La classe operaia francese di fronte agli attacchi della borghesia

È con grande soddisfazione che annunciamo l'uscita del primo numero di Bilan & Perspectives, rivista di dibattito teorico e intervento militante prodotta dal neonato nucleo francese sostenitore del BIPR... Senza scadere in facili e inopportuni trionfalismi, la costituzione formale di un gruppo che fa riferimento alle posizioni del Bureau in un territorio che ci vedeva da tempoassenti è un segno che il metodo di lavoro, le analisi teoriche, le indicazioni politiche del BIPR riescono sempre di più a far breccia nella coscienza di chi non rinuncia a lottare per un mondo radicalmente diverso da questo. Nell'augurare un buon e proficuo lavoro al nucleo francese, pubblichiamo qui di seguito un articolo tratto da Bilan & Perspectives sugli attacchi che la borghesia di quel paese ha portato e sta portando alla "sua" classe operaia. Come si vedrà, nella sostanza non differiscono in nulla dalle politiche antioperaie che caratterizzano la borghesia di qualunque latitudine (vedi in questo stesso numero di BC l'articolo "Precario è bello" sui dati dell'occupazione in Italia); nel contempo si mostra il carattere illusorio del riformismo, le cui ricette, se applicate, si ritorcono contro la classe operaia medesima.

In Francia, il governo della "gauche plurielle" (lo schieramento della sinistra parlamentare N.d.T.) dirige il suo attacco contro la classe operaia secondo un piano tanto efficace quanto coerente con i profitti della borghesia.

Le 35 ore

Presentata come una misura a favore dei lavoratori, la legge sulle 35 ore o legge sulla "riduzione dell'orario di lavoro" si è tradotta nei fatti, sia nella prima sia nella seconda versione, come un attacco dalle molteplici sfaccettature alle condizioni di lavoro. Questa legge ha permesso di introdurre su grande scala la flessibilità nelle imprese con l'annualizzazione dell'orario di lavoro, manna dal cielo per il padronato che può così far fruttare fino in fondo sul piano della produzione i periodi dell'anno dove la domanda è più forte. Si assiste così ad un peggioramento generale delle condizioni di lavoro con un intensificarsi dello sfruttamento. La priorità è data al soddisfacimento dei bisogni delle imprese e quindi alla redditività a scapito delle condizioni di vita degli operai (allungamento degli orari od orari fissati a piacimento del datore di lavoro, lavoro obbligatori il sabato, accelerazione dei ritmi, diminuzione o soppressione dei momenti di pausa). A ciò si aggiunge, in parallelo, un'altra misura che colpisce la classe operaia: la riduzione dell'orario di lavoro è in realtà accompagnata dal blocco dei salari se non addirittura da una loro diminuzione.

Questi attacchi contro i lavoratori sono vergognosamente presentati dalla borghesia come concessioni che essa è costretta a fare sotto la spinta del governo di sinistra per ridurre la disoccupazione creando nuovi posti di lavoro o (ipocrisia borghese) "preservando quelli esistenti".

Ma cosa accade in realtà?

Se è incontestabile che la disoccupazione stia calando (dal 12.5% al 10% secondo le stime ufficiali) questo è dovuto a due fattori: da un lato effettivamente alla riduzione dell'orario di lavoro. Fino al 1997 è stato il part time a svilupparsi maggiormente, dal 1998 la sua crescita si è arrestata ed è stata la riduzione d'orario (legge Robine-Aubry) a stimolare l'occupazione (150000 nuovi occupati tra il 1997 e il 1999). L'effetto delle 35 ore sull'occupazione non è stato quindi trascurabile. Perlomeno finché le assunzioni erano obbligatorie, infatti dal gennaio 2000 la legge non impone più alle imprese la creazione di posti di lavoro in cambio degli sgravi contributivi concessi. Ma è quando si viene a sapere quanta parte dei posti di lavoro creati sono coperti con contratti interinali o a tempo determinato che si può constatare tutto il cinismo del discorso. Il fatto che estrema sinistra e sindacati affermino di cuore che, a parte qualche debolezza o imperfezione, la legge delle 35 ore vada nella direzione giusta non può che mettere in risalto come questo attacco contro la classe operaia sia il frutto di una larga intesa tra le diverse componenti della classe sfruttatrice.

L'altro fattore, legato al precedente, che spiega la creazione di posti di lavoro, è lo sviluppo della precarietà la quale fa in modo che le aziende siano meno restie ad assumere potendo ricorrere ai licenziamenti al minimo calo della loro attività. I posti così creati rischiano alla prima crisi congiunturale di sparire tanto rapidamente come sono apparsi. È importante ricordare come il lavoro interinale sia esploso in 3 anni passando da 270000 a 500000 persone alla fine del '99 e che l'agenzia Adecco è ormai il primo "datore di lavoro" di Francia.!!

Il risparmio salariale

Attualmente circa 1/3 dei salariati del settore privato versa dei premi ai piani risparmio impresa (plans épargne entreprise PEE ndt), queste somme sono vincolate per almeno 5 anni e danno luogo ad esoneri e vantaggi fiscali per le aziende al punto da essere esenti dalle imposte sui redditi dei salariati a condizione che vengano reinvestiti sotto forma di azioni o SICAV (fondi comuni di investimento ndt). L'obiettivo è quindi quello di convertire parte dei salari in azioni. La legge votata il 5 ottobre scorso dall' assemblea nazionale su proposta di L. Fabius (ministro dell'economia del governo Jospin) vuole estendere questo sistema alle piccole e medie imprese attraverso la creazione del piano parternariale di risparmio salariale volontario (PPESV ndt) della durata di 10 anni e ancor più vantaggioso sul piano fiscale. Tutto questo rappresenta lo sviluppo di una fonte propria di fondi per le imprese e l'accentuazione della finanziarizzazione di una parte del salario che comporterà un mancato incasso per il sistema di sicurezza sociale. Ricordiamo che il risparmio salariale è una delle forme di risparmio più sovvenzionate.

Generare un flusso annuale di 35 miliardi di franchi costa, per via delle esenzioni fiscali, 20 miliardi di deficit dei contributi sociali e 5 miliardi di mancate entrate fiscali.

Non solo i lavoratori finanziano il capitale lasciandogli una parte del loro salario, ma la loro "sicurezza sociale" si trova minacciata.

La politica dei padroni si appoggia così a tre elementi legati tra loro: il salario, il PPE e l' azionariato salariato. La remunerazione dei salariati risulta così dipendente dai risultati aziendali.

Così il risparmio salariale, meccanismo per captare i redditi dei salariati da parte delle imprese, può anche avere un altro vantaggio per la borghesia: legare i lavoratori allo strumento del loro sfruttamento.

L'UNEDIC

Dopo 4 mesi di attesa il governo ha appena stabilito la sua posizione in rapporto alla "riforma sociale" del MEDEF: ha deciso di aderire!! Non vi sono che differenze di vocabolario tra il progetto accettato e quello iniziale, infatti, messa da parte la reintroduzione dell'ANPE, l'indennità di disoccupazione è sempre più legata alla adesione obbligatoria al "piano d'aiuto al ritorno all'occupazione".

Nella sua sfrenata ricerca di abbassare il costo del lavoro, al padronato conviene dotarsi di un nuovo mezzo ancor più efficace nell'accentuare la flessibilità della forza lavoro: rimettere in discussione i contratti a tempo indeterminato rimpiazzandoli con contratti a termine e liberarsi del codice del lavoro.

Ha raggiunto il suo scopo e non ha intenzioni di fermarsi lì. In questi ultimi mesi il governo di sinistra ha quindi duramente colpito il proletariato: la legge sulle 35 ore, il risparmio salariale, la riforma dell'UNEDIC sono tutti attacchi portati contro il livello di vita e contro le condizioni di lavoro della classe operaia. A ciò si aggiunge l'abbassamento delle imposte che contribuisce ad un'ulteriore riduzione della spesa pubblica che va a indebolire i servizi pubblici già in pessime condizioni.

In Francia, come in tutto il mondo, la borghesia assicura i suoi profitti con uno sfruttamento crescente della classe operaia. di fronte alle barbarie il proletariato non ha altra soluzione che ritrovare il cammino della lotta di classe. La divisione internazionale del lavoro e la distruzione della classe operaia tradizionale hanno creato nuove condizioni per l'organizzazione della lotta proletaria. Non è più possibile, se mai lo è stato, poter contare sulle organizzazioni sindacali per difendere gli interessi del proletariato. Negoziare con un capitalismo in disperata caduta di profitti non può che significare l'accettazione delle sue esigenze.

Una riorganizzazione seria dell'azione di classe deve cominciare dalla base con l'elezione di delegati revocabili provenienti dalle fabbriche e dai quartieri; e dalla creazione di organi di lotta nati dalle lotte stesse. I grandi esempi degli ultimi decenni - tale è la lotta dei lavoratori polacchi nel 1980 - mostrano che se questi organi durano oltre la lotta divengono inevitabilmente dei sindacati nelle mani delle forze del compromesso e della reazione (Walesa).

È dunque essenziale che ci sia una organizzazione politica rivoluzionaria (il partito internazionale del proletariato) che lavori all'interno di questi organi di classe, diffondendo il programma rivoluzionario, lottando contro i compromessi che portano all'accettazione del capitalismo e guidandole lungo la strada della rivoluzione. Il partito internazionale del proletariato dovrà aver regolato i suoi conti con l'esperienza controrivoluzionaria stalinista e con l'eredità socialdemocratica della terza internazionale e dovrà aver stabilito le basi metodologiche, teoriche e politiche del programma rivoluzionario. Gli internazionalisti raggruppati nel Bureau Internzionale per il Partito Rivoluzionario si battono su questo terreno ed hanno già avviato il processo che conduce alla costruzione del partito. Noi facciamo appello alle militanti ed ai militanti della classe operaia così come a tutte le persone che riconoscono la validità politica del nostro progetto affinché si uniscano a noi in questo arduo compito.

Bilan e Perspecitives

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.