In Inghilterra tolgono salario ai lavoratori maschi per darlo alle donne

Un classico esempio di democrazia salariale

Sotto la pressione di uno stuolo di avvocati, che rappresentano centinaia di migliaia di donne lavoratrici super sfruttate, i sindacati inglesi hanno avuto una intelligente pensata. In nome di una non meglio identificata democrazia distributiva, hanno proposto allo Stato di equiparare gli stipendi tra uomini e donne che, allo stato attuale delle cose, vedono una notevole differenza retributiva per la stessa tipologia di lavoro.

Per il momento il progetto di riforma riguarda il pubblico impiego: la scuola, la sanità e l’assistenza sociale, per un totale di 700 mila lavoratrici. Il contenuto della richiesta è semplice: togliere una quota di salario ai lavoratori maschi per darlo alle donne. Se i nuovi contratti di lavoro entrassero in vigore, per i dipendenti uomini ci sarebbe una perdita sino a 15 mila sterline del salario lordo, pari a 22 mila euro, per una decurtazione retributiva del 40% circa. Lo stesso ammontare andrebbe alle 700 mila lavoratrici che vedrebbero il loro salario aumentare, anche se di poco, per un trasferimento complessivo di 10 miliardi di sterline. La manovra viene venduta come un significativo esempio di democrazia distributiva all’interno del mondo del lavoro, in nome di una uguaglianza tra uomo e donna che annullerebbe, o meglio ridurrebbe, le odiose distinzioni di genere e di trattamento tra i due sessi.

Al di là dell’evidente contenuto strumentale e delle macchinose difficoltà per la sua applicazione che avrebbe valore retroattivo, la manovra impone una serie di considerazioni.

  1. In primo luogo si è in presenza di un trasferimento di risorse all’interno del monte salariale complessivo che rimane assolutamente immutato. Il che presuppone, nel breve periodo, nessun aumento salariale per i lavoratori e nessun onere economico a carico degli imprenditori. Si toglie da una parte per dare all’altra senza che il capitale ne soffra.
  2. In Inghilterra, anche se le statistiche recitano che il potere d’acquisto dei salari sia alto, più alto che in Italia, per i lavoratori esiste la stessa sindrome della quarta settimana. In concreto anche nella terra di Albione arrivare alla fine del mese, con gli stipendi che passa il convento, è un esercizio di alta acrobazia. Livellando i salari più alti verso il basso si ottiene come risultato che tutti i lavoratori, uomini e donne, sono sì messi sullo stesso piano, ma a loro spese, in una sorta di umiliante appiattimento nei confronti dell’intangibilità degli interessi del capitale Il che aumenta le difficoltà dei lavoratori uomini senza risolvere quelli delle lavoratrici donne, aumentando il disagio e le precarie condizioni di sopravvivenza di tutto il mondo del lavoro.
  3. Una simile manovra nasce dal fatto che, non potendo aumentare tout court i miseri salari che vengono corrisposti al lavoro femminile, si decurtano quelli maschili che, e non c’è bisogno di fare particolari disaggregazioni statistiche, sono già abbondantemente bassi. Fatte le debite differenze, la proposta assomiglia molto a quella nostrana delle gabbie salariali. In tempi lontani, ma non troppo, il capitalismo italiano aveva architettato un mezzo per erogare meno salari alla forza lavoro. Valutando che il costo della vita nel meridione era mediamente inferiore a quello del nord, il mondo imprenditoriale aveva proposto di diminuire i salari dei lavoratori meridionali, correggendo così una disparità tra lavoratori del nord e del sud, ovviamente al ribasso, con i relativi vantaggi per il capitale. La proposta non è mai diventata legge, la sua pratica invece ha avuto un’ampia applicazione nelle fabbriche del Mezzogiorno. Analogamente la proposta inglese fa il paio con quella, sempre di matrice italica, del salario di solidarietà. Anche in questo caso il meccanismo è sempre lo stesso. In nome della solidarietà nei confronti di lavoratori licenziabili, perchè in esubero rispetto alla capacità di sfruttamento del capitale, gli imprenditori hanno proposto lo slogan: lavorare tutti, lavorare più intensamente a salari inferiori. Anche in questo caso la proposta non è passata per legge ma di fatto, con una sola variante. Il proletariato italiano ha prodotto con ritmi sempre più elevati, il potere d’acquisto dei salari è diminuito, in compenso la disoccupazione è aumentata
  4. L’aspetto più inquietante della manovra è rappresentato dal fatto che, con una proposta simile, passerebbe il principio che i salari possono essere manomessi in qualunque momento, in nome, oltretutto, di soluzioni falsamente egualitarie; in realtà in funzione delle necessità di valorizzazione del capitale che, in periodi di vacche magre in quanto a saggi del profitto, sollecita con insistenza qualsiasi soluzione normativa e salariale che gli consenta di respirare al meglio l’ossigeno dello sfruttamento della forza lavoro. Una vera solidarietà di classe imporrebbe una veemente risposta a simili prese per i fondelli. Dovrebbe richiedere con forza di tutelare il lavoro famminile, portandolo al livello dei lavoratori uomini ma senza penalizzare quest’ultimi. Insieme, senza distinzione di sesso, portare un attacco al capitale in nome di salari che consentano una migliore vivibilità e non , come succede nella società inglese, e non solo in quella, di sopravvivere attorno alla soglia della povertà. Una simile eventualità comporterebbe una dura lotta contro la logica dello sfruttamento capitalistico, contro il mondo imprenditoriale e gli stessi Sindacati che, nel falso nome di una falsa uguaglianza distributiva, impongono al proletariato le affamanti leggi del capitale.
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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.