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Home ›Il rilancio della Russia e la crisi del gas
La crisi dei rifornimenti nasconde le mire imperialistiche dell'orso russo
Il freddo polare che in queste ultime settimane sta attanagliando gran parte dell’Europa sarebbe, secondo la stampa borghese, la principale causa delle difficoltà nei rifornimenti di gas che arriva dalla lontana Russia. Un inverno particolarmente rigido è stato quindi in grado di mettere in difficoltà milioni di cittadini europei, che improvvisamente si sono ritrovati a dover fare i conti con l’austerità nell’uso dei riscaldamenti. Nella realtà, se andiamo a vedere i dati statistici relativi alle temperature che si stanno registrando, possiamo osservare che queste non si discostano minimamente dalla media degli ultimi 50 anni. Siamo nell’ordine delle normali oscillazioni annuali delle temperature. In Italia il ministro Scaiola per far fronte alle difficoltà nei rifornimenti ha emanato un decreto ministeriale con il quale impone alle strutture pubbliche (ospedali, uffici ecc.) e ai condomini di ridurre di un grado la temperatura interna, portandola da 20 a 19 gradi centigradi; con tale provvedimento, secondo le previsioni del ministro, l’Italia sarebbe al riparo da qualsiasi rischio nel blocco delle forniture di gas.
Per capire cosa si nasconde dietro la crisi energetica non occorre tanto guardare alle rigide temperature di questi ultimi giorni, ma concentrare la nostra attenzione su quanto sta accadendo sul caldissimo fronte dell’accaparramento delle fonti energetiche da parte delle potenze imperialistiche. In questo contesto gioca un ruolo di primo piano la Russia di Putin, che dopo aver subito tutta una serie di sconfitte sul piano internazionale e visto ridimensionare la propria importanza nello scacchiere mondiale, si sta riproponendo di nuovo come potenza imperialistica capace di dettare le proprie condizioni a tantissimi suoi concorrenti.
Le armi che la Russia sta utilizzando per riaffermarsi sul terreno internazionale come potenza imperialistica sono soprattutto di natura energetica. Petrolio, gas, elettricità, ma anche tantissime materie prime come l’acciaio, alluminio e tantissimi materiali non ferrosi, sono gli strumenti usati dal governo di Mosca per imporsi nei confronti dei propri partners commerciali. Un territorio tanto ricco di fonti d’energia quanto è vasto, che grazie soprattutto ad una riorganizzazione politica è oggi in grado di dettare le regole del gioco agli altri paesi.
Dopo gli anni bui dell’amministrazione Eltsin, durante la quale la corrotta classe dirigente ha pensato solo ed esclusivamente di far man bassa delle risorse del paese non pensando minimamente agli interessi economici generali del paese, negli ultimi anni sono state condotte tutta una serie di operazioni politiche che hanno permesso allo stato di entrare di nuovo in possesso delle leve del potere nei settori vitali dell’economia, rilanciando in tal modo le mai sopite aspirazioni di potenza della grande Russia. Lo smembramento della Yukos, una serie di importanti fusioni societarie hanno permesso allo stato, tramite la onnipotente Gazprom, di gestire direttamente le risorse energetiche.
Con il petrolio costantemente sopra i sessanta dollari al barile, i russi, non solo hanno ottenuto profitti insperati solo qualche anno addietro, ma possono giocare una carta importante per aumentare il proprio peso impe-rialistico: ovvero l’arma del gas. Da risorsa energetica di secondo piano, con l’aumento del prezzo del petrolio, è ormai diventata strategica negli equilibri interimperialistici. Per poter sfruttare in pieno quest’arma, Mosca deve però controllare direttamente le strutture che permettono di far affluire il proprio gas nell’Europa occidentale. Dietro lo scontro con l’Ucraina non ci stanno tanto i furti o l’aumento del prezzo, ma la pretesa da parte di Mosca di poter controllare direttamente gli impianti di trasporto. In tal modo la Gazprom oltre a fornire la materia prima diverrebbe anche l’unico gestore della rete di distribuzione, con l’indubbio vantaggio di poter fare il bello e cattivo tempo senza subire le pressioni dei paesi in cui passa il gasdotto. Nel caso specifico della crisi con l’Ucraina ha giocato un ruolo non secondario anche il fatto che nelle scorse elezioni abbia vinto il candidato filo americano; la richiesta di un prezzo cinque volte maggiore rispetto a prima e la successiva chiusura dei rubinetti del gas hanno inevitabilmente il sapore della vendetta contro i proclami anti russi della campagna elettorale. Ma questo è solo un aspetto della vicenda, e neanche il più importante.
L’offensiva scatenata in questi ultimi tempi dalla Gazprom, e quindi della Russia, è a 360 gradi. L’obiettivo dichiarato è quello di diventare il leader mondiale nella gestione del gas, gestendo direttamente non solo le riserve naturali ma soprattutto i gasdotti. Attraverso l’aumento del prezzo del gas il governo di Mosca conta di ristrutturare le decrepite strutture interne e nello stesso tempo acquisire la gestione di quelle che passano negli altri paesi confinanti. L’accordo che è saltato a causa dell’intervento dell’Antitrust tra l’Eni e la Gazprom, che prevedeva di barattare gli aumenti dei prezzi con la concessione della gestione della rete italiana al colosso russo, dimostra quali siano i veri obiettivi: gestire direttamente la rete mondiale di distribuzione del gas. Simili operazioni come quella che non si è concretizzata in Italia stanno per essere conclusi dalla Gazprom in altri importanti paesi europei come l’Inghilterra e la Germania, ma soprattutto con i paesi dell’ex Urss. Tutti questi paesi, dall’Ucraina all’Armenia, per passare alle repubbliche centro-asiatiche, stanno per firmare degli accordi in base ai quali Mosca riprende la fornitura di gas a prezzi contenuti, ma ottiene in cambio la gestione diretta dei gasdotti.
Quello della Gazprom è un tentativo di lungo periodo attraverso il quale, costruendo una rete che ruota intorno al gas russo e gestendo direttamente gli impianti di distribuzione pone anche le condizioni per gestire direttamente le riserve di gas degli altri paesi. Come possono pensare gli altri paesi dell’area di utilizzare direttamente le proprie riserve se la distribuzione è in mano ai russi?
Lentamente il grande sconfitto della guerra fredda si sta rialzando da sotto le macerie del muro di Berlino, e al prossimo G8, che si terrà il prossimo giugno proprio in Russia a San Pietroburgo, l’orso russo è pronto a far sentire i propri artigli agli altri grandi della terra.
plBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2006
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