La bomba al Manifesto - Gli attentati sono espressione dello scontro interborghese

"Tanto tuonò, che piovve". Così, con una battuta si potrebbero sintetizzare gli eventi clamorosi di fine anno, calati in un clima politico rabbioso espressione dello scontro tra le bande borghesi che stanno scaldando i muscoli in vista delle prossime elezioni politiche. Prima la bomba "dimostrativa" sul duomo di Milano collocata dall'immancabile oscuro gruppetto "anarchico", poi la cattura durante una rapina di un ex BR, infine l'attentato alla redazione del Manifesto, che non ha causato una strage solo per una serie di circostanze fortuite, ma in compenso ha dimostrato in maniera inequivocabile l'appartenenza alla galassia fascista dello sfortunato bombarolo.

Stiamo forse tornando indietro di trent'anni? Nonostante le pallide somiglianze, la cosa è scarsamente credibile, perché il contesto storico è profondamente diverso. Allora la borghesia più reazionaria, incapace di rispondere al fermento operaio (sempre strettamente controllato dal sindacato, lo sottolineiamo) in altro modo che non fosse la repressione aperta, si serviva della manovalanza fascista per creare un clima di terrore e insicurezza tale da spingere la famigerata opinione pubblica verso una svolta moderata e autoritaria, che impedisse od ostacolasse fortemente la marcia del fu PCI verso il governo. Infatti, a dispetto degli incalcolabili servigi resi alla borghesia italiana dal partito togliattiano, quest'ultimo era pur sempre legato al fronte imperialista nemico e mai gli USA avrebbero permesso che un partito "fratello" di Mosca entrasse nella cosiddetta stanza dei bottoni di un paese NATO. Ci avrebbe provato un po' più tardi Aldo Moro, ma la guerra fredda era ancora in corso e tutti sanno com'è finita...

No, oggi le cose sono molto diverse. Il crollo dell'impero sovietico ha provocato, per contraccolpo, il rimescolamento del quadro politico, permettendo "finalmente" anche al vecchio PCI riciclatosi di occupare la poltrona di primo ministro, cosa che gli spettava di diritto dopo tanti anni di onorato servizio presso il capitale.

Buttati a mare i vecchi abiti, ex (?) fascisti ed ex (?) stalinisti hanno avuto il nulla osta per partecipare direttamente alla gestione della "cosa pubblica" borghese, assieme ai più rozzi parvenu dell'avanspettacolo parlamentaristico.

Ma un'altra fondamentale differenza è che le grandi concentrazioni operaie degli anni sessanta sono andate scomparendo o si sono ridimensionate sotto i colpi della ristrutturazione imposta dalla caduta del saggio medio del profitto. E la frantumazione, la dispersione sul territorio della classe sono, come si sa, solo un tassello dell'attacco complessivo al proletariato, cresciuto ininterrottamente in ogni parte del mondo dagli anni settanta ad oggi. Non solo, se trent'anni fa la classe operaia aveva un punto di riferimento ideologico - per quanto aberrante - nel falso comunismo dell'URSS, che le dava comunque un senso di identità, oggi non ha più nemmeno quello: impoverita, precarizzata, stordita dalla martellante campagna ideologica orchestrata dai mass media sulla presunta assenza di alternative al sistema capitalistico dopo la fine del sedicente comunismo, è messa all'angolo e incassa inebetita i colpi che uno dopo l'altro la borghesia le porta. Ma allora, se non c'è più il "comunismo", se il proletariato è politicamente assente, perché le bombe? Perché il riaffacciarsi di nuovo dei gruppi dichiaratamente fascisti? Perché tutto questo è uno dei sintomi dell'imbarbarimento sociale prodotto dalla crisi del capitalismo alla quale ancora il proletariato non risponde. È vero, infatti, come lamentano i riformisti sulle pagine del Manifesto nei giorni seguenti all'attentato, che l'estrema destra ha potuto rialzare la testa grazie - oltre che ai sostanziosi appoggi diretti e indiretti provenienti dal Polo e dalla Lega Nord - al clima favorevole ai "valori" di sempre del fascismo ossia il razzismo, l'anticomunismo, il meschino individualismo borghese, la violenza vile e brutale contro i deboli, conditi con il ripescaggio del cattolicesimo più bigotto e reazionario. Così com'è vero che nemmeno il proletariato è immune da questa ripugnante infezione, anzi! Privo di ogni riferimento classista, non può fare altro che esprimere totalmente l'ideologia della classe dominante e rinchiudersi nell'asociale e atomizzata sfera della cittadinanza. L'immigrato, così, non è - come invece è - il fratello di classe più debole, ma riveste solo il ruolo di pappone, di spacciatore, di svaligiatore di case che si incontrano nei quartieri proletari. Di fronte ai tagli dei servizi sociali, cioè al furto del salario differito, operati in nome delle miracolose proprietà del libero mercato, perché non prendere per buona la propaganda ultra liberista della Lega e del Polo (e, appena più in sordina, dell'Ulivo) che, facendo leva sui più abbietti istinti egoistici (ossia i fondamenti del capitalismo) promette a tutti l'eden piccolo-borghese di un mondo senza tasse e senza ricevute fiscali, dove il denaro è l'unica misura di ogni relazione umana?

