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Home ›I principi fondamentali del comunismo - Socialismo scientifico, marxismo rivoluzionario
La elaborazione teorico-scientifica, la enunciazione e la applicazione dei principi fondamentali del comunismo si sono sviluppate organicamente attraverso:
- la critica marxista del modo di produzione e distribuzione capitalista e dei rapporti sociali che ne derivano;
- la definizione della concezione e del metodo di analisi che contraddistinguono il materialismo storico e dialettico (dialettica del concreto);
- la teoria della lotta di classe e dei processi rivoluzionari che l’accompagnano;
- il programma storico, economico e politico per ottenere la definitiva emancipazione della classe operaia di tutto il mondo e quindi per la liberazione della intera umanità da ogni sfruttamento e oppressione.
I fondamenti critico-teorici e metodologici
Il marxismo ha i suoi presupposti reali e non arbitrari nella attività pratica degli uomini, nelle condizioni e nei processi materiali di sviluppo della loro vita, verso una scienza e un sapere che superano ogni astrazione e speculazione filosofica, operando sul concreto terreno dei rapporti sociali fra gli uomini.
Nella concezione materialistica della natura e della storia, il marxismo ha inserito la dialettica del concreto e non più del pensiero astratto. La dialettica materialistica è...
la scienza delle leggi generali del movimento (processi del divenire e del perire) così del mondo esterno come del mondo umano.
Marx
È...
la teoria delle relatività delle conoscenze umane, riflesso della materia in perpetuo sviluppo.
Lenin
Il marxismo non è quindi riducibile ad una filosofia etica o semplicemente storico pratica. Per la sua concezione materialistica, tutti i comportamenti, le attività e conoscenze degli uomini hanno la loro ragion d’essere non nel regno esclusivo del puro pensiero o della libera volontà della singola “persona”, ma nella concreta realtà della produzione e riproduzione della vita, dei bisogni e interessi sociali. La produzione materiale, il modo in cui essa è organizzata e la struttura sociale che ne consegue formano la base della storia politica e intellettuale di ogni epoca storica.
Gli uomini reagiscono pertanto, singolarmente o collettivamente, consapevoli o inconsapevoli, contro i limiti dell’ambiente e della struttura sociale esistente: al seguito di questi complessi rapporti di azione e reazione reciproca, essi esprimono i loro riflessi mentali (idee, opinioni e coscienza). I pensieri, la cultura, le ideologie sono il risultato delle condizioni materiali di vita dell’umanità e dei loro processi storici di sviluppo.
L’economia
La critica dell’economia politica condotta da Marx nel Capitale, parte dalla analisi delle categorie fondamentali del capitalismo (merce, valore di scambio, denaro, salario, ecc.) e con la trasformazione del denaro in capitale.
La teoria del plusvalore (lavoro non pagato che crea il profitto industriale e l’interesse finanziario) è la pietra angolare dell’analisi economica di Marx che svelò la legge economica del movimento della società moderna, scoprì l’origine, lo sviluppo e la decadenza dei rapporti di produzione capitalistici.
Essi appaiono come rapporti fra cose, ma in realtà sono rapporti sociali fra gli uomini. Il loro dominio totale si fonda sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio; sulla appropriazione privata dei prodotti del lavoro collettivo, trasformati in merci e venduti sul mercato.
La valorizzazione del capitale attraverso la produzione di profitto è l’unico scopo della economia dominante; è stata la grande molla di diffusione e sviluppo del capitalismo ma ora è diventata il suo limite storico. Il plusvalore (suddiviso in profitti, interessi e salari) può essere ottenuto unicamente con lo sfruttamento della forza-lavoro nei processi di produzione. Lo sviluppo tecnologico e quindi la produttività della forza lavoro riducono progressivamente l’impiego di manodopera. Nel suo rapporto con le enormi quantità di capitale investito nei settori industriali, il profitto ottenuto tende proporzionalmente a diminuire. La concorrenza internazionale diventa feroce; la crescita produttiva cala di anno in anno nonostante la folle corsa alla creazione di oggetti-merci inutili e dannosi, e mette in crisi il ciclo di accumulazione del capitale. Il denaro si dirige verso le speculazioni finanziarie che non producono bensì assorbono parassitariamente quote di plusvalore. Siamo al punto di non ritorno di tutte le contraddizioni di questo modo di produzione e quindi delle manifestazioni di una crisi globale che pone all’ordine del giorno la necessità della rivoluzione comunista, pena il sopraggiungere di spaventosi conflitti bellici e di una tragica barbarie sociale.
