Cresce il divario dei "redditi" nella Bengodi del dollaro

I ricchi (borghesi) sempre più ricchi, i poveri (proletari) sempre più poveri

Dietro il luminoso quadro delle meraviglie del capitalismo americano, si allargano e approfondiscono le crepe della società borghese.

Abbiamo più volte smascherato il reale significato dei dati ufficiali sulla occupazione-disoccupazione negli Usa; diamo uno sguardo ora alle "allarmanti" (così gli stessi esperti le definiscono) diseguaglianze economiche e sociali che di anno in anno aumentano nella Bengodi del dollaro.

A scanso di equivoci, ci limitiamo a riportare documentazioni e statistiche diffuse dagli esperti d'0ltre Oceano, quali l'Ufficio del Bilancio del Congresso americano, l'Istituto di politica economica della Confederazione sindacale, il Massachusetts Institute of Technology, la Federal Reserve.

Il panorama sociale evidenziato da tutte queste ricerche è dominato da una sperequazione macroscopica, da un divario galoppante fra i "redditi" della classe "alta" e quelli delle classi "basse":

2 milioni e 700 mila persone godono dello stesso reddito netto complessivo che il capitalismo assegna ai 100 milioni di "cittadini" americani più... sfortunati.

L'uno per cento della intera popolazione contro il 38 per cento. I venti anni del "miracolo economico" di Reagan e Clinton hanno aumentato del 115 per cento in termini reali il reddito dei primi, e diminuito del 9 per cento quello dei "meno abbienti"!

La famosa forbice si è talmente allargata che il suo perno sta saltando, visto che nel '99 quell'un per cento di privilegiati ha intascato un reddito netto pro capite di circa 515 mila dollari (più di un miliardo di lire). Ad altri 55 milioni di "indigenti" è stato distribuito mediamente un reddito di circa 8.800 dollari, cioè poco più di 17 milioni di lire. E a dimostrazione lampante della crescita progressiva del benessere diffuso dal capitale, gestito dalla massima potenza imperialistica del mondo, ci informano che nel 1977 quegli stessi "disgraziati cittadini" godevano - si fa per dire - di un reddito pro capite equivalente a 10 mila dollari di oggi.

Lo spazio non ci consente di approfondire l'analisi della suddivisione della popolazione in cinque fasce di redditi; ci basti rilevare come le quattro fasce inferiori, cioè circa 217 milioni di persone, in un ventennio hanno proporzionalmente perso punti in percentuale, guadagnati abbondantemente dalla fascia al vertice che si divide più della metà della ricchezza totale (sempre con quell'un per cento che da solo ne controlla quasi il 40 per cento).

Non siamo noi a dichiararlo, bensì pezzi da novanta come Greenstein, Shapiro e altri: "dagli Anni Trenta, i tempi della Grande Depressione, la ricchezza personale non era concentrata in così poche mani, da qualsiasi punto di vista la si guardi". Figuriamoci dal nostro "punto di vista", soprattutto quando guardiamo più da vicino le condizioni in cui lavora e vive, o sopravvive, il proletariato

In un decennio ('89-'98) i lavoratori americani (maschi) hanno ricevuto un aumento salariale complessivo dell'1,8 per cento (3,4 per le donne). Le loro famiglie, sempre dopo dieci anni di trionfi del capitale, dispongono, al netto di imposte dirette e indirette, di appena 350 dollari in più (700 mila lire). Drammatica è la situazione, specie in prospettiva, per le pensioni: anche i pochi che avendo un lavoro fisso riescono a versare il 6-7% del salario ai fondi di investimento, guardano con terrore ai contraccolpi della Borsa se non addirittura a probabili crolli.

Poiché il guadagno medio della famiglia americana risulta di 44 mila dollari annui (90 milioni di lire), cosa rimane in realtà a disposizione di decine di milioni di proletari - come possibilità di acquisto sul mercato - sia pure dietro le mistificazioni delle statistiche ufficiali? Basta guardare ai risultati ottenuti dalle riforme fiscali, che hanno ridotto i prelievi quasi esclusivamente alle fasce ricche mentre i tagli al welfare state hanno colpito ulteriormente le condizioni di vita dei proletari, per rendersi conto di quel che sta bollendo in pentola. Ma lasciamo pure l'ultima parola ai sopracitati esperti: "La realtà è che oggi in America chi guadagna 100 mila dollari (il salario medio degli operai delle maggiori società Usa è di circa 30 mila dollari annui, 60 milioni di lire - ndr) ne rimane con 32 mila a disposizione, dopo le tasse e imposte. È troppo poco".

Questo sarebbe il modello economico e sociale da seguire, il traguardo a cui aspirano le "fasce alte" del bel mondo capitalista e gli ex-picisti alla Veltroni.

cd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.