Il capitalismo non ha futuro

È ora di dire basta ai sacrifici - Organizziamoci e lottiamo per un mondo migliore!

Documento del BIPR per il Primo Maggio 2009

Questa è la loro crisi

Questo Primo Maggio giunge in un momento di drammatica crisi della classe operaia mondiale. In appena tre mesi, 50 milioni di persone hanno perso il lavoro in tutto il mondo. Negli USA 32,2 milioni di persone, cioè oltre il 10% della popolazione, stanno ricevendo tessere per il cibo (del valore di 83$, o 62€, al mese). Questa non è solo una crisi del capitalismo deregolamentato, ma è la più profonda crisi del capitalismo dalla fine della seconda guerra mondiale: esplosa sul terreno della speculazione finanziaria, ha e avrà ricadute pesantissime sull'economia reale da cui è nata.

Infatti, per cercare di contrastare la caduta dei saggi del profitto, da almeno trent'anni i capitalisti percorrono due strade. Da una parte, hanno dato un impulso gigantesco alla speculazione finanziaria, al parassitismo, al debito di Stati e famiglie, con la speranza - assurda - che si potesse non solo fare denaro, ma addirittura allontanare il fantasma della crisi indipendentemente dalla concreta produzione di merci, tramite i giochi di prestigio della finanza truffaldina. Dall'altra, hanno enormemente aumentato lo sfruttamento della classe operaia - e del lavoro dipendente in generale - mettendo in concorrenza al ribasso il proletariato mondiale, compresi strati di forza-lavoro altamente qualificata che, un tempo, credeva di essere - e in parte lo era - al riparo dagli attacchi feroci del capitale.

I sacrifici non salveranno posti di lavoro

Delocalizzazioni, abbassamento del salario, intensificazione dei ritmi di lavoro, allungamento della giornata lavorativa anche nelle cittadelle del capitalismo “avanzato”, furto del salario indiretto e differito (stato sociale, welfare state) là dove esiste, precarizzazione accelerata della forza-lavoro (di tutti i settori) al fine di renderla totalmente funzionale e sottomessa alle esigenze di profitto delle imprese, costrette ad affrontare una concorrenza mondiale sempre più aspra. Tuttavia, questo non è bastato a impedire l'esplosione della crisi con le sue drammatiche e inevitabili conseguenze: milioni di persone che hanno perso o rischiano di perdere la casa, sottoccupazione (lavoro nero o lavoro part-time imposto contro la volontà del lavoratore) e disoccupazione dilaganti, caduta verticale dei salari, appena attenuata dai residui di stato sociale là dove esistono ancora. Lo spettro della fame o di non arrivare alla fine del mese non sono più una triste prerogativa dei paesi “in via di sviluppo” e dell'ex blocco sovietico.

Ma mentre i governi hanno dato e daranno montagne di soldi ai finanzieri e agli industriali, per i lavoratori, per gli strati sociali più bassi ci saranno solo elemosine, dirette a prevenire lo scoppio della lotta di classe proletaria: il grande assente, finora.

Sindacati e riformisti contro il lavoro salariato

Infatti, ridotte le grandi concentrazioni operaie (in “Occidente), “messi all'angolo” da anni di attacchi crescenti, storditi da una martellante campagna ideologica sull'impossibilità di un'alternativa al capitalismo, “drogati” da decenni di consumismo (nelle “metropoli”) e, non certo da ultimo, anestetizzati da sindacati per lo più complici dei padroni, i lavoratori hanno sostanzialmente subito, senza rispondere adeguatamente, al di là di poche, benché luminose, eccezioni.

Invece, il sindacalismo che si pretende alternativo ha dimostrato la sua impotenza, non solo a migliorare le condizioni dei lavoratori, ma nemmeno a contrastare l'aggressione del padronato e dei suoi governi, perché, in ultima analisi, accetta le regole del gioco imposte dal nemico di classe. È la stessa impotenza che caratterizza tutto lo schieramento radical-riformista, dentro e fuori i parlamenti (da Socialist Worker in Gran Bretagna, a Linkspartei in Germania e Rifondazione Comunista in Italia).

Dobbiamo affidarci solo alle nostre organizzazioni

Dunque, la crisi sottolinea ancor di più la necessità che il mondo del lavoro salariato/dipendente, se vuole almeno cominciare a difendersi, dia vita a lotte dal basso che travolgano i reticolati stesi dai sindacati a protezione della borghesia, che scavalchino le leggi anti-sciopero imposte ovunque; lotte che vadano al di là delle artificiali divisioni di categoria e di nazionalità, che si estendano sul territorio, che creino propri organismi autonomi per indirizzare il conflitto di classe all’attacco dei veri nemici dei lavoratori, i padroni e i loro tirapiedi.

Questo è il primo passo, necessario ma non sufficiente. L'altro è che tali lotte diano fiato e gambe all'organizzazione rivoluzionaria che unifichi politicamente queste lotte, che dia loro una coerente prospettiva di superamento del capitalismo. Nel far questo, sarà necessario creare un partito internazionale che sia riconosciuto come un indispensabile strumento politico per gettare il sistema capitalistico, con tutti i suoi orrori, nella pattumiera della storia: la predazione/devastazione delle risorse ambientali, la guerra imperialista - che nessuna intesa, nessun summit tra “grandi” può eliminare - la miseria e la barbarie sociale crescenti lo impongono.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.