La proprietà statale dei mezzi di produzione non risolve le contraddizioni che caratterizzano la produzione e distribuzione dominante nel regime capitalistico ma anzi finiscono con l’aggravarle. Se non bastavano le classiche indicazioni dellacritica dell’economia politica, il dramma storico della rivoluzione e controrivoluzione in Russia ha mostrato proprio la costruzione di una forma di capitalismo in cui, ferme restando tutte le sue categorie economiche, cambiava solo la proprietà giuridica dei mezzi di produzione. Lo Stato, gestore amministrativo e pianificatore dell’accumulazione capitalistica, manteneva in vita tutte le logiche burocratiche e oppressive dello organizzazione sociale borghese, falsamente identificandosi con gli interessi della collettività così come avviene in qualunque altro Stato borghese.
Dai rapporti sociali fra gli uomini (stabiliti dalle categorie economiche di lavoro salariato, merce, denaro, profitto, ecc.) derivano le sovrastrutture politiche e amministrative proprie del capitalismo.
Innanzitutto lo Stato, che in una società divisa in classi rimane sempre il principale organizzatore del potere della classe economicamente privilegiata e il fondamentale strumento di conservazione e difesa dei rapporti di produzione capitalistici.
La politica
Dopo aver respinto e combattuto le dottrine della classe borghese (spiritualismo religioso, idealismo filosofico, positivismo, liberalismo democratico) il comunismo denuncia politicamente ogni illusorio riformismo, collaborazionismo interclassista, evoluzionismo graduale e pacifico, anarchismo, eccetera.Il comunismo abbatte il regno delle ombre ideologiche, dei principi assoluti non sottoponibili a una valutazione di classe. Le concezioni del liberalismo e della democrazia borghese (libertà di pensiero, purché non passi all’azione; uguaglianza politica dei cittadini ma divisi in ricchi e poveri, possidenti e nullatenenti; diritto della maggioranza e rappresentanza elettorale secondo gli interessi della conservazione borghese) costituiscono la sovrastruttura ideologica corrispondente al regime della economia capitalistica privata e della libera concorrenza sul mercato.
In realtà tutte queste istituzioni, regole e formalismi politici, rappresentano il principale ostacolo alla emancipazione delle masse sfruttate che la borghesia mantiene in una condizione ideologica di illusioni e di mistificazioni; rispondono agli interessi e alle necessità del dominio borghese, assieme alle ideologie statalistiche, nazionali e patriottiche. Esse costituiscono l’involucro migliore entro il quale si conservano e si riproducono tutti i dominanti rapporti capitalistici.
I rapporti capitalistici di produzione non possono essere alterati e mai lo saranno dall’intervento degli organi del potere borghese. Nessuna classe dominante ha mai organizzato il proprio suicidio, ma ha difeso fino all’ultimo i propri interessi e privilegi, a sua volta storicamente conquistati con l‘uso della forza, della violenza e del terrore (vedi tutte le rivoluzioni borghesi dei secoli passati contro i regimi feudali).
L’opera legislativa e riformatrice delle attuali istituzioni politiche non potrebbe mai eliminare lo sfruttamento del proletariato, senza il quale il capitalismo non potrebbe esistere. Chi accetta gli illusori concetti di correzione e miglioramento del sistema economico oggi dominante, si rende garante degli interessi e complice dei privilegi di cui gode la classe borghese e perciò nemico più o meno mascherato della classe operaia.
La lotta di classe
Il raggruppamento in classe dei singoli individui è determinato dal coincidere di condizioni economiche e sociali e di pari interessi.
