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Home ›Tra i rottami della “sinistra radicale”
A proposito delle ultime elezioni europee
In un articolo apparso su Battaglia nell’aprile dell’anno scorso (Spacciatori di illusioni, BC 4 2008), a ridosso delle elezioni politiche che hanno portato al governo la banda Berlusconi, notavamo che una delle ricorrenti critiche che ci è sempre stata mossa dai militanti di base della cosiddetta “sinistra radicale” parlamentare, ossia quella di essere degli inguaribili settari, perdeva inevitabilmente la sua forza polemica, vista la presenza di ben cinque formazioni diverse che si richiamavano, per lo meno nel simbolo e nel nome, al comunismo (Rifondazione, PdCI, PCL, PdAC e Sinistra Critica).
A conclusione delle elezioni europee di quest’anno possiamo aggiungere che si sgretola anche un’altra delle accuse più gettonate nei nostri confronti da chi ha sempre praticato la via parlamentare al socialismo (si fa per dire), cioè quella di essere troppo astratti e dottrinari e poco concreti. Ora, risulta davvero molto difficile scorgere anche un solo briciolo di concretezza - foss’anche di marca elettorale - nelle due principali formazioni alla sinistra del PD (Sinistra e Libertà e Lista Anticapitalista) che si presentano separate e rimangono entrambe fuori dal parlamento europeo con il 3,1% dei voti l’una e il 3,4% l’altra, e non superando così lo sbarramento - made in Veltroni - del 4%.
Ancora una volta la domanda è: ci sono o ci fanno? Qual è insomma il ruolo concreto di questa sinistra, se non quello di continuare a illudere i lavoratori, gli operai, i precari, i giovani con un futuro oscuro ed incerto, che sia possibile cambiare in meglio la loro condizione di vita attraverso il circo elettorale e la pseudo-democrazia dei parlamenti?
E d’altra parte cosa dovevano aspettarsi? I due anni di governo Prodi - che loro hanno sorretto fino all’ultimo - nella memoria di tanti lavoratori sono ancora freschi. Dicevano che avrebbero eliminato la precarietà: non lo hanno fatto. Dicevano che avrebbero sostenuto i salari operai: non lo hanno fatto. Dicevano che avrebbero tolto la legge razzista Bossi-Fini: non lo hanno fatto. La loro occasione per fare qualcosa di concreto in parlamento ce l’hanno avuta. E i risultati si sono visti.
Un altro dato importante di queste elezioni è la crescita dell’astensionismo, sia in Europa che in Italia. In Europa l’astensione ha raggiunto il suo record: l’affluenza è stata infatti del 43,09%, arenandosi al minimo storico da quando si vota per eleggere i rappresentanti a Bruxelles. Cala la partecipazione anche in Italia, che si attesta al 66,46%, cinque punti in meno rispetto alle tornata elettorale del 2004, quando l’affluenza era stata del 71,72%.
Avanza la crisi, e avanza sempre di più la sfiducia verso le istituzioni politiche della borghesia, e di per sé questo dato è un bene, perché è la condizione necessaria affinché maturi, nella coscienza della classe lavoratrice, la consapevolezza che per migliorare concretamente e radicalmente le proprie condizioni di vita bisogna farla finita con i teatrini elettorali e intraprendere finalmente un percorso anticapitalista. Ma non è certo condizione sufficiente, poiché non basta rifiutarsi di prendere parte alla farsa della democrazia borghese tutta giocata sul populismo, le false promesse e il controllo dei mass media, bisogna anche impegnarsi sul terreno quotidiano della lotta di classe e su quello della costituzione di un forte partito che si ponga fuori e contro i meccanismi e i riti di legittimazione dello stato borghese, e che sappia essere guida rivoluzionaria verso la società comunista.
Un dato assolutamente negativo di queste elezioni è invece l’avanzata della Lega, che raggiunge il 9% dei voti a livello nazionale e che tocca il 19,4% nelle circoscrizioni del Nord. La Lega, infatti, raccoglie molti voti fra quegli operai e proletari che, traditi e abbandonati da tutta la sinistra dell’arco istituzionale, si fanno sempre più attrarre dalle nefaste sirene di chi inietta il veleno ideologico della xenofobia e del razzismo e fomenta così la guerra fra poveri, ossia il miglior antidoto, specialmente in un periodo di crisi montante come l’attuale, contro la lotta di classe. Di questo successo bisogna ringraziare anche quella sinistra che, in questi anni, ha cercato di contrastare il razzismo strisciante nella società non con l’appello concreto e internazionalista all’unità di tutti i lavoratori contro il capitalismo, ma con richiami moraleggianti a una generica fratellanza, che può andar bene per i “compagni” da salotto ma non certo per una classe lavoratrice sempre più smembrata e impoverita.
Fra il campo di rovine della “sinistra radicale” e le camicie verdi che abbaiano i loro slogan anti-operai, è dunque tempo che gli internazionalisti si facciano sentire.
GS
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
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