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Giusto un anno fa, l'Einaudi pubblicava la traduzione dell'ultimo volume della monumentale opera del Carr "Storia della Russia Sovietica". (1) In quattordici volumi della edizione originale (10 di quella italiana) Edward Hallet Carr ha raccolto i frutti di più di trent'anni di studi e ricerche su quello che egli stesso definisce il "più grande evento storico dell'epoca moderna".
Non era facile per uno storico borghese fare un buon lavoro sull'evento che ha scatenato passioni di classe (entusiasmi ed odi), che ha determinato nuovi schieramenti mondiali, che ha costituito per lungo tempo il punto di riferimento di quanti volevano scardinare l'ordinamento capitalistico mondiale; tantomeno facile perché il progetto dell'opera fu formulato a trent'anni dall'evento stesso e la pubblicazione fu avviata nel 1950. Non era facile perché l'"ambizioso progetto" andava al di là della storia degli eventi che portarono all'instaurazione del regime sovietico per scavare invece nella storia "dell'ordinamento politico, sociale ed economico che ne è scaturito".
Storie degli eventi rivoluzionari ce ne sono diverse, più o meno valide, più o meno complete o brillanti: si va dalla storia "dall'interno" di Trotsky (essenziale per la comprensione del clima e del tipo della direzione politica, e della sua natura), ai "Dieci giorni..." di Reed, alla Storia della Rivoluzione Russa del Chamberlin, alle diverse opere su periodi o situazioni specifiche. Ma ogni qualvolta uno storico borghese ha tentato di interpretare il corso degli eventi, di formulare i suoi giudizi sintetici sulla natura delle tendenze in atto, si è verificato che il "clima di opinione" attorno allo storico stesso, come lo definisce Carr (2) o meglio l'ideologia alla quale lo storico ispira la sua opera, ha fatto sentire gravemente il suo peso. Il "giudizio di valore", generalmente negativo, formulato sull'evento complessivo andava cosi ad inficiare la serietà dell'opera stessa, inducendo a sorvolare o non considerare fatti, relazioni di fatti, magari apparentemente estranei alla materia trattata, che hanno invece una importanza capitale nello studio di un epoca storica quale quella segnata dall'evento rivoluzionario in Russia.
L'obiettività storica non è appannaggio della storiografia borghese, perché questa è espressione dellaideologia, o se si vuole della cultura borghese ed esprime necessariamente tutte le sue limitazioni, tutte le aberrazioni: la storiografia borghese porta gli occhiali bianchi della ideologia borghese, direbbe Bucharin. La serietà di alcuni uomini, pur borghesi, potrà però consentire loro di approssimare la "obiettività", astraendosi quanto più possibile dai condizionamenti del "clima di opinione" e applicando alcune regole d'oro che il professor Carr ha esemplificato e sintetizzato nella sua prima Prefazione:
combinare una viva comprensione dei punti di vista e dei fini soggettivi dei propri personaggi con una superiore valutazione della portata oggettiva della loro opera. (2)
Una regola evidentemente applicata dal Carr e che fondamentalmente contribuisce a far grande la sua opera è questa: documentarsi e documentare a fondo su tutto ciò che ha attinenza al tema. Nell'opera di E.H. Carr è contenuta una massa enorme di notizie, documenti, descrizioni di situazioni, relazioni di congressi e riunioni, sintesi storiche di partiti, che ne fanno quasi una enciclopedia della Russia Sovietica, della sua politica estera e dei partiti che ad essa si riferivano nel mondo. Anche solo per questo motivo, al di là del contenuto ideologico e di certe spiegazioni che dà l'autore, l'opera è della massima importanza e trova degna collocazione nella biblioteca di un moderno rivoluzionario.
Già lo chema di costruzione del monumentale lavoro ne esprime la vastità: l'opera si compone di quattro sezioni articolate in diversi volumi.
- La rivoluzione bolscevica 1917-1923, tre volumi originali, uno nella traduzione italiana.
- La morte di Lenin - Interregno 1923-1924, un volume sia in originale che in traduzione;
- Il socialismo in un solo paese 1924-1926 in quattro volumi originali (due in italiano).
- Le origini della pianificazione sovietica in sei volumi.
Ciascuna sezione dell'opera è articolata in tre parti dedicate alla economia, alla politica e alle questioni internazionali relative al tema della sezione. È con questo schema originario che il lavoro del Carr è andato articolandosi e ampliandosi nel tempo in modo da abbracciare un campo enorme di problemi relativi ai rapporti dell'URSS con il resto del mondo e a raccogliere così quella abbondantissima messe di informazioni che fa di quest'opera un'insostituibile strumento di consultazione.