La classe diviene forza organica attiva, capace di azione e di lotta comune, in presenza di un contrasto fra le forze produttive in continuo sviluppo, da un lato, e il freno dei rapporti di produzione esistenti e delle corrispondenti forme sociali, dall’altro. Da questo insanabile contrasto si sviluppa la lotta permanente fra le classi con opposti interessi economici, tra classi sfruttatrici (conservatrici) e classi sfruttate (rivoluzionarie). Le prime difendono il loro potere politico e giuridico, le seconde cercano di abbatterlo e superarlo.
Questa lotta di classe - sempre presente anche quando apparentemente “scomparsa” attraverso il momentaneo predominio dell’una e la altrettanto momentanea sconfitta e passività dell’altra - è la vera forza motrice della storia. Tale resterà fino alla vera e definitiva scomparsa delle classi sociali nella futura società comunista.
Due sono le classi fondamentali presenti nella società capitalista con opposti e inconciliabili interessi. Mentre la borghesia non può sopravvivere senza il proletariato, sfruttando la cui forza-lavoro può ottenere il plusvalore di cui si nutre il capitale, al contrario il proletariato può liberarsi dal giogo del capitale, ponendo fine alla crisi economica e alla barbarie sociale che sta per travolgere l’intera umanità, unicamente eliminando l’esistenza non solo della borghesia ma anche della propria classe.
La media e piccola-borghesia non costituisce una terza classe sociale con propri interessi e una sua possibile autonomia politica. Non è altro che una semi-classe economicamente legata al capitalismo e ideologicamente al traino della borghesia. Una alleanza del proletariato con essa - cavallo di battaglia di tutte le socialdemocrazie nel nome della “difesa della democrazia” - costituirebbe solo un freno alla crisi storica del capitalismo stesso.
Il capitalismo, con le sue necessità di accumulazione e quindi di accelerazione della produzione di plusvalore, non può che procedere esasperando il processo di espropriazione dei ceti che vivono nello spazio sociale compreso fra la borghesia e le masse proletarie, cioè sottoponendo a continui salassi economici le cosiddette classi medie. Il loro destino è segnato, al pari di quello delle classi borghesi, e non spetta certo al proletariato correre in loro soccorso.
Il partito rivoluzionario, organizzazione politica della classe
La lotta del proletariato per liberarsi definitivamente dallo sfruttamento e dall’oppressione del capitale, deve necessariamente infrangere tutti i vigenti rapporti di produzione e il potere politico che li sostiene. Strumento di questa lotta che coinvolge tutti i proletari è il partito politico di classe.
Soltanto attraverso la propria organizzazione politica e l’aderenza al programma per il comunismo, secondo gli interessi storici della classe, si realizza la costituzione del proletariato in classe rivoluzionaria. L’ultima classe sfruttata nella storia, l’unica quindi in grado di liberare se stessa e contemporaneamente tutta l’umanità, poiché nessun altra classe potrà più trovarsi nelle condizioni per attuare sfruttamenti economici e oppressioni sociali di alcun genere.
Il partito, organo di preparazione teorica, organizzazione pratica e guida politica, è dunque un prodotto e un fattore al tempo stesso della lotta di classe; è lo strumento indispensabile per la realizzazione della rivoluzione proletaria.
Il partito si alimenta con la costante elaborazione della teoria e della critica che contraddistinguono il socialismo scientifico; con la formazione dei suoi quadri e il loro inserimento nella quotidiana lotta politica; con la crescita organizzativa a stretto contatto con la classe e per la classe. Il partito non sarà mai il risultato di una occasionale addizione di gruppi e di un adattamento di programmi, ma il centro di convergenza dei rivoluzionari che spontaneamente ne accettano la milizia facendo propri i suoi principi, la sua tattica e i suoi fini.
Il partito è l’organizzazione di lotta politica del proletariato rivoluzionario. Gli elementi che lo compongono sono attivamente impegnati, sui posti di lavoro, nei quartieri e in tutti gli altri ambienti proletari, nella difesa e propaganda del programma di classe - o si integrano utilmente e con compiti accessori in quella battaglia.
