Grecia: tempesta finanziaria e scosse sociali

Continuamente declassati dalle agenzie di rating, i debiti di Grecia (ma anche di Portogallo, Irlanda e Spagna) sono da tempo nell’occhio di un tempesta finanziaria di grosse proporzioni. Lo scenario è quello di un possibile e annunciato crac che contagerebbe tutto il sistema europeo: siamo alla tripla “C” e mancano solo cinque gradini dalla “D”, cioè dal default totale. Quanto al quadro sociale, reale e molto concreto, ovunque si inaspriscono le disuguaglianze, il degrado e l’annullamento di quei minimi servizi sociali o pubblici che la borghesia aveva concesso in cambio di un intensivo sfruttamento della forza-lavoro.

E’ certamente incontestabile il pericolo di un nuovo collasso della intera stabilità del settore finanziario-area dell’euro. Finanze pubbliche e sistemi bancari sono in forte fibrillazione. Gli istituti di credito francesi sono particolarmente esposti (circa 40 miliardi di euro; le banche tedesche con 24 miliardi) di fronte al debito greco, che per il 40% è in mano alle banche greche e per il 60% alle banche europee.

UE, BCE e FMI chiedono al governo di Atene, in cambio di un loro aiuto, ben 28 miliardi di tagli come anticipo di una pretesa totale di almeno 100 miliardi di... sforbiciate. Dopo le forti tensioni dentro la stessa maggioranza, pare che il governo accetterà una volta di più quelle ingiunzioni. Nuove tasse e massicci licenziamenti nei settori pubblici, mentre il tasso “ufficiale” della disoccupazione è già al 16% e il Pil sta scendendo di un ulteriore 3%. Questo mentre la temperatura del clima sociale si surriscalda di giorno in giorno; i soliti “scalmanati” scendono in piazza, le tensioni e gli incidenti si diffondono e gli scontri dei proletari - giovani in prima fila - con la polizia greca (che, come in ogni Stato che si rispetti, non risparmia violenza e brutalità) si intensificano.

Cartoline da Atene: “rivoluzione o barbarie” non è più solo un modo di dire

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Siamo stati ad Atene all’inizio di Giugno. Non molti giorni, giusto il tempo per osservare quello che stava accadendo e per iniziare a percepire una realtà difficilmente immaginabile dall’Italia. Certo le notizie che arrivano dalla Grecia sono molte: la crisi economica, i conti pubblici falsificati e il rischio di bancarotta dello Stato, le conseguenti misure di austerità, il taglio alle pensioni ed ai salari, la nuova “tassa sul macinato”, la disoccupazione in crescita esponenziale, la ristrutturazione del debito, le manifestazioni di protesta…gli scontri in piazza. Tutte notizie che arrivano in versione più o meno edulcorata che vuole dare l’idea di una situazione molto grave, ma ancora recuperabile. Quello che emerge è un quadro in cui l’Europa e le istituzioni finanziarie internazionali potrebbero ancora salvare la Grecia dal fallimento. Quel che è certo è che questo “tentativo di salvataggio” dovrà essere sostenuto da un ulteriore appesantimento della politica di sacrifici già in atto da mesi.

Questa è la realtà che la borghesia internazionale ci sta presentando ogni giorno, peccato che gli ateniesi, che da settimane presidiano notte e giorno il parlamento, dormendo accampati in tende piantate nelle aiuole a Syntagma, non la vedano esattamente così…I pesanti sacrifici ci sono già stati, sono state tagliate le pensioni, sono state aggiunte tasse ai salari dei lavoratori, tredicesima e quattordicesima sono state incamerate dallo Stato, ma tutto questo non è bastato. Incombe ora una nuova ristrutturazione del debito pubblico: cioè una dilazione nei pagamenti garantita però dalla svendita dei beni pubblici e da ulteriori misure di austerità. Proprio la cessione ai creditori stranieri dei beni pubblici, unita a questa nuova tassa sul macinato rappresentata dall’aumento dell’iva sui prodotti alimentari prima al 13% ed ora al 23%, ha scatenato l’ultima ondata di lotte che sta avendo luogo in queste settimane. Tutto questo in un contesto che non lascia speranze ai lavoratori greci, e che spesso porta i giovani ad emigrare o anche a ritornare alle campagne, cioè ad una misera vita di sussistenza agricola. Con un tasso di disoccupazione ufficiale al 16%, quello giovanile che nell’ultimo anno è passato dal 24% a quasi il 31%, e con un crollo continuo del prodotto interno lordo, l’idea borghese di una soluzione individuale alle difficoltà imposte dalla crisi economica sta via via perdendo ogni presa sui lavoratori greci.

Il presidio continuo di fronte al parlamento con migliaia di persone che notte e giorno si avvicendano per incontrarsi, discutere ed elaborare un’azione di lotta determinata non è che l’esempio più evidente. In tutta la città si vedono manifestazioni ed in ogni cafeteria o bar si discute della situazione: chi in modo più consapevole, chi attaccando semplicemente la corruzione dei politici (italiani e greci una faccia una razza…), tutti cercano ci muoversi e di organizzarsi collettivamente. Certo, si parla di un movimento chiaramente interclassista, anche la piccola borghesia greca sta infatti subendo un netto peggioramento delle proprie condizioni di vita (si parla di un calo del 55% del fatturato del commercio) e non sta certo in casa fiduciosa nell’azione di governo.

La cosa che spicca di più è proprio la volontà dei lavoratori greci di riprendere in mano la lotta direttamente senza più seguire le direttive di sindacati e partiti ormai troppo compromessi con la gestione dello stato. Se da un lato è vero che sono i principali sindacati a proclamare gli scioperi, dall’altro è evidente come questo sia fatto solo per rincorrere la massa dei lavoratori che autonomamente sta continuando al lottare e che rifiuta il cappello sia delle organizzazioni sindacali sia dei partiti di sinistra. Lo stesso partito comunista viene visto come un antagonista, le sue bandiere non sono accettate dai manifestanti, il suo appoggio allo stato borghese è troppo evidente. A Syntagma non si vedono le bandiere dei partiti istituzionali, ci sono decine di striscioni che chiedono democrazia diretta, che denunciano i crimini del governo, che incitano in varie lingue i lavoratori e gli indignati degli altri paesi e reagire.

Questa è la piazza di Atene, migliaia di persone che non si vedono più solo attraverso le lenti deformanti dell’individualismo borghese, migliaia di persone che cercano di resistere, che vogliono un cambiamento che non accettano la vita di asservimento e di povertà che il capitalismo in crisi sta prospettando loro. Sono lavoratori, giovani disoccupati e pensionati: ci sono evidentemente molti esponenti di gruppi politici di ispirazione marxista ed anarchica, ci sono molti reduci delle lotta contro la dittatura fascista, ci sono musicisti ottantenni che capeggiano con forza le manifestazioni… c’è il proletariato che semplicemente lotta senza concedere sconti al governo borghese del socialista Papandreu.

Quello che non siamo riusciti a capire se c’è o anche solo se si sta formando un’organizzazione capace di far crescere le lotte, gli scioperi verso l’idea di una vera alternativa al sistema. La vitalità e la grande determinazione della gente di Syntagma ci fanno sperare che un’organizzazione realmente rivoluzionaria possa nascere e forgiarsi nella lotta di questi mesi, appropriandosi di e inserendosi nel solco teorico-politico del quale noi siamo parte. Lo speriamo ardentemente, perché potrà essere lo strumento chiave per non cadere nella barbarie del capitalismo e non solo in Grecia.

Tom

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.