Ma il valore dell'opera del Carr va ben oltre: la sua volontà di comprendere i punti di vista e i fini soggettivi dei personaggi e combinarli con una superiore valutazione della portata oggettiva della loro opera, egli la realizza in alto grado riuscendo a distinguere fra dichiarazioni e finalità, proclamate a parole da personaggi e partiti, dal reale contenuto politico del loro operare e ad individuare quindi la profonda differenza che passa fra socialismo e rivoluzione per esso e il "socialismo in un solo paese" e la politica di sua difesa. Così, anche uno storico "che non ha una formazione marxista" (3) come il Carr, individua la contraddizione per esempio fra una politica internazionalista e rivoluzionaria in Cina e invece la pratica politica del Comintern nei rapporti col Kuomintang (4), così come in decine di altri casi, pur senza poter indicare la risposta che sarebbe stata coerente con i fini proclamati dai primi congressi dell'I.C. e dello stesso Partito bolscevico.
A testimoniare della profondità e dell'acume del lavoro di uno studioso pur borghese come il Carr, valgano alcune citazioni delle "Conclusioni" del VI Volume de "Le origini della pianificazione sovietica", conclusivo dell'intera opera.
Finché Lenin fu in vita, queste scelte politiche (compromessi “fra i principi dell'internazionalismo rivoluzionario e l'urgente necessità di rompere il boicottaggio occidentale e stabilire rapporti comerciali con il mondo capitalistico”) poterono ancora essere considerate degli accorgimenti temporanei per affrontare una situazione di emergenza, per rompere una situazione di stallo, per superare un intervallo difficile. Lenin non perdette mai la sua fiducia rivoluzionaria, né si mostrò mai propenso ad esaltare questi accorgimenti come principi direttivi. Ma quando egli morì nel gennaio 1924, la prospettiva della rivoluzione in Occidente era ormai diventata qualcosa di esangue e di remoto, e la politica che si fondava su quella prospettiva appariva vuota e priva di realismo. Già in una prima fase, l'isolamento del regime rivoluzionario aveva fatto compiere atti che chiaramente non. si conciliavano con i fini e i principi della rivoluzione. Ora l'inatteso e indefinito prolungarsi di quell'isolamento sembrava esigere una revisione ideologica. Il “socialismo in un solo paese” fu una risposta a tale esigenza. Gli atteggiamenti che si cristallizzarono intorno allanuova dottrina non furono esclusivamente opera di Stalin. Ma fu un fatto del tutto naturale che tale dottrina venisse formulata, sistematizzata e resa vincolante per il partito da quel dirigente bolscevico che fin dall'inizio aveva espresso la sua sfiducia nella prospettiva della rivoluzione in Occidente. Quando Stalin in una riunione del Comitato Centrale del partito (11-24 gennaio 1918) osservò che “non c'è movimento rivoluzionario nell'Occidente, non vi sono fatti, vi è solo un'eventualità, e noi non possiamo contare su un'eventualità”, Lenin si dichiarò in disaccordo con lui e disse: “Da un lato, certo, in Occidente c'è un movimento di massa, ma la rivoluzione non è ancora cominciata. Tuttavia, se a causa di questo noi mutassimo la nostra tattica, tradiremmo il socialismo internazionale”. Fu un vero paradosso che la nuova dottrina potesse essere annunciata da Stalin sotto il titolo Principi del leninismo.
E ancora:
[...] Il carattere debole e contraddittorio di un'idea della rivoluzione che si esprimeva nelle formule “socialismo in un solo paese” e “rivoluzione dall'alto” non limitò quindi i suoi effetti negativi alle sole conquiste interne della rivoluzione, ma si manifestò con altrettanta evidenza nei rapporti internazionali [...] (5)
Carr non ha dato una compiuta spiegazione delle forze sociali che Stalin rappresentava all'interno del partito e dello Stato e che proprio dall'isolamento della rivoluzione russa traevano alimenti per la propria crescita nelle file del partito proletario; né ci illumina sulle dinamiche profonde del rapporto fra capitalismo di Stato in Russia, relativa politica estera del Partito russo e involuzione politica degli altri partiti. Non era suo compito. Suo compito di storico era raccogliere e organizzare tutto il materiale, tutti i dati di fatto che consentono ai rivoluzionari di tirar le lezioni. Il suo grande merito è questo e gliene va dato ampiamente atto.
M.(1) Si tratta di E.H. Carr, Le origini della pianificazione sovietica, IV, L'Unione Sovietica e la rivoluzione in Asia 1926-1929, Einaudi 1984.
(2) Cfr. Edward H. Carr, La rivoluzione bolscevica 1917-1923, Einaudi 1974, "Prefazione", pag. XI.
(3) Ibidem.
(4) Cfr. Le origini..., cit.
(5) Ibidem, pag. 372, 374.
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Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.
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