Democrazia borghese e poli contrapposti italiani

L'attuale modo d'essere della democrazia borghese è lo squallore

I partiti e i più o meno contrapposti schieramenti politici sono soliti essere - dalla Rivoluzione Francese in avanti e particolarmente in Europa - l'espressione dei diversi interessi di abbastanza precise componenti della classe dominante, la borghesia, e della piccola borghesia. Le istituzione democratiche borghesi sono chiamate a mediare fra questi interessi e, attraverso quella mediazione e talvolta al di sopra di essa, ad amministrare lo stato borghese, secondo l'interesse generale del capitale nel suo insieme.

Fino a una decina di anni fa nel gioco della mediazione politica istituzionale entravano anche gli interessi immediati di quella grande parte della cittadinanza costituita dal proletariato (i lavoratori dipendenti salariati), rappresentati da quelle forze politiche riformiste, controrivoluzionarie, che alla emancipazione del proletariato contrapponevano appunto la conservazione delle istituzione borghesi all'interno delle quali difendere le condizioni di vita e di lavoro dei proletari.

La parentesi fascista in Italia (e nazista in Germania) ha rappresentato una fase in cui la borghesia si compatta all'interno di un solo partito - sotto una dittatura - perché gli interessi generali di autoconservazione di fronte a una minaccia vera o presunta da parte proletaria prevalgono sulle minori divisioni e divergenze interne, ossia perché la necessità di schiacciare il proletariato rappresenta la necessità suprema, unica e normalmente espressa dal... partito unico.

Ma esistono altre condizioni nelle quali le differenze fra componenti borghesi diverse, fra borghesia e fasce consistenti di piccola borghesia scompaiono. Sono le condizioni - come l'attuale - in cui l'amministrazione dello stato capitalista secondo l'interesse generale del capitale è univoca, non consente scelte. È evidente che se i margini di scelta sono ridotti a zero e le opzioni aperte si riducono a una, i partiti e gli schieramenti saranno portati inevitabilmente ad appiattirsi gli uni sugli altri.

Una decina di anni fa si verificò una congiuntura/congiunzione che sta alla base della scena tanto monocorde quanto squallida d'oggi: la stessa crisi di accumulazione del capitale che ad occidente restringe le libertà di scelta e impone politiche identiche a governi di destra, di centro o di sinistra, ad oriente ha fatto implodere un impero, quello sovietico.

I partiti "comunisti" già da qualche tempo orientati a mollare le classi subalterne quali loro referenti sociali, ad abbandonare cioè la loro rappresentanza, si sono ritrovati liberi anche dal vincolo originario che li legava al polo sovietico: potevano cessare definitivamente d'essere il braccio politico del polo russo nel fronte avversario, potevano quindi aspirare "legittimamente al governo" delle democrazie occidentali. E si sono trasformati: in Italia il PCI diventa per la maggior parte PDS, e poi DS. Ma di quale stratificazione di classe, di quali soggetti sociali i DS sono rappresentanza politica? Non più dei lavoratori, non ancora dei grandi padroni, giammai di quella massa di piccola borghesia bottegaia, storicamente e "costituzionalmente" legata al blocco clerical-reazionario, impossibile a scalzare per quanti sforzi a destra i DS facciano. Di qui la precipitazione dei voti dai fasti degli anni 1970 e di qui lo squallore della scena rappresentata.

Il "comandamento dell'ora" e' unico per tutti: favorire per quanto possibile l'industria e la finanza nazionali pur nel quadro della costruendo unità europea, tagliare quanto più possibile sui servizi (che è la condizione per dar soldi ai padroni), asservire al massimo la classe operaia agli imperiosi interessi del capitale - mediante il contributo statale a sostanziosi tagli al salario medio, alla flessibilizzazione/precarizzazione del lavoro e le altre note piacevolezze. Ma, "La tradizione di tutte le generazioni precedenti pesa come un incubo sul cervello dei viventi" (Marx Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte) così restano, in Italia e in Europa, più partiti e non basteranno certo i presunti "ragionamenti" di questo o quel politicante a modificare da un giorno all'altro (o da un decennio all'altro) tale realtà.

Vecchie e nuove clientele, tradizioni familiari o ideologiche soggettivamente interpretate, reti di interessi legate a questo o quel gruppo industriale o a questa o quella organizzazione industriale e finanziaria, aggregazioni di interessi a volte più particolari, magari legati a potentati personali - tutto ciò contribuisce a mantenere, quando non ad accrescere, la molteplicità di partiti e partitini, che vanno però ad accorparsi nei fronti che si atteggiano a contrapposti.

