Pomigliano: la Fiom denuncia otto operai, la Fiat ringrazia e li licenzia

Il 14 Febbraio 2006 i circa duemila lavoratori radunati, in assemblea sindacale, nel piazzale della FIAT auto di Pomigliano esprimono il loro malcontento verso l’ennesimo contratto-bidone firmato dai confederali. Inizia una forte contestazione, seguita dal lancio di uova al relatore sindacale che è costretto ad abbandonare l’assemblea tra i fischi della folla inferocita.

La reazione sindacale non si fa attendere.

Viene sporta immediatamente denuncia. Nel giro di tre giorni otto lavoratori vengono licenziati dalla dirigenza FIAT in seguito a questa denuncia della FIOM. Secondo il sindacato gli otto “capeggiavano [la contestazione] con corpi contundenti e spranghe di ferro” ovvero... con lancio di uova e possesso di aste di bandiera. Come è stato possibile individuare solo otto lavoratori in un’assemblea di più di duemila operai? Semplice, sono stati denunciati gli otto lavoratori maggiormente impegnati nella quotidiana difesa degli interessi dei lavoratori in fabbrica e nella denuncia del ruolo anti-operaio della FIOM, indipendentemente dal ruolo da loro realmente ricoperto nella contestazione del 14 febbraio.

Il processo fa il suo corso ed al primo grado di giudizio gli otto vengono assolti. Il 6 giugno 2006 vengono reintegrati nel posto di lavoro. Nel frattempo nessun sindacato né di base, né confederale, ha dichiarato nemmeno 10 minuti di sciopero per i licenziati. Non solo, ma la FIOM si è fatta forte di quanto accaduto per tenere sotto scacco la fabbrica intera: per mesi chiunque alzava la testa era avvicinato e minacciato: “abbiamo riconosciuto anche te tra i contestatori, o righi dritto o vieni licenziato”.

Al rientro i lavoratori licenziati vengono scaricati anche dallo SLAI-cobas, il quale li accusa di frazionismo, tradi-mento, furto... il tutto perché la parte più cosciente di questi lavoratori non si accontenta più della logica sindacale e vuole iniziare a lottare oltre i limiti che sono propri di ogni sindacato.

Dichiarandosi per l’organizzazione dal basso dei lavoratori, contro i compro-messi e per le lotte vere, questi lavoratori rappresentano, ora, un problema anche per lo SLAI che non ci pensa su due volte e li espelle. Si rivolgeranno, infine, alla confederazione COBAS che, di fatto, continuerà a servirsi di loro come aveva fatto lo SLAI di Granillo e della Malavenda in precedenza: questi lavoratori conti-nueranno a non essere sostenuti da nessun sindacato nelle loro lotte.

Ai primi di Settembre 2008 giunge, inaspettata, la sentenza d’appello. Il ricorso per comportamento anti-sindacale, articolo 28, sembra essere stato rigettato perché il nuovo giudice del caso, Vargas, non ha ritenuto lo SLAI-cobas essere rappresentativo a livello nazionale.

Gli otto sono nuovamente in mezzo alla strada, tranne Granillo che, nel frattempo, è andato in pensione.

Oggi, in seguito a questi licenziamenti ed alla dolorosa vicenda dei 316 (vedi Battaglia comunista del maggio 2006), la classe operaia di Pomigliano è allo sbando, incapace di reagire.

Da questa vicenda emerge con chiarezza come il sindacato ed il sindacalismo siano assolutamente irrecuperabili alle esigenze della lotta di classe, come il sindacato non solo gestisca con il padrone la forza-lavoro, ma assurga al ruolo di controllore della fabbrica, di sbirro di reparto al servizio del capitale. Questo e solo questo è il ruolo del sindacato oggi. Chi si illude di potere fare sindacato in un altro modo non fa altro che continuare a distrarre la lotta di classe dei problemi reali.

Mentre attendiamo che venga fissata la data della sentenza di Cassazione, diventa sempre più necessaria la costruzione di un punto di riferimento, un partito, di classe e dei suoi strumenti operativi nella classe, cioè i gruppi internazionalisti di fabbrica e di territorio, che promuovano le lotte, che diano loro una direzione chiaramente anticapitalistica. che aggreghino i lavoratori sulla base di una logica anti-sindacale e che orientino con decisione la rabbia degli sfruttati fuori e contro gli schemi e le logiche sindacali, oltre la contrattazione e la delega, portando le lotte dal terreno contingente a quello politico. Senza tutto questo i lavoratori sono e rimarranno soli ed isolati, incapaci di rialzare la testa.

Vogliamo chiudere questo breve articolo con un brano tratto dall’intervista fatta ad uno dei compagni licenziati:

...dalla parte dei lavoratori non c’è nessuno, non c’è nessuno. Non c’è nessuno perché i lavoratori in fabbrica, non solo in fabbrica, ma io credo in tutta Italia, vogliono ribellarsi, tutti quanti in Italia vogliono ribellarsi, tutti quanti, però c’è qualcuno, c’è qualcuno che blocca i lavoratori. Qualcuno o qualcosa che blocca i lavoratori e io credo che questo qualcuno o questo qualcosa è il sindacato. Io oggi sono licenziato e sono convinto che questo qualcuno o qualcosa che blocca la classe operaia è il sindacato. Perché c’è la delusione perché oggi il sindacato pensa a fare la guerra al lavoratore, non pensa a fare la guerra al padrone, al capitalismo. Si pensa a fare la guerra al lavoratore perché, magari, da una sigla sindacale è passato ad un’altra sigla sindacale, allora si pensa ad attaccare il lavoratore che è passato ad un’altra sigla sindacale, non si pensa ad essere uniti, cioè, non si pensa a combattere il capitalismo, si pensa a combattere il lavoratore che fa la disdetta per un altro sindacato. Si pensa a chiamarlo traditore. I sindacati pensano solo a combattere tra sindacati e sindacati, questa è la battaglia. Io vedo sindacati e sindacati che si combattono e oggi, sul pulpito, sta il padrone che si diverte.

Potete chiedere l’intervista completa, “Libertà è sciopero, intervista al compagno Licenziato dalla FIOM di Pomigliano”, alla redazione.

Lotus

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.