Inflazione o speculazione, questo è il dilemma del governo Berlusconi!

E nel dubbio Tremonti inchioda salari, stipendi e pensioni

Da gennaio a oggi il prezzo del petrolio è cresciuto di oltre il 51 per cento in dollari di oltre il 43 per cento in euro, quello del grano di oltre il 50, del riso di circa il 100 per cento. A livello europeo, la Bundesbank prevede che nel 2008 i prezzi al consumo cresceranno di almeno il tre cento. In Italia intanto ha già raggiunto il 3,8 per cento, il livello più alto da dodici a questa parte. Si tratta di un dato che non dà però l’esatta dimensione dell’impatto reale che questi aumenti hanno avuto sui salari, le pensioni e gli stipendi. Il metodo di calcolo che si usa per determinare l’inflazione considera equivalenti il valore ponderato del prezzo dei beni di prima necessità e quello dei beni voluttuari per cui se, per esempio, il prezzo del pane cresce del 20 per cento e quello dei computer diminuisce della stessa percentuale, il tasso di inflazione risulterà pari a zero anche se è del tutto evidente che per chi compra solo pane l’inflazione reale sarà stata del 20 per cento.

Ufficialmente nell’ultimo anno il tasso di inflazione è stato pari al 2,8 per cento ma il prezzo dei beni di prima necessità è cresciuto molto di più: quello della pasta del 22,4 per cento, quello del pane del 13, del latte dell’11.1, della frutta del 7,6, della casa del 7,2, del gasolio del 31,2 e della benzina del 12,6 per cui se tenessimo conto solo dei prezzi di questi beni e non anche di quelli di telefonini e computer il tasso di inflazione risulterebbe di poco superiore al 15 per cento.

E in questa misura misura è percepito dal consumatore medio, rappresentato in stragrande maggioranza da salariati stipendiati e pensionati che risultano impoveriti molto di più di quanto si potrebbe supporre attenendosi al solo tasso di inflazione ufficiale.

Di fronte a dati così preoccupanti ci si poteva attendere da un governo eletto sulla base della promessa che non avrebbe messo le “mani nelle tasche degli italiani” una qualche misura che favorisse il recupero del potere d’acquisto di coloro che non hanno modo di difendersi dall’inflazione. Una qualche forma di indicizzazione di salari, stipendi e pensioni, una riduzione delle accise sui combustibili, insomma una boccata d’ossigeno per coloro che la fine del mese la vedono ormai solo con il cannocchiale. Ma con la faccia tosta che può avere solo un uomo la cui coscienza è maturata sotto la scorza del denaro e perciò profondamente corrotta, il ministro dell’Economia Tremonti, con l’originale tesi che la costante crescita dei prezzi delle derrate alimentari e di tutti i beni di prima necessità non si configura con un vero e proprio processo inflattivo ma speculativo, nel Dpf, ha previsto un tasso di inflazione programmata dell’ 1,8 per cento che in parole povere sancisce un ulteriore consistente impoverimento di chi già è alle strette.

Potremmo liquidare la cosa dicendo: Tremonti come Padoa Schioppa, o cose del genere. Ma così facendo rinunceremmo a cogliere il dato straordinariamente interessante contenuto nella politica economica del nuovo governo e cioè la sua perfetta continuità di questa con quella del governo precedente. Vi è la dimostrazione, infatti, che la speculazione non è il frutto dell’agire disonesto di poche mele marce, ma è parte integrante anzi trainante dell’intero processo di accumulazione capitalistica su scala mondiale per cui, almeno nel pieno di una crisi come quella attuale, non solo non può essere limitata, ma deve essere assecondata. Per esempio, è noto a tutti che l’incremento del prezzo del petrolio è ormai imputabile per circa il 70 per cento alla speculazione finanziaria, ma nessuno si sogna di porre nelle contrattazioni a termine l’obbligo, alla scadenza del contratto, della consegna fisica del petrolio oggetto del contratto in modo da ricondurre la domanda fittizia di tipo speculativo a livelli più vicini a quella reale. Basti pensare che questa domanda fittizia, che secondo molti esperti potrebbe far raggiungere al prezzo del petrolio entro il 2008 quota 200 dollari al barile, movimenta circa un miliardo di barili al giorno contro gli 85 milioni realmente domandati e venduti. E dire petrolio significa dire: grano, riso, latte, pane, pasta, elettricità e un’infinità di beni che spesso sono indispensabili alla stessa vita umana. Un provvedimento che limiti la speculazione sul prezzo di una materia prima di tanta importanza o meglio un insieme di provvedimenti mirati a ridurne speculazione e consumi dovrebbe essere in un contesto in cui milioni di individui rischiano la morte la cosa più logica di questo mondo, eppure non è così. Per dirla con gli americani: lo spettacolo deve continuare! Anche se a divertirsi sono rimasti ormai davvero in pochi. D’altra parte per smontare questa folle macchina significa metter mano innanzitutto alla fabbrica del dollaro che è il fulcro su cui fa leva non solo la sopravvivenza dell’impero statunitense, ma anche tutto ciò che gli ruota attorno: le esportazioni cinesi, quelle indiane, e così via. E Tremonti, che è un miliardario, cosa può farci se non inventare la Robin Hood tax e dire che l’inflazione non è... inflazione, che 48 ore settimanali sono poche e che ce ne vogliono almeno 60 ? E cosa può fare il suo compare Brunetta se non prendersela con gli impiegati dello stato? Alla resa dei conti nessuno regala niente e il conto qualcuno alla fine dovrà pagarlo. E ovviamente toccherà agli ultimi, a coloro che non hanno alcun modo per scaricarlo su qualcun altro perché sotto di loro non c’è nessuno. Anzi no, ci sono gli zingari che rubacchiano qua e là e gli immigrati che... clandestinano.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.