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Home ›Dietro le quinte del governo Renzi
Abbiamo già avuto occasione di accennare ai “contatti” di Renzi con ambienti finanziari degli Usa oltre che della City londinese (vedi sul nostro sito: Fate largo al nuovo Salvatore dell’Italia!).
Il “sospetto” (se non la certezza…) che dietro il governo Renzi manovrino anche specifici interessi finanziari-bancari, sia nazionali sia internazionali, affiora recentemente anche nella stampa estera. E’ il caso del quotidiano britannico Daily Mirror che scrive di “alleanze economiche” fra Renzi e la banca d'affari americana JpMorgan.
Si mormora che le riforme sbandierate da Renzi abbiano avuto suggerimenti e poi approvazioni di eminenti personalità alle dirette dipendenze della succitata Banca, fra cui Jamie Dimon (amministratore delegato della JpMorgan) e Tony Blair, ora consulente speciale della stessa Banca. Entrambi ultimamente impegnati in cene e incontri privati con Renzi: tutti documentati, a Firenze e a Londra. Ed ecco che in una recente intervista a Repubblica, Blair ha lodato il “programma ambizioso” di Renzi, specificando che nella situazione di crisi, non solo economica ma anche politica, questo sarebbe un “momento di grande opportunità” per attuare “riforme costituzionali e riforme strutturali per rilanciare l'economia” e, naturalmente, gli affari del capitale. Difficile, a questo punto conclude Blair, mantenere una contrapposizione (ma a quale proposito?) fra destra e sinistra borghese, poiché l’interesse si fa apertamente comune per la salvaguardia dell’economia (capitalista).
L’ex leader laburista risulta dunque stipendiato (a suon di milioni di dollari l’anno) quale consulente di quella JpMorgan che, dopo la Goldman Sachs, è la più importante Banca d’affari al mondo. (1)
Che questa Banca, al pari di altre, sia interessata a promuovere politiche a lei “favorevoli” – per i propri asset sparsi in tutto il mondo e di conseguenza per gli intrallazzi del capitale finanziario in generale – non vi è alcun dubbio. Ed è stata proprio la JpMorgan a sentenziare, in un suo documento del maggio 2013, la necessità di “aggiustamenti nell'area euro" con particolare riferimento ai “sistemi politici e costituzionali del Sud Europa”. I quali presenterebbero “limiti di natura politica più che economica”; sistemi politici regolati su una base costituzionale non più “adeguata” alla presente situazione europea e internazionale, bensì un intralcio alle faccende private, e pubbliche, del bel mondo finanziario, visto che quello industriale respira a fatica…
Sono trascorsi ormai sette decenni dalla caduta del fascismo e certe “norme”, messe in campo subito dopo (anche se di valore più ideologico che altro), vanno cambiate. Alimentavano “speranze” allora necessarie per trascinare al consenso democratico il proletariato massacrato dal fascismo, ma che oggi sono di ostacolo ad un ulteriore fase di addomesticamento (tanto ideologico quanto pratico) delle masse da sacrificare sugli altari della conservazione capitalista. Questo il succo delle “analisi” condotte dalla JpMorgan che, per l’appunto, lamenta la debolezza degli esecutivi vincolati dalle ingerenze parlamentari e dei governi centrali influenzati dalle regioni; troppi “diritti” per i lavoratori, eccessi di clientelismo e di tolleranza delle proteste “popolari” (figuratevi di quelle di classe!). Chiaramente, con l’acquisita, anche se apparente, autonomia funzionale con la quale si presenta il settore finanziario rispetto a quello industriale-produttivo, viene usata un’influenza politica per cercare di neutralizzare gli effetti della crisi globale del capitalismo che trascinano alla resa finale dei conti anche il sistema finanziario.
Il capitale reclama un più efficiente organo di potere politico, al tempo stesso l'accentramento delle funzioni legislative, esecutive e sostanzialmente giudiziarie, soprattutto là dove le fazioni borghesi tendono a contrapporsi secondo un eccesso di interessi particolari e di conseguenti spartizioni del malloppo a loro disposizione.
La politica del capitale, alla cui attuazione la borghesia è chiamata ad adeguarsi (altre vie alternative, tanto più a… “sinistra”, non esistono), comprende il ridimensionamento (quanto più profondo possibile) di ciò che ancora si spaccia per “stato sociale”. O si favoriscono profitti e rendite o il Castello del Capitale, già in alcuni punti diroccato, rischia il crollo. Alcune norme contenute nella Costituzione, pur non essendo altro che specchietti per le allodole (a suo tempo) dell’antifascismo, sarebbe bene cancellarle del tutto, affinché siano meglio tutelati i fondamentali interessi del capitale e dei suoi gestori, senza inutili ed equivoche remore che, seppure solo scritte, possono ostacolare gli affari dello stesso capitale internazionale. In particolare, di accenni ad “espropriazioni per pubblica utilità” e di “salvaguardia di beni comuni” sarebbe meglio non parlarne, neppure per finta. Sono tempi difficili, e certe concessioni, anche se solo a parole, vanno cancellate.
DC(1) La JpMorgan Chase è stata persino al centro, nel 2012, di una denuncia della procura di New York per truffa dei mutui subprime. Riguardava Bear Sterns e Emc Mortgage, del gruppo JpMorgan, con perdite di decine di miliardi di dollari, che provocarono la disoccupazione di milioni di persone negli Usa. La Banca patteggiò un risarcimento di ben tredici miliardi di dollari, riconoscendo la truffa dei suoi mutui subprime.
Battaglia Comunista #05
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