L’organizzazione rivoluzionaria è caratterizzata dal fatto di essere l’organizzazione di uomini e donne che condividono lo stesso metodo, gli stessi principi e gli stessi obiettivi espressi nei documenti fondamentali dell’organizzazione (piattaforma, tesi, eccetera). Mentre i partiti della sinistra borghese si identificano con i loro organi dirigenti o addirittura con il loro capo, il partito rivoluzionario valorizza la totalità dei suoi militanti. La sua vita interna è regolata dal metodo del centralismo democratico, verso la realizzazione di quella unità organica che non deriva certo da imposizioni coatte ma - pur non esistendo garanzie assolute - fa parte di un processo di omogeneizzazione teorica e pratica il quale, attraverso la discussione sulla base dei comuni principi, permette a tutti i militanti di essere protagonisti della linea politica del Partito. E quindi di selezionare i propri dirigenti, concretizzando cioè la centralizzazione politica del Partito in organi collegiali esecutivi.
Le conferme degli accadimenti
L’attualità del marxismo e la validità della sua critica del capitalismo e della economia politica presente in ogni società divisa in classi, sono state pienamente confermate dagli accadimenti degli ultimi decenni.
Si tratta del marxismo liberato da ogni deformazione opportunistica e idealistica, così come da ogni dogmatismo e astratto accademismo. Un marxismo che non può essere ridotto alla semplice dimostrazione sulla carta di un dato scientificamente vero, ma che vive e vivrà nella misura che sapremo inserirlo nella realtà della vita quotidiana. Nella misura, quindi, in cui ne sapremo fare consapevolmente uno strumento di lotta, quale che sia il clima politico imperante, democratico o fascista, e quale che sia il margine delle possibilità obiettive concessoci.
Questo spiega l’accanimento (aperto o mascherato) con il quale la borghesia di destra e di sinistra, i suoi ideologi, economisti e mass-media combattono l’incubo del comunismo: uno spettro che continua ad aggirarsi per il mondo nonostante i ripetuti annunci della sua fine assieme al crollo del capitalismo di Stato (spacciato per “socialismo reale”) nell’ex impero russo. Questo spiega la cortina di silenzio stesa attorno ai comunisti internazionalisti, alla loro propaganda, ostacolata con tutti i mezzi di cui dispone la borghesia, e ai loro interventi, sempre sorvegliati e circoscritti dalle forze dello Stato e dei suoi vigili organi di repressione.
La continuità storica e la coerenza teorico politica
L’impostazione teorico programmatica e la linea storica di azione che contraddistinguono i comunisti internazionalisti, continuatori della sinistra comunista italiana, sono le seguenti:
- il Manifesto del partito comunista (1847-48) fondamento del programma storico, teorico e politico della rivoluzione proletaria;
- i testi, le analisi e le elaborazioni critiche di K. Marx e F. Engels, un tutto unitario (teoria e metodo, economia e politica, strategia e tattica) che conferma la indissolubilità del legame teoria-prassi;
- la ripresentazione del marxismo rivoluzionario - che sfociò nella vittoria rivoluzionaria dell’Ottobre 1917 in Russia - contro ogni forma di revisionismo e ogni tentativo di snaturamento del socialismo scientifico con false interpretazioni naturalistiche, positivistiche, neo-idealistiche, storicistiche, pragmatiche, eccetera;
- i testi fondamentali del leninismo con la loro piena rivalutazione dei caratteri e dei valori scientifici del marxismo, assieme alle Tesi costitutive della Terza Internazionale comunista (1o e 2o Congresso);
- le analisi e le posizioni, conseguenti ai punti precedenti, della Sinistra comunista italiana, fondatrice del PCd’Italia, dal 1921 in poi.
