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Home ›La Marcha Negra dei minatori delle Asturie
Dov'eravamo rimasti? Li avevamo lasciati alle prese coi blocchi autostradali nel nord della Spagna, nelle regioni asturiane e leonesi, a difendersi e ad attaccare la Guardia Civil con armi e mezzi di fortuna, senza paura e aiutati dalla popolazione. Li avevamo lasciati alla loro coraggiosa lotta contro i tagli draconiani del governo Rajoy (ovvero Troika, ovvero Neoliberismo, ovvero Capitalismo), coraggio che nasce dalla consapevolezza che il loro lavoro, e quindi il loro futuro e quello delle regioni in cui vivono, con quei tagli andrebbe in fumo come il carbone che faticosamente estraggono da una vita (secondo le stime dell’assessorato all’Economia del principato delle Asturie, almeno 14 mila persone tra minatori e indotto sono destinate a restare senza lavoro). Li avevamo lasciati in poche centinaia, alcuni arrestati, altri in sciopero della fame a oltranza: un piccolo ma indomito gruppo di lavoratori, di proletari, da soli contro il grande capitale, e oggi li ritroviamo al centro della nuova marea che sta montando in queste settimane in Spagna, li ritroviamo portati in trionfo per le strade, acclamati neanche fossero divi del cinema, quasi come nel 2010 furono portati in trionfo i giocatori della nazionale di calcio spagnola.
Già, perché è proprio questo che è accaduto. Dopo un anno a parlare di “indignados”, di “non violenza”, di “rivoluzione culturale” e via di questo passo, ecco che di colpo tra la popolazione spagnola, in maggior parte di estrazione proletaria, sembra essersi accesa una prima luce e pare che ci si stia rendendo conto che non è sufficiente un'assemblea in piazza per cambiare la società e il sistema. I minatori, in questo senso, sono al centro dell'attenzione delle grandi manifestazioni che stanno animando la penisola iberica in questi giorni, e che stanno coinvolgendo in maniera orizzontale più o meno tutti i salariati spagnoli, portando in piazza in maniera attiva persino i pompieri. Manifestazioni che hanno avuto il loro punto zero lo scorso 11 luglio, giornata in cui la Marcha Negra (marcia dei minatori dalle regioni del nord della Spagna fino a Madrid) è giunta nella capitale calorosamente accompagnata e sorretta da slogan come “Madrid operaia sta coi minatori”, “Siete voi i nostri veri campioni” (con riferimento alla nazionale di calcio) e il sempreverde “Non siamo indignati, ne abbiamo proprio le palle piene”.
L’accoglienza da parte della cittadinanza è stata infatti delle migliori: migliaia e migliaia di persone hanno dato il benvenuto ai minatori e li hanno seguiti per le strade madrilene, fischiando al passaggio sotto la residenza del premier Rajoy e promettendo l’inasprimento della protesta nel caso non ci siano cambiamenti nella situazione ed un passo indietro rispetto ai tagli. Inasprimento che è avvenuto il giorno stesso, quando il corteo è arrivato sotto al ministero dell'industria. La polizia ha cercato di disperdere il corteo ma i manifestanti hanno resistito alle provocazioni, pur restando vittima di cariche e azioni repressive. Ventitré persone sono rimaste ferite e almeno cinque sono state arrestate. Fonti sul posto confermano che almeno una persona è rimasta ferita da uno dei proiettili di gomma sparati dagli agenti sui manifestanti, che hanno risposto tirando pietre contro i furgoni degli agenti. Lo scontro è durato poco più di un' ora. Il Servizio Medico SAMUR informa che tra i feriti ci sono 12 minatori, sei poliziotti e cinque assistenti alla marcia.
Risultati concreti ottenuti finora dai minatori? Nessuno, o meglio, abbiamo di fronte il classico balletto fra padroni e sindacati. E' del 20 luglio scorso infatti la notizia che i sindacati (UGT e CCOO) e la Carbunión (federazione nazionale degli imprenditori delle miniere di carbone) si sono messi d'accordo a braccetto sulla controproposta da fare al governo. Proposta che si è rivelata più che mai ridicola per non dire scandalosa. Il piano di tagli delle miniere che il Governo di Rajoy aveva avanzato inizialmente prevedeva infatti una riduzione del 63% degli aiuti statali per il 2012 e a seguire tutta una serie di altri tagli di anno in anno fino al 2018: 14,5% nel 2013, 25% nel 2014, 25% nel 2015, 40% nel 2016, 60% nel 2017 e infine una pietra tombale del 75% nel 2018. Andiamo a leggere la controproposta lanciata all'unisono dai sindacati e della Carbunión: va bene (!) la riduzione del 63% nel 2012, ma che almeno i tagli successivi siano più lievi.
Il negoziato, che come abbiamo visto è una palese presa per i fondelli nei confronti dei lavoratori e che di fatto non cambia la sostanza delle cose, è comunque ancora fermo: il governo fa appello alla politica dei sacrifici necessari per rispettare il patto sul deficit con l’Unione europea, quindi non intende concedere forme di aiuto economico. Questa è l'ennesima dimostrazione (se ce ne fosse ancora bisogno) dell'assoluta sudditanza dei sindacati verso i padroni e verso il Governo, segno che ormai il capitale non ha proprio niente da concedere, neanche le briciole. Ciò che ci rincuora è comunque il fatto che anche altri settori, come già accennato, si stanno muovendo. Ora la sfida è lanciata: le lotte future sapranno superare del tutto il limite di categoria che ancora presentano? Riusciranno a superare le logiche sindacali? Questo dipenderà non solo dagli stessi lavoratori, ma anche e soprattutto dalla presenza attiva dei rivoluzionari spagnoli (pochi, sempre maledettamente pochi) che dovranno agire per creare il fronte di classe contro i padroni e prospettare il superamento del capitalismo. Abbiamo bisogno di lotte come questa. Abbiamo bisogno del radicamento nella classe proletaria del partito rivoluzionario.
MRBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #08-09
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Comments
No se trata de una lucha entre los trabajadores y los capitalistas. Los dos van de la mano en este caso en la exigencia al gobierno de que prolongue las ayudas (que son en realidad ayudas a una empresa minera). La minería del carbón en España necesita ayudas porque es obsoleta y lo cierto es que conviene cerrarla definitivamente.
Los mineros han enfocado este conflicto del mismo modo que el resto de los trabajadores españoles: defienden su puesto de trabajo y se olvidan del resto de la clase. Sucede exactamente lo mismo con los empleados públicos (los bomberos), ahora que los recortes han llegado también hasta ellos. Es normal, pero entretanto seis millones de trabajadores se pudren en el desempleo; muchos de ellos sin ingresos; otros malviviendo con una limosna de 400 euros mensuales.
Los que acompañaron en apoteosis la entrada de la Marcha Negra en Madrid no son los trabajadores de Madrid: esos no se movilizan. Es la izquierda pequeñoburguesa que apoyó los 8 años de gobierno del socialista (?) Zapatero.
No se trata de conservar el puesto de trabajo. En muchos casos eso es imposible o incluso indeseable. Por ejemplo: 1.500 trabajadores de la televisión valenciana van ahora al paro con los recortes: pero esa television se había creado para glorificar al gobierno valenciano y para controlar a las masas. La mayor parte del desempleo se origina en el fin de la burbuja inmobiliaria: eran puestos de trabajos creados en una actividad socialmente innecesaria y perjudicial.
La clase trabajadora española - y no solo española - debe superar la defensa del puesto de trabajo inmediato y adoptar consignas que alcancen a toda la clase y a toda la sociedad: