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Home ›Lettera ai compagni onesti della "sinistra radicale"
Abbiamo ricevuto, da parte di un gruppo di nostri simpatizzanti, un appello (che di seguito pubblichiamo e che assieme a loro distribuiamo). Questi compagni intendono rivolgersi a tutti i proletari - e ai generosi sinceri militanti - che in questi ultimi anni hanno continuato ad affidare le proprie speranze di riscatto - e le proprie forze - ai partiti della cosiddetta “sinistra radicale”. Le elezioni regionali hanno segnato una pesante sconfitta per i partiti istituzionali che si collocano alla sinistra del PD. Speriamo che questo episodio possa finalmente far aprire gli occhi a tutti quegli onesti compagni che hanno continuato a credere in questi partiti vedendoli come un possibile strumento di lotta alle politiche antiproletarie dei diversi governi, se non anche come una realtà attraverso la quale poter costruire una alternativa alla barbarie verso la quale il capitalismo ci sta trascinando. Questi partiti sono concretamente inutili, inutili per il proletariato, inutili per il programma del comunismo rivoluzionario e lo sono non semplicemente per l’incapacità di questo o quel dirigente ma per la propria natura politica. Sono dei partiti borghesi, borghesi per la loro provenienza stalinista e soprattutto per quello che propongono. Questi partiti non sono mai stati portatori di una reale alternativa a questo sistema ma - nel migliore dei casi - solo di una impossibile cura riformista. Compagni aprite gli occhi, impegnate le vostre energie per una vera attività rivoluzionaria…
Cari compagni,
le ultime elezioni regionali segnano la scomparsa pressoché definitiva della “sinistra radicale” che voi avete sostenuto e nella quale avete militato.
Il fatto apparentemente più paradossale è che ciò avviene mentre comincia a manifestarsi la ricerca di una alternativa tra i salariati, le famiglie in disagio, i giovani disoccupati, i lavoratori precari, i pensionati, ecc. che vedono le loro esistenze ridotte alla pura sussistenza a causa della crisi devastante ed infinita che attraversa l’assetto capitalistico mondiale. Ma questa scomparsa non avviene per l’ingiustizia di un destino “cinico e baro”: tutto ciò è il risultato di precise posizioni politiche, le stesse che hanno portato la sinistra ad essere supporto e complice di un sistema politico degenerato la cui finalità è pur sempre lo sfruttamento di classe.
Ma se scompare quello che noi pensiamo sia stato un dannoso errore, non sono affatto scomparse le ragioni che hanno spinto tanti di voi, in onestà e buona fede, a sostenere ciò che pensavate fosse giusto e che si è rivelato invece un fallimento. Non è affatto il momento del pessimismo, al contrario; le ragioni dell’ottimismo sono risposte nella ripresa della dinamica proletaria che comincia ad affiorare dal crogiolo della crisi e che non è traducibile nel computo dei voti a partiti la cui politica si è rivelata obiettivamente contro gli interessi dei proletari.
Se volessimo cercare uno dei singoli eventi che hanno evidenziato maggiormente l’agonia della “sinistra radicale”, potremmo ricordare il 20 ottobre 2007, giorno della manifestazione a Roma contro il precariato, in cui ci fu una consistente partecipazione proletaria. Tra gli altri, il “compagno” Dilberto mancò di coglierne la componente classista, del resto antitetica rispetto al programma borghese della sua parte politica. E infatti due giorni dopo alla TV si pronunciò così: “Prima il debito pubblico, poi le riforme.”
Il controllo del debito pubblico - ossia la garanzia di affidabilità dei conti dello Stato borghese e la garanzia di remunerazione del capitale finanziario internazionale - e i profitti del capitale industriale - privato o pubblico - sono sempre stati una priorità ineludibile della sinistra, come della destra borghese. Queste esigenze del capitale sono inasprite dalla crisi apertasi negli anni 1970, una crisi che come quelle precedenti richiede ai capitalisti investimenti in macchinari sempre maggiori per ottenere profitti che inevitabilmente si assottigliano. Se, infatti, nel breve periodo, una delle principali controtendenze che i diversi capitali possono applicare alla crisi è l’aumento della produttività, tuttavia questa alla fine si risolve in un minore impiego di lavoratori, che soli producono il valore, e quindi il problema non può che ripresentarsi su scala allargata. Le uniche vie d’uscita capitalistiche alla crisi sono l'intensificazione dello sfruttamento in misura proporzionalmente superiore all'eventuale innalzamento della composizione organica del capitale, e la distruzione catastrofica del capitale medesimo, come è avvenuto durante la Prima e soprattutto la Seconda Guerra Mondiale. La soluzione per il proletariato, per non pagare ancora una volta il prezzo delle contraddizioni insanabili del sistema capitalistico, è invece quella di prendere direttamente in mano le redini della società, liberandosi della proprietà privata o statale dei mezzi di produzione, del mercato, del profitto, dello sfruttamento del lavoro salariato.
