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Home ›Il Libro bianco del governo anticipa i nuovi attacchi al proletariato
Sempre salari e pensioni nel mirino del capitale
Il capitale sempre di più assomiglia a un barile senza fondo, come un rullo compressore invoca costantemente da più di vent'anni sacrifici per i proletari. Quanti più gravami riesce a imporre alla classe lavoratrice maggiormente ne pretende successivamente in una spirale senza fine.
Oggi la parola magica per la borghesia è flessibilità, e vuole fare credere che quanta più ce n'è tanto più grande sarà la felicità per tutti. La verità è che questa parolina piace e fa comodo esclusivamente ai padroni, mentre per i salariati significa perdita del potere d'acquisto e precarietà. A cominciare il lavoro sporco su questo fronte è stato il precedente governo di centro sinistra, che ha fatto digerire con l'attiva collaborazione dei sindacati i contratti a termine, il lavoro part time e quello interinale.
Il nuovo governo di centro destra sta pigiando sull'acceleratore per portare alle estreme conseguenze questo processo di totale subordinazione della forza lavoro al capitale. Certamente con meno "finezza" e capacità mediatrici rispetto ai loro predecessori, tuttavia la sostanza antiproletaria e filo borghese è la stessa. Interprete di questa tendenza super liberista è l'ex sinistro e attuale ministro del welfare Maroni, uno dei tanti squallidissimi prodotti del leghismo.
Il Libro bianco che ha presentato all'opinione pubblica, inerenti le riforme del mercato del lavoro e del sistema previdenziale, sulla cui base l'esecutivo dovrà legiferare, è senza tanti orpelli schiettamente reazionario, così come le circostanze attuali richiedono, dato un capitalismo a livello internazionale che fa sempre più fatica a spuntare saggi di profitto adeguati. Le principali proposte non fanno altro che aggravare la situazione presente dei lavoratori con la scusa che ciò permetterà di far crescere l'occupazione.
Si chiedono salari più bassi al Sud rispetto al Nord, condizione peraltro già esistente, che Maroni giustifica affermando che i diversi livelli di produttività nel paese ancora non riflettono la giusta differenza sul piano salariale. Meno vincoli per i licenziamenti, qui, tra le altre cose, si torna nuovamente all'attacco dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per non avere impicci nell'espellere quei lavoratori maggiormente disponibili alla lotta contro i piani aziendali. Sempre a questo riguardo sono previsti collegi arbitrali per dirimere le controversie e liquidare l'intervento della magistratura del lavoro. Generalizzazione dei contratti individuali, ciò comporterebbe minor difesa collettiva e più ricattabilità padronale, a questo proposito si inventerebbero nuove formule come i contratti a intermittenza e i contratti a progetto, utili a sfruttare i lavoratori per il tempo strettamente necessario e per liberarsene poi senza alcun obbligo. Superamento dello Statuto dei lavoratori e decentramento della contrattazione, lasciando centralmente le decisioni sui livelli minimi retributivi e la diversificazione della restante normativa nell'ambito regionale. Per finire si attacca anche il pubblico impiego, in quanto prima degli scioperi ci dovrà essere un referendum consultivo, che avrà come unico scopo l'ostacolare la lotta dei lavoratori.
Per quanto riguarda le pensioni, invece, si vuole estendere il metodo di calcolo contributivo al posto di quello retributivo, anche per chi aveva più di 18 anni di servizio al tempo delle precedente riforma del '95, quindi nettamente in senso peggiorativo. Inoltre vi saranno incentivi per chi ritarderà il più possibile l'andata in pensione, alla faccia di chi è in cerca di occupazione.
Come si vede l'attacco è a trecentosessanta gradi, ma soprattutto Maroni ha dichiarato che il tempo della concertazione è finito, che governo e imprenditori porteranno avanti le loro decisioni con o senza il consenso dei sindacati. Solo ed esclusivamente questo ha fatto arrabbiare in primo luogo la Cgil e la Uil, meno la Cisl che è più vicina al governo. Non tanto i contenuti antioperai scandalizzano questi signori che sono degli esperti in materia, quanto quei punti che mettono in discussione o delegittimano il loro ruolo istituzionale, in altre parole potere e prebende.
Quanto siano strumentali le minacce dei sindacati al fine di difendere i loro cadreghini, lo dimostra il fatto che essi hanno paventato la fine della moderazione salariale stabilita con l'accordo del luglio '93; mentre la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, ha subito aumentato le richieste per il rinnovo del contratto da 135 mila a 155 mila lire, chiamando su questo e contro le nuove proposte del governo allo sciopero generale il 16 novembre. Tutto ciò è una chiara ammissione da parte dei sindacati, è come dire che sino a che non ci scavalcate possiamo fare ingoiare ogni genere di cose ai lavoratori, in caso contrario dovrete fare i conti con noi.
La conclusione che si può trarre dalla vicenda è la seguente. La borghesia è cosciente delle difficoltà crescenti che si prospettano per il capitalismo, quindi è costretta a colpire sempre più in profondità il proletariato, anche a rischio di logorare la carta dei sindacati quale contenitore sociale. Se le piazze si riempiranno di gente sempre più arrabbiata e meno "gestibile", oggi come ieri alla classe dominante non resterà altra soluzione che dispiegare la repressione statale, i fatti di Genova sono stati un avvertimento.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 2001
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