La fragilità strutturale di tali "partiti" è tale da rendere assolutamente precaria l'appartenenza di molti di essi a questo o quel fronte. Purtuttavia partiti e partitini rimarranno, indipendentemente dal fatto che in buona sostanza hanno tutti lo stesso programma e si distinguono solo nel modo di prospettarlo. E in questo magma indistinto, artificialmente diviso in due poli, "all'americana", può avere facile gioco chi ripropone il terzo polo di centro. Non è certo un caso che a tentare questa operazione si sia posta una delle teste più fini della Prima repubblica, cioè dello scenario politico precedente il crollo del Muro di Berlino, Giulio Andreotti.

Cosa caratterizza il Centro di D'Antoni e Andreotti? Il fatto di non farsi asservire da nessuno dei due poli. E cosa caratterizza questi? L'anzianità in becero reazionarismo.

Entrambi i poli sono sostanzialmente d'accordo (e anche il centro ovviamente lo è) sulle linee generali di politica economica che abbiamo sopra tratteggiato. A questo è doveroso aggiungere qualcosa attinente l'Europa.

Destra e sinistra sanno bene, o dovrebbero sapere, che alla ristrettezza delle libertà di azione, dovuta alla crisi di ciclo del capitale e alla unicità di risposte che essa richiede da parte borghese, si aggiunge il fatto che Europa e Banca Europea porranno vincoli sempre crescenti anche sul quanto e sul come di quelle risposte. Privatizzazioni? Incentivi e/o sgravi fiscali alle imprese? Non sarà il solo governo italiano a decidere. Grandi investimenti per grandi opere con ricaduta ambientale? Ancora l'Europa avrà pesanti condizionamenti da porre.

Sulle linee di politica economica, dunque, c'è poco da discutere e si rischia, tenendole troppo alla ribalta, di fare incazzare chi alla fine le subirà (le masse proletarie).

La destra, partita per prima, ha scelto di agitare i temi sui quali si concentrano - si scaricano - le inquietudini esistenziali del cittadino, al di là della sua oggettiva collocazione di classe: la sicurezza, la paura dell'immigrazione, le tasse.

A detta di tutti gli organi ufficiali preposti e in base a tutti i dati forniti, i casi di omicidio, rapina, furto, borseggio, sono complessivamente in calo; il problema della sicurezza non è tale, lo è meno di quanto lo era nel passato. Tuttavia politicanti, partiti, giornali, radio e Tv parlano di un crescente bisogno di sicurezza di fronte alla delinquenza, alla immigrazione clandestina, eccetera eccetera. Il cittadino oggettivamente inquieto, e confuso e un po' rincoglionito la beve, ci casca e scarica sulla delinquenza che cresce e la immigrazione clandestina le sue paure, le sue frustrazioni, la sua voglia di rivalsa.

La destra ci ha marciato per prima. E che fa il polo opposto, di centro-sinistra, per la sua prima uscita nei maxi - manifesti elettorali? Assume su di sé la difesa della sicurezza del cittadino. E così la campagna elettorale si snoderà in un crescendo di squallore, a dimostrazione, per chi sa vedere, del fatto che quando si è costretti a competere non avendo ragioni serie su cui competere si finisce a fare del vuoto - che resta l'oggetto della contesa - la sostanza del proprio dire, del proprio pensare e del proprio essere politico.

Quando ci si divide sul nulla sono i mediocri ad emergere.

Che poi in questa corsa alle poltrone si ritrovino quelli che si ostinano a dirsi comunisti, ricostruttori, è il triste risultato del succitato viraggio degli ex-partiti filosovietici. I riottosi a quella virata, fedeli alla matrice "di lotta" della vecchia socialdemocrazia, si trovano a malpartito in questa rincorsa alla omologazione dei due poli e rischiano forte di prendere meno voti di quel ricostituendo centro che si oppone ai due poli pretendendosi in mezzo.

Il grave non sta lì, non sta nei voti che RC prenderà e nel rapporto fra i suoi voti e quelli degli altri, ma nel fatto che in RC restano ancora intrappolate forze proletarie che ben altro dovrebbero e potrebbero fare per dare prospettive alla emancipazione del proletariato.

m.jr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.