TAV: le ragioni per una opposizione proletaria

Se si dà uno sguardo alla busta paga salta subito all’occhio quanto siano aumentate le ritenute fiscali. Se per strada sui tabelloni dei benzinai si bada anche ai prezzi dei carburanti si finisce allora per farsi qualche domanda in più.

Che c’entra questo con la Tav? Beh, ci dicono di continuo che c’è un debito pubblico da risanare e la cosa ovviamente ricade sul mondo del lavoro dipendente. Quindi la cosa un po’ ci riguarda, trattandosi di noi. Di questa voragine nelle casse statali che tocca a noi - con le nostre trattenute - riempire, 44 miliardi sono soldi dirottati sulla costruzione della TAV. Se infine pensiamo all’utilità dell’opera e ai suoi costi, capiamo quanto oltre all’incazzatura dei valsusini dovrebbe marciare l’incazzatura di tutti i proletari. Infatti non si deve essere necessariamente un abitante di Chiomonte per opporsi a questa porcheria. Certo, un abitante della Valsusa vivendo sulla propria pelle la distruzione del territorio a tutto beneficio delle gang di speculatori che lo stanno depredando, ha qualche motivo in più per esserlo. Ma a pagare siamo tutti. Qualcuno ci può spiegare visto che la zona delle Alpi Occidentali è già attraversata da due collegamenti ferroviari statali, un’autostrada e una ferrovia internazionale peraltro utilizzata solo al 32%… che bisogno c’era di un’opera così colossale da fare impallidire le grandi opere del fascismo? Qualcuno ci può spiegare che bisogno c’era della TAV considerando a maggior ragione il fatto che sulla tratta internazionale già esistente lo stesso traffico merci è in calo?

Si tratta di un’opera inutile, che costa la bellezza di 20 miliardi: un solo km di TAV viene a costare infatti 120 milioni di euro. Senza contare i danni alla salute e all’ambiente che derivano dal perforamento dei rilievi entro i quali passano le gallerie, con conseguente fuoriuscita di materiale altamente cancerogeno come l’amianto. L’atteggiamento che i governi prima di centrosinistra, poi di centrodestra, hanno dimostrato nei confronti delle proteste contro la TAV è assolutamente bipartisan, anzi tripartisan se consideriamo il governo tecnico attuale: delle vostre opinioni ce ne freghiamo, la TAV si deve fare e si farà. Questa è la lampante dimostrazione di come, quando c’è da difendere il profitto di costruttori, appaltatori, avvoltoi vari, e da difendere la logica capitalistica che è intrinseca alla libera circolazione delle merci, il capitalismo stesso non guarda in faccia a nessuno.

Poco importa questa volta allo Stato se il movimento NO TAV trae maggior consistenza numerica dall’essere un movimento interclassista, che abbraccia cioè cittadini di ogni ceto sociale. Anzi, quando c'è da servirsi come capro espiatorio dei cosiddetti “violenti” (verrebbe da chiedersi se quelli in nero o quelli in blu) a essere criminalizzato è l’intero movimento, nonostante i tentativi un po’ paraculi da parte dei media di sottolinearne anche la componente pacifica e non violenta.

Il concetto che si vuol far passare, al di là della distinzione buoni/cattivi, è lo stesso: “Ma questi dicono sempre NO a tutto?”. I soliti nemici del progresso, ‘sti comunisti. In realtà le forze politiche che hanno appoggiato il fronte NO TAV sono ridotte a quello che resta della cosiddetta sinistra radicale. La CGIL invece si è ovviamente accodata al PD nella difesa della necessità della TAV. Camusso è arrivata a difenderne l’utilità in quanto creatrice di occupazione e calamita di investimenti, attirandosi anche l’applauso del governatore leghista del Piemonte, Cota. Proprio bipartisan, come dicevamo.

In tutto ciò lo Stato ha scatenato contro i dimostranti tutto il suo massiccio apparato repressivo. E del resto c’è poco da fare. Si sarà sempre carne da manganello inutilmente se non si fa il salto di qualità del passaggio dalle rivendicazioni interclassiste alla denuncia anticapitalistica. Infatti al di là dei soggetti colpiti (l’amianto ad esempio lo respirano tutti i valsusini e non solo i proletari), bisogna sottolineare come all’origine delle grandi opere - inutili, costose e dannose per l’ambiente - ci sia il modo di produzione capitalistico, che pone al di sopra di tutto il profitto. Un capitalismo che rispetti gli interessi delle "comunità", del territorio e dell’ambiente, e faccia un passo indietro arrendendosi ogni volta che una mobilitazione si pone contro i suoi disegni? Non facciamoci illusioni! Può succedere, questo sì, ma a prezzo di lotte durissime e non è detto che sia la regola, anzi di questi tempi è tanto dire che è l’eccezione.

Questo però non vuol dire arrenderci e lasciargliela passare liscia. Anzi, bisogna continuare a opporsi con tutte le forze a progetti come quello della TAV! Ma solo in un mondo liberato dal capitale e dal profitto, sarà possibile un progresso compatibile con gli interessi di tutti e non solo di una minoranza. Bisogna però che il proletariato si metta alla testa delle lotte che riguardano il territorio e l’ambiente in cui vive, pur non riguardandolo specificatamente come classe. E bisogna anche che in queste lotte sia presente, e si rafforzi numericamente e politicamente, un’avanguardia che non si limiti alle rivendicazioni economiche, ma che faccia capire al proletariato quanto - al di la della singola sconfitta o della singola vittoria di queste - il superamento del capitalismo sia necessario e possibile.

IB
Venerdì, March 23, 2012