Il "no sociale": una campagna deleteria

La partecipazione plebiscitaria al recente referendum costituzionale non ha fatto che avallare la falsa tesi che oltre lo steccato borghese non vi è null'altro, e che allora val la pena di votare il meno peggio: tutto ciò contro cui ci siamo sempre battutti – sin dal 1912, quando la Sinistra del PSI si organizzò nella Frazione Intransigente Rivoluzionaria – e contro cui, statene certi, continueremo a combattere.

Come sempre è stato, la sinistra controrivoluzionaria di diversa (ma simile) matrice continua a far di tutto per rendere il nostro lavoro più difficile: continuiamo così, facciamoci del male, ci verrebbe da dire, se volessimo concedere almeno l'attenuante della buona fede a tanti sedicenti compagni che si sono fatti in quattro per difendere la democrazia borghese e la sua costituzione-fuffa (ma bella, bellissima fuffa!) del 1948.

Complimenti, ben fatto: un sacco di energie buttate per un nulla di fatto, per creare un "vuoto di potere" del tutto borghese che borghesemente è stato al più presto rintuzzato: pensavano forse che a Renzi sarebbe succeduto un "governo di unità popolare" o altre antistoriche farneticazioni di questa tacca? Pensavano che dalle urne di un referendum potesse uscire una rivoluzione sociale? politica? Cosa? Sarebbe meglio non saperlo, se le tante formazioni e formazioncine della sinistra radical-altern-auton-antagon-mao-stalin-trotsko-riformista, tutte invariabilmente controrivoluzionarie, non ci avessero fatto a vario modo conoscere le loro risposte, ognuna – si badi bene – con la sua variante.

Nell'unica realtà che conosciamo, il "vuoto politico" apertosi con la vittoria del NO al referendum è già stato colmato da un governo con a capo Gentiloni che è la fotocopia di quello precedente, alla faccia dell'entusiasmo palingenetico diffusosi in quasi tutti gli ambienti summenzionati.

Insomma, i suddetti "compagni" hanno toppato ancora una volta (!), trascinati su un piano politico del tutto borghese dall'illusione di poter riempire il suddetto vuoto politico "da sinistra", qualsiasi significato questa espressione abbia preso nella loro immaginazione. Siamo stati profeti piuttosto facili dicendo che non sarebbe successo.

Nel frattempo, ovviamente, invitare a votare ha inferto ulteriori danni alla prospettiva che sosteniamo, cioè di contrapposizione frontale alla borghesia e a tutto il suo schieramento (dall'estrema destra alla sinistra), l'unica secondo noi in grado di costruire l'alternativa allo stato di cose presente: e invece è stata per l'ennesima volta legittimata la farsa democratica (certo, da posizioni "critiche", "sociali", "tattiche"... ogni volta si sceglie l'aggettivo di moda al momento... e intanto è stata ancora una volta legittimata!), delegittimando conseguentemente la prospettiva di un'alternativa vera.

Ancora più grave è che si faccia passare tutto questo come una vittoria del proletariato (anzi, «dei poveri»: non sia mai che si adoperi una terminologia classista..!) come fa Giorgio Cremaschi su Contropiano, che vaneggia di «lotta di classe populista», si autodefinisce (per sottrazione) “sinistra non ufficiale” e fa intuire squallide quanto gravissime strizzatine d'occhio alla destra estrema (1)!

Come tradurre, invece, sul terreno della realtà dei fatti la dichiarazione di Usb, che rivendica con orgoglio: «Il nostro No è stato ricostituente per una generazione disillusa dalla politica» (2), se non con “abbiamo fatto la nostra parte per ricucire un po' lo strappo tra questa generazione devastata dalla crisi capitalistica e lo Stato dei capitalisti e la sua farsa democratica”?

Chi, come i Cobas, ritiene che sia «decisiva una grande alleanza politica, sociale e sindacale» per «abolire tutte le riforme renziane» (2), non ha capito che in questo momento storico le esigenze del capitalismo sono queste e non altre, e con il cambio del governo cambierà solo il nome in calce alle riforme di cui il capitale ha bisogno. Siamo pessimisti? Disfattisti? A parte il fatto che, basandoci sulla critica all'economia politica, cerchiamo di essere materialisti, preferiamo comunque descrivere ardue realtà che spacciare amene fantasie.

Sulla paradossale ma assai sintomatica e significativa compresenza, in qualche occasione, nella stessa piazza di fascisti e antifascisti accomunati dalla battaglia per il NO, è meglio stendere il classico velo, salvo questa ritrovata sintonia tra ex-nemici non si trasformi in qualcosa di più che una coincidenza non voluta (3) e ci costringa a tornare sulla questione.

Ci scusino dunque i rappresentanti delle mille filiazioni dello stalinismo, dell'autonomismo e quant'altro, ma le cose dobbiamo continuare a dirle chiare: ancora una volta avete lavorato apertamente per il nemico di classe.

E alle prossime elezioni, quando il teatrino della "democrazia" si ripeterà, rivedremo molti di loro scendere ancora una volta in campo. Un campo borghese, va da sé.

Se sei stanco di tutto questo, di questa sinistra inconcludente e scientificamente priva della capacità di imparare dai propri errori, che passa da una sconfitta a una sconfitta ancora più grande, che eleva errori tattici e cadute opportunistiche a dogmi, che innalza falsi miti...

Unisciti a noi, aiutaci a rinforzare la prospettiva di una reale alternativa al dominio politico-economico della borghesia e a costruire l'unico strumento in grado di renderla possibile: il partito che guidi il proletariato alla rivoluzione socialista.

E

(1) Si chiama lotta di classe e una volta tanto i poveri hanno vinto di Giorgio Cremaschi, su contropiano.org

(2) Il Manifesto, 6 dicembre 2016, Oltre il voto su Renzi, le prospettive del «No sociale» di Roberto Ciccarelli.

(3) Il vento che tira, anche a questo proposito, non è dei migliori: si veda ad esempio anche il tono piuttosto antipatico e ammiccante alla destra dell'articolo succitato del “populista” Cremaschi.

Martedì, December 13, 2016