I comunisti internazionalisti si collegano direttamente, rappresentandone la continuità teorico-pratica:
- alla corrente di sinistra del Partito Socialista Italiano, nelle sue prime manifestazioni durante il conflitto mondiale del 1914-18;
- alla costituzione del Partito Comunista d’Italia (Livorno 1921);
- al suo Secondo Congresso di Roma (1922);
- al Comitato d’Intesa (1925) primo campanello di allarme contro il tentativo, poi riuscito, di snaturare la originaria costituzione di classe del Partito;
- alla opposizione (Tesi della Sinistra) nel Congresso di Lione (1926) del P.C.d’Italia e nei Congressi e Riunioni allargate della Terza Internazionale comunista fino al 1926, contro le involuzioni tattiche e teoriche che portarono alla “edificazione del socialismo in un solo paese”;
- alla costituzione della Frazione da parte della Sinistra all’estero, sotto le persecuzioni del nazifascismo e dello stalinismo.
Lungo questo filo rosso che ha accompagnato l’interpretazione, l’applicazione e la difesa del marxismo rivoluzionario contro i vari rinnegamenti e tradimenti, la Sinistra Comunista Italiana - dal 1943 costituitasi in Partito Comunista Internazionalista con i suoi organi di stampa Battaglia Comunista e Prometeo - ha potuto smascherare l’antifascismo, inteso dai liberaldemocratici e dai nazional-comunisti di Togliatti non come lotta al capitalismo ma come alleanza con le forze “progressive” della nazione e della borghesia.
Ha respinto la politica interclassista delle alleanze “popolari” e dei fronti unici con i partiti della conservazione capitalistica; ha rifiutato ogni collaborazione, diretta o indiretta, con le forze della guerra e dell’imperialismo sia di Washington che di Mosca; ha combattuto a viso aperto lo stalinismo trionfante in Russia in seguito alla vittoria del capitalismo di Stato. Lo ha fatto, sopportando persecuzioni di ogni genere, fin da quando i liberaldemocratici dei vari paesi marciavano sottobraccio a Stalin e alle sue armate.
Il più recente crollo del blocco imperialistico russo ha confermato l’esattezza della analisi marxista sul modo di produzione dominante nei paesi per decenni falsamente etichettati come “socialisti”, ristabilendo una elementare verità: il controllo, anche totale, dell’economia da parte dello Stato non è socialismo e quindi subisce tutte le contraddizioni e tutti gli effetti inevitabili della crisi capitalistica.
Oggi un’altra profonda e incontrollabile crisi economica scuote le fondamenta dei centri imperialistici mondiali e mina l’esistenza del capitalismo “globale”. La critica marxista lo ha previsto come conseguenza della tendenziale caduta del saggio del profitto e quindi come crisi del ciclo storico dell’accumulazione capitalista. La new economy, presentata come la miracolosa ricetta in grado di ridare vitalità e crescita illimitata al capitalismo, sta diventando un acceleratore delle stessa crisi. Sul proletariato, su quanti possono sopravvivere soltanto quando riescono a vendere la propria forza-lavoro per un salario sempre più ridotto, si scaricano pesantemente e drammaticamente gli effetti devastanti della conservazione di un modo di produzione e distribuzione - per il profitto, per la valorizzazione del capitale e non per i bisogni degli uomini e delle donne di tutto il mondo - che sta trascinando l’umanità intera verso la barbarie sociale e addirittura il Pianeta Terra verso la sua devastazione.
Nonostante tutto ciò, la prospettiva del comunismo rimane più viva che mai. Essa chiama alla organizzazione e alla lotta di classe i proletari di tutto il mondo per la conquista della loro definitiva emancipazione, per la loro totale liberazione dallo sfruttamento e dall’oppressione capitalistica. Ciò potrà avvenire soltanto attraverso il superamento del dominante modo di produzione e distribuzione e quindi dell’ordine sociale imposto dall’unica classe - quella borghese - che dal possesso del capitale e dei mezzi di produzione ad esso vincolati trae tutte le sue ricchezze, i suoi benefici e il suo illimitato potere. A spese, ed è questa la realtà che sta oggi davanti agli occhi di tutti, della stragrande maggioranza dell’umanità, con l’impoverimento, la emarginazione e l’oppressione delle masse proletarie e diseredate di tutto il mondo.
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