È del tutto ovvio che in questo pantano maleodorante l'estrema destra fascista, approfittando dei suoi legami con tutta la destra "rispettabile" che siede in parlamento, possa, come si diceva, muoversi e crescere tranquillamente. Ma non è da qualche manciata d'immondizia, nostalgica della camicia nera e della guerra santa contro il "Turco", che viene il nemico principale, anche ipotizzando (il che è molto probabile) che lo sfortunato dinamitardo non sia affatto il sempliciotto solitario, vittima di sé stesso, dipinto dai suoi miliardari camerati di Forza Nuova. Da questi ambienti la borghesia ha tratto e trarrà i suoi ottusi e prezzolati mazzieri, così come certa "sinistra" ha avuto e avrà sempre lo scopo di disorientare, frastornare e paralizzare le forze proletarie. Infatti, nessuno meglio dell'Ulivo, spalleggiato dai sindacati confederali, poteva intensificare l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato riducendo al minimo (e anche meno) le reazioni da parte di quest'ultimo, preparando il terreno al dilagare di quel clima "culturale" di cui si parla sopra; nessuno meglio dell'ex PCI poteva legittimare agli occhi degli sfruttati la morte del "comunismo" ossia della speranza in un mondo di gran lunga migliore di questo.

Oggi, precipitosamente, si rispolvera la pantomima dell'antifascismo democratico, dopo che nell'ultimo decennio l'ex PCI, nella foga di autopurificazione, ha sostanzialmente buttato a mare persino ciò che era stato uno dei suoi miti costitutivi: la Resistenza. D'altronde, in cinque anni di governo ulivista ci si è ben guardati dallo scoperchiare la fogna in cui sono custoditi i "segreti" sulle stragi che, un tempo, la voce popolare diceva di stato ossia che dietro la mano fascista c'era la regia democristiana coi servizi segreti nazionali ed esteri. Il prode Cossutta, feroce nemico dell'"etremismo" rosso e del fascismo, aveva pure in mano il ministero della giustizia, ma non ha mosso un dito per illuminare il capitolo stragi: anche solo un accenno in tal senso metterebbe in pericolo le sue poltrone al governo, urtando la "sensibilità" degli ex (?) democristiani, ora equamente spalmati tra Polo e Ulivo.

Ritorniamo così all'inizio. Se dunque il proletariato non si muove, nemmeno sul terreno del più innocuo riformismo, le bombe, sempre utili ai fini di un inasprimento preventivo delle misure poliziesche contro la protesta sociale genericamente intesa, sono oggettivamente un momento dello scontro per il potere tra le due bande borghesi. Puro scontro di potere e nient'altro, essendo nella sostanza accomunate dalla stesso programma antiproletario. Certamente, il personale politico del Polo generalmente si caratterizza per la rozzezza e la bieca volgarità tipiche degli avventurieri, degli sguaiati gerarchi di mezza tacca, dei direttori di certi cori da stadio, del piccolo borghese roso dall'avidità e dall'invidia/ammirazione per il capitalista in grande: in breve, esprime lo scadimento del personale politico borghese; ma il "politicamente corretto" Prodi o il "distinto" Amato hanno somministrato alla classe operaia mazzate tali che, finora, il ciarlatanesco Berlusconi non può vantare.

E allora, oggi come sempre, antifascismo militante o anticapitalismo militante?

bc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.