Riconferma dei problemi fondamentali

Appendice - Schema di mozione presentato dal C. E. al Consiglio Nazionale del Partito - 5 e 6 gennaio 1958

  1. Il partilo riafferma in questi termini le sue posizioni di principio: mentre rifiuta ogni formulazione umanistica del marxismo che adombra in ogni caso una tendenza all'idealismo e ai valori predominanti della personalità umana; mentre rifiuta l'opposta tendenza di ridurre il marxismo ad una insufficiente e unilaterale schematizzazione dei profondi e contradditori processi dell'economia, afferma che il materialismo dialettico è la dottrina vivente e insostituibile del proletariato che il partito condensa nella sua esperienza rivoluzionaria ed esprime nella elaborazione della sua piatta, forma teorica e rende sempre attuale ed operante attraverso una costante verificazione critica col corso degli avvenimenti.
    Il partito, come tale, opera da fattore condizionato e nel contempo condizionante nelle vicende della lotta operaia e giuoca il ruolo che il movimento di classe gli conferisce, nella misura che esso sa interpretare con chiarezza, precisione e responsabilità il vasto e a volte oscuro processo di elaborazione teorica man mano scaturito dal seno della sua secolare esperienza; nella misura che sa tradurre in termini di certezza scientifica il dinamismo che spinge il proletariato al raggiungimento dei suoi obbiettivi storici; nella misura infine che saprà far sua la tecnica della rivoluzione. Non è il partito che, quali che siano i legami con le masse operaie, fa la rivoluzione, ma storicamente è il proletariato che sotto lo stimolo e la guida del suo partito porta a compimento il suo compito di classe.
  2. L'interesse per le lotte operaie e per le organizzazioni sindacali che ne dovrebbero essere lo strumento, deve cessare di essere per il partito un semplice stato d'animo e una indicazione orientativa in tono più o meno accademico. Riconoscere che il proletariato è tenuto con tutti i mezzi in uno stato di quiete sociale; riconoscere che le tre Confederazioni, pur se divise dal punto di vista organico e funzionaristico, sono tuttavia solidali tra di loro nel mantenere sulle masse operaie la cappa di piombo del conformismo e della paura, ciò non vuoi dire che non esista margine sufficiente per una operante azione di classe nella fabbrica, nel sindacato e fuori del sindacato; ciò non vuoi dire che i rivoluzionari debbano far proprio il quietistico “niente da fare”, considerino il lavoro tra le masse come spregevole riformismo lasciando i lavoratori e la loro causa e le loro stesse agitazioni in balla della politica confederale e parlamentare.
    Sul piano della organizzazione sindacale il partito non è per la creazione a vuoto di nessun nuovo organismo ma sostiene la necessità di una corrente di unità rivoluzionaria che si strutturi sui posti di lavoro, e dentro il sindacato e fuori, che assuma di rappresentare: negli organi di fabbrica eletti dagli operai i loro interessi materiali, politici e morali, escludendo di accettare, perché estraneo agli obiettivi di classe, cariche di responsabilità negli organi, direttivi della Confederazione, qualunque ne sia il livello, i quali portano la responsabilità di una politica di capitolazione, di collaborazione e di pratica interclassista; responsabilità, soprattutto, di aver ridotto il sindacato a strumento di manovra nelle mani degli opposti imperialismi.
    Una opposizione rivoluzionaria alla politica sindacale presuppone una azione che si articoli anche nel sindacato e ciò sino a che la esistenza di tale organismo è storicamente giustificata dalla presenza in esso, anche se passiva, delle grandi masse lavoratrici.
    La soluzione di questo problema renderà possibile assicurare alle lotte del lavoro nesso unitario, guida e continuità soprattutto alle agitazioni spontanee che costituiscono la nota di rilievo e il più sano fermento di classe espressi dalle lotte operaie di quest'ultimo decennio.
  3. I Consigli Operai, dalla Rivoluzione, di Ottobre alle sanguinose giornate ungheresi, non sono mai stati il partito della classe operaia né possono sostituirlo, ed hanno dimostrato di non poterlo sostituire nel suo compito storico di custode ed elaboratore della dottrina rivoluzionaria, di organo unificatore delle spinte molteplici e contraddittorie che si producono nel grembo della classe operaia e di educatore dei quadri direttivi, selezionati nella tormenta delle lotte quotidiane.
    I Consigli Operai sono sorti come organi del potere nella fase incandescente dell'assalto rivoluzionario, particolarmente idonei a sensibilizzare tra le masse le parole d'ordine del partito, a tradurre nelle diverse situazioni e in termini di lotta l'esatta impostazione tattica e strategica della lotta rivoluzionaria.
    In questo senso minacciano di allontanarsi dalle premesse teoriche del marxismo-leninismo tutti coloro che per desiderio di novità dopo la tragica esperienza dello stalinismo, o per vezzo intellettualistico e un falso concetto della libertà e della democrazia ripropongono il problema, caro un tempo a certo ribellismo anarco-sindacalista, ai neo idealisti, richiamantisi, anch'essi, al marxismo, l'iniziativa d'una direzione dal basso delle masse tentando cosi di buttare a mare il ruolo storico del partito della classe operala.
  4. Nessuna discriminazione è possibile nei confronti dei nemici della classe operaia; per il partito rivoluzionario, sul piano storico come sul piano politico, il capitalismo è uno, solidale e internazionale e non accetta. quindi di considerare questo meno capitalismo di quello o viceversa quando la misura di giudizio è in ogni caso la loro distruzione rivoluzionaria.
    Il capitalismo russo vale esattamente quello americano; la politica imperialista nasce da una esigenza e pone problemi e prospetta so.luzioni e organizza guerre in modo sostanzialmente non dissimile dalla politica dell'imperialismo americano. C'è in ogni caso un solo capitalismo imperialista che il proletariato deve saper combattere con tutte le armi a sua disposizione, pena la sua esistenza come classe indipendente.
  5. L'epoca delle rivoluzioni nazionali è da tempo e definitivamente chiusa in Europa; le rivoluzioni nazionali dei Paesi afroasiatici che stanno svolgendosi nella presente fase storica, nel clima, cioè, delle guerre imperialiste e delle rivoluzioni proletarie, sono destinate a subire inevitabilmente l'attrazione verso i due poli opposti dell'imperialismo perdendo cosi ogni capacità di autonomia e di autodeterminazione.
    Con l'avvento dello stalinismo e l'instaurazione del capitalismo di Stato, la Russia ha perduto il ruolo, che la Rivoluzione di Ottobre gli aveva conferito, di centro mondiale antimperialista verso cui convergevano i moti dei popoli coloniali o semicoloniali in rivolta contro lo sfruttamento economico e politico dei Paesi colonizzatori.
    Con il crollo del primo Stato proletario si è dissolto il centro di polarizzazione di queste lotte ed ogni possibilità di potenziamento delle forze operaie e del contenuto di classe che le stesse rivoluzioni nazionali suscitano e portano inevitabilmente con loro.
    La rivolta dei popoli di colore delle zone afro-asiatiche nel momento che tendono ad indebolire uno dei fronti dell'imperialismo per rafforzarne l'altro, cessa per ciò stesso di costituire obiettivamente una rivolta contro il capitalismo imperialista preso nel suo insieme, in quanto forza di dominazione mondiale.
    Il problema strategico, affidato oggi dalla storia all'avanguardia rivoluzionaria, non consiste nel futile giuoco intellettualistico della discriminazione degli imperialismi in lotta, di aiutare o di “tifare” per le giovani forze del più recente capitalismo irrompenti sulla scena del mondo, che non consentirebbe di fare un passo innanzi né alle idee né alle forze della rivoluzione, ma finirebbe, favorendo anche soltanto teoricamente uno dei contendenti, per rafforzare l'imperialismo nel suo complesso, ma consiste nel lavorare in vista di una concreta iniziativa classista e rivoluzionaria del proletariato internazionale che convogli sul piano di classe anche le lotte dei popoli di colore, tenendo presente l'ammonimento di Lenin:

in quanto la borghesia della nazione oppressa difende il "proprio" nazionalismo borghese, noi siamo contro di essa.

il Comitato Esecutivo