupparsi perdurando l’attuale scenario?

DC

(1) Il PIL, (Prodotto interno lordo) è la somma di ciò che è stato prodotto e “guadagnato” in un anno rispetto all’annata precedente. Il valore monetario è quello a prezzi correnti di mercato di tutti i beni e servizi prodotti, compresi i materiali e strumenti usati per essi, ma solo per essi. Nel PIL è compreso tutto il valore aggiunto e tutti i “redditi” (salari, profitti e tasse e imposte incassate dallo Stato).

A proposito dei deficit del debito pubblico in Europa, va ricordato come sia più che evidente la falsa speranza che i parametri di Maastrick possano reggere i colpi della crisi. Da ricordare che il famoso limite imposto ai paesi della Ue al 3% del Pil, ha le sue origini nel maggio 1981 in Francia e ai tempi di Mitterand, il quale cercava di arginare le insistenti richieste di soldi da parte dei vari ministri del suo Governo. Si rischiava, allora, un deficit di circa 100 miliardi di franchi (oltre il 2% di deficit). Si stabilì quindi una cifra massima del 3% vicina – ha confessato l’economista Guy Abeille – “all’idea di Trinità…”. Mitterand accettò la norma che poi fu “teorizzata” e inserita nel trattato di Maastrick come criterio di base per entrare nell’eurozona.

Lunedì, January 15, 2018

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.