Una nuova scuola

Per un mondo di uomini pari e liberi fra uomini pari e liberi

In ogni società divisa in classi come quella attuale, la classe dominante ha sempre negato a quelle sottomesse e sfruttate il diritto all’istruzione e allo studio e quando lo ha concesso lo ha fatto soltanto perché ciò corrispondeva ai suoi interessi.

Finché nella produzione delle merci sono state utilizzate tecniche semplici e facili da apprendere anche senza una precedente formazione scolastica, la borghesia ha negato ai lavoratori perfino il diritto all’alfabetizzazione. In Italia, all’indomani della seconda guerra mondiale, più del 60% dell’intera popolazione e circa l’80% dei lavoratori erano analfabeti.

Soltanto nella seconda metà degli anni 1960, quando la crescita della grande industria e dei consumi di massa l’hanno reso necessario, l’accesso all’istruzione è stato facilitato e la scuola pubblica aperta anche ai figli dei lavoratori (scuola media unificata, liberalizzazione degli accessi universitari, presalario, basse tasse scolastiche ecc. ecc.).

Nel corso del tempo, l’introduzione della microelettronica nei processi produttivi ha reso possibile che mansioni prima molto complesse e specialistiche potessero essere svolte da chiunque sapesse appena leggere e scrivere, conoscesse i numeri da uno dieci e qualche frase d’inglese.

In conseguenza di ciò la scuola di massa per la borghesia è divenuta obsoleta e inutilmente costosa e il suo progressivo svuotamento si è reso ineluttabile.

La riforma Berlinguer, quella Moratti e quella Fioroni sono state le tappe principali di questo processo e la riforma Gelmini lo porta a definitivo compimento.

In estrema sintesi la riforma della ministra Gelmini prende atto che una scuola con scarse strutture e pochi insegnanti mal pagati è più che sufficiente per insegnare un po’ di inglese, i numeri da uno a dieci e a saper leggere e scrivere e infatti a scrivere la riforma non sono stati esperti pedagogisti né la ministra Gelmini ma quello dell’Economia Tremonti.

Costretto dall’incalzare di una crisi economica senza precedenti a tagliare le “spese improduttive” egli ha ridotto quelle per la pubblica istruzione per ben 8 miliardi di euro. Ha così recuperato risorse da destinare al finanziamento del sistema bancario e ridotto la scuola pubblica a una semplice appendice del sistema delle imprese.

Il grembiule, il ripristino del voto in condotta, l’incremento del numero degli alunni per ogni aula, la nuova organizzazione dell’orario scolastico, il completo svuotamento dei percorsi di formazione umanistica e il taglio di 80 mila posti di lavoro in cinque anni mirano a fare di quel che resta della scuola pubblica una palestra per preparare i giovani proletari all’ingresso in un mondo del lavoro fatto di supersfruttamento, precarietà, basso salario e la più totale subordinazione degli uomini alle macchine.

Una scuola fatta su misura per soddisfare le esigenze di un capitalismo in profonda crisi che per sopravvivere ha bisogno soprattutto di forza-lavoro dequalificata e a basso costo e di non disperdere neppure una briciola della ricchezza prodotta in spese ormai superflue come quelle per l’istruzione di massa. Insomma: una scuola che insegni ai giovani proletari a farsi docili robot al servizio del capitale.

Lottare contro questa riforma per una scuola finalizzata a offrire pari opportunità di formazione a tutti è un preciso dovere di tutti gli studenti e giovani proletari così come degli insegnanti e di tutti i lavoratori che, in virtù della stessa logica per cui si smantella la scuola pubblica, sono sottoposti a un feroce attacco alle loro condizioni di vita: i licenziamenti di massa, la riduzione dei salari e degli stipendi sono divenuti pane quotidiano.

Lottiamo per un’altra scuola e un altro mondo un mondo di uomini pari fra pari, liberi fra liberi, degli uomini per gli uomini! Contro la barbarie e per il Socialismo!

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.