Dalla sinistra “radicale” - che invece ha una prospettiva tutta interna a questo sistema di produzione - non ci si poteva aspettare altro che una partecipazione attiva all’aumento dello sfruttamento imposto dal governo Prodi, un governo che come tutti i governi borghesi aveva come priorità la difesa del profitto industriale e della rendita finanziaria. E proprio perciò ha dovuto acconsentire ai meccanismi di iper-sfruttamento del lavoro salariato in quanto i proventi dello Stato, che secondo le false promesse della dirigenza della sinistra borghese dovevano servire a costruire welfare per i giovani precari, sono andati nel sacco degli industriali e delle banche col suo consenso. È solo l’ennesimo esempio a dimostrazione del fatto che la sinistra è di fatto ed inevitabilmente un’agenzia della politica borghese.
Se andate a verificare dove questa sinistra ha progressivamente perduto consensi vi accorgerete che si tratta dei grandi raggruppamenti proletari, le periferie urbane, i distretti industriali dove vi sono stati anche fenomeni molto estesi di astensione al voto. La “sinistra radicale” è stata respinta proprio in questi raggruppamenti dove i proletari le hanno negato il voto che invece prima le davano. È stato il proletariato stesso a liquidarla, a liberarsene come di un fastidioso parassita che sfruttava i suoi disagi ed i suoi problemi. I numeri e la localizzazione del voto dicono questo.
In tutto ciò che essa rappresentava riconosciamo un solo elemento positivo: uno solo, ma importantissimo, ed è la vostra personale onestà morale e politica, il generoso disinteresse con cui l’avete sostenuta credendo di sostenere una ipotesi politica alternativa. E questo elemento non deve essere disperso perché è un valore proletario, il valore delle persone i cui sentimenti sono rivolti alla nostra gente, al proletariato.
Il danno più grave che il proletariato può ricevere dalla vicenda scellerata della “sinistra radicale” è la demoralizzazione dei compagni, il fatto che tanti compagni leali e generosi decidano di ritirarsi o possano cedere le loro posizioni di principio migrando in altri partiti borghesi (come stanno facendo moltissimi dirigenti della “sinistra radicale”).
Noi vi chiediamo di non sottovalutare la vostra importanza, la vostra funzione, il contributo importante che potete ancora dare alla lotta sociale che, a causa della crisi, inevitabilmente si produrrà. E vi chiediamo di considerare che anche una politica sbagliata insegna qualcosa di utile.
Noi pensiamo che la crisi stia mettendo fine alle illusioni riformiste, ma che non sarà possibile superarle senza che vi sia un “fattore attivo” in grado di chiarire la necessità di superare il capitalismo che sta fallendo e che perciò distrugge l’esistenza degli uomini insieme a quella del pianeta su cui siamo.
Un grande comunista ha scritto che i comunisti hanno:
“il compito di introdurre nel proletariato la coscienza della sua situazione e della sua missione [... ed ancora] gli elementi formativi della coscienza di classe hanno la loro matrice storica nella classe lavoratrice [... e] si riflettono volta a volta nel cervello di alcuni uomini, come in un laboratorio di sistemazione scientifica, per ritornare quindi alla classe per aiutarla e far sua questa “coscienza del fine” in modo sempre più chiaro e distinto.” (Onorato Damen)
È ancora questo il lavoro da fare, il nostro compito, fuori da ogni illusione riformista ed elettoralistica, fuori e contro la politica borghese. E per fare questo lavoro indispensabile di organizzazione in partito dell’avanguardia rivoluzionaria della classe lavoratrice occorrono tutte le energie sane e sincere di noi e voi, compagni, che dobbiamo ricominciare a discutere di una vera e radicale alternativa al capitalismo - sia al capitalismo in veste privata e liberista, che al capitalismo di Stato che c’era nei paesi dell’est, ugualmente fondato sullo sfruttamento.
La sconfitta della “sinistra radicale” non è la vostra sconfitta: sono più forti e più giuste che mai le ragioni per le quali avete voluto impegnarvi nell’attività politica. Se muore una cosa sbagliata è un bene, non un male.
2010-04-28Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
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