Storie di ordinaria corruzione

Lo scandalo della sanità milanese è la punta di un iceberg connaturato al capitale

Si parla di mille miliardi “truffati” al sistema sanitario nazionale, di 700 medici coinvolti e della possibilità che questo sia solo una delle mille forme di correzione che continuano a rallegrare la “seconda Repubblica”. Le cronache narrano poi all’ignaro cittadino di come queste ruberie siano rese materialmente possibili dal particolare assetto dato alla sanità dalla regione Lombardia: parità fra pubblico e privato, nessun limite alle prestazioni del privato e nessun controllo prima del rimborso. Narrano poi di altre truffe quotidiane, difficilmente perseguibili anche dalla più testarda e battagliera magistratura, come quella che consiste nel farsi rimborsare una “risonanza magnetica” dell’addome inferiore a una certa cifra quando in realtà riguardava solo, per esempio, il fegato, “corrispondente” a una cifra di molto inferiore (e al maggior rimborso da parte del SSN si accompagna un maggior ticket pagato dal paziente