Sui fatti di Macerata

A seguito della brutale uccisione di una ragazza italiana da parte di pusher nigeriani, mentre veniva messo in campo il solito copione mediatico teso ad accomunare i responsabili a tutti gli immigrati, tal Traini, già candidato locale per la Lega Nord, metteva in atto una rappresaglia in stile terroristico, sparando contro 6 cittadini africani e ferendoli in modo più o meno grave, rivendicando la tentata strage con tutto il proprio armamentario ideale fascio-razzista.

Da quegli eventi la “questione immigrazione” è ancora più divenuta il centro di uno scontro di posizioni inserite anche nello scorcio della campagna elettorale in corso.

A ciò si sono sommate prese di posizione che hanno denunciato la ripresa delle attività neofasciste in questa fase e le mobilitazioni che su questo terreno sono seguite, non prive di contraddizioni e sfilamenti dell'ultimo minuto dalle stesse.

Nell'ultimo numero di BC nel nostro articolo “Crisi, autoritarismo, neofascismo” analizzavamo genesi e proliferazione delle bande fasciste in questa fase .

Ma i fatti di Macerata mettono a nudo principalmente il punto focale intorno cui valutare gli eventi, il posizionamento delle forze politiche borghesi nonché il carattere della risposta che si è data sul terreno della mobilitazione reale, con lo strascico di problemi che l'hanno accompagnata.

Il punto focale da cui partire è quindi in maniera imprescindibile la natura delle politiche dello Stato rispetto agli interessi della borghesia dominante e il carattere delle risposte politiche che mette in campo per affrontare le contraddizione e i conflitti prodotti dalle sue stesse politiche nel campo delle relazioni sociali e di classe.

Nel concreto, si deve far riferimento a quelle politiche che hanno innalzato il livello di contenimento e risposta ai flussi migratori che giungevano in Europa .

Un processo che ha avuto il suo cardine nella progressiva militarizzazione dei flussi e della corrispettiva criminalizzazione della figura del migrante sul suolo patrio: dalla messa al bando delle navi delle ONG nel mar Mediterraneo, sostituendole con vedette armate, alla decretazione legislativa ad hoc in materia di immigrazione, ai fatti di Piazza Indipendenza a Roma, agli accordi con le bande che controllano il traffico di esseri umani in Libia, fino alla missione militare in Niger per spostare sempre più a sud il contrasto ai flussi migratori.

Politiche che in questa fase, per le modalità di dispiegamento e di gestione, hanno così assunto il carattere di una questione di “emergenza nazionale” cui far fronte, andando a riversarsi sul tessuto odierno delle relazioni sociali, nonché terreno di legittimazione e speculazione politica delle diverse forze politiche borghesi.

Su questo, come su altri interessi di fondo della borghesia, non ci possono essere deroghe, se non varianti sul tema che di fatto riaffermino, pur con accenti diversi, la necessità e l'indirizzo di fondo. E' un tema da “unità nazionale” su cui le diverse forze politiche borghesi sono chiamate a posizionarsi, pur nelle differenze di schieramento e a dispetto delle possibili contraddizioni interne (a dire il vero molto poche e di facciata) .

Al contempo, le possibili contraddizioni e le lacerazioni che queste politiche producono nel tessuto sociale, come i fatti di Macerata hanno messo in luce, devono essere ricomposte su un piano d'ordine funzionale alla pace sociale, quale condizione prioritaria su cui legittimare le politiche necessarie alle necessità borghesi, relativizzandone gli effetti sulla tenuta complessiva del sistema prodotta della messa in discussione delle stesse.

E' all'interno di questa “filosofia politica” che deve essere letto l'intervento a piè pari del Ministero dell'Interno sui fatti di Macerata. Sia nella gestione centralizzata di ciò che maturava sul campo, sia nell'intendimento di “abbassare i toni e la tensione”. Un intervento calibrato e dosato alla situazione e articolato alla natura delle diverse forze che all'indomani della tentata strage di Traini contro i 6 cittadini africani avevano dato il loro “assenso “ per partecipare ad una prima manifestazione di risposta .

Un intervento “persuasivo” verso le forze “responsabili” sia di natura associativa che sindacale, che di fatto è stato capace di “rompere il fronte avverso”, allo scopo di marginalizzare di fatto coloro che comunque avevano deciso di scendere in piazza lo stesso, aprendo la strada ad una “pressione intimidatoria” su cui imporre la propria gestione alla stessa mobilitazione sul terreno dell' “ordine pubblico”.

Per l'Anpi, la CGIL, Libera, quali forze para-istituzionali, lo sfilarsi dalla manifestazione di Macerata non solo è stata la riprova della propria collocazione nel sistema democratico-borghese, ma anche di come questa collocazione di fronte alle necessità della “ragion di Stato” ne faccia propri gli interessi e non ne metta in discussione le politiche fondamentali.

La manifestazione a Roma del 24 febbraio non solo è lontana dagli eventi, ma appare funzionale sia a ricucire gli strappi sul fronte interno, che a ricondurre e riassorbire le contraddizioni nel quadro delle compatibilità della dialettica democratico-borghese, funzione assicurata dalla stessa natura di queste forze.

Di tutti coloro che invece si sono fin da subito collocati sul terreno di una risposta immediata agli eventi di Macerata, molto spesso si vedono tutti i limiti che sul piano politico non riescono ad andare oltre ad una iniziativa che rimane prigioniera del terreno immediato di intervento (contro il neo fascismo, contro il razzismo) e quando assume una dimensione generale vuole anteporre all'attuale processo di ridefinizione autoritaria dello Stato borghese e delle relazioni sociali, un ritorno a formule riformiste più o meno radicali e/o democraticiste oramai morte e sepolte dalla crisi capitalistica .

Per noi lottare significa non solo schierarsi contro gli effetti più nefasti che producono le politiche borghesi sul piano della vita materiale e delle relazioni sociali e fra le stesse persone, ma significa inquadrare i problemi per quelli che sono: ovvero che il soddisfacimento di una vita migliore non potrà che passare tramite una alternativa radicale di superamento di questo sistema che produce solo barbarie, costruendo fin da subito la forza organizzata di classe in senso anticapitalista che realizzi questo compito, in una unità di intenti fra tutti i lavoratori di ogni provenienza, e sulla base dell'internazionalismo proletario.

EG
Domenica, February 18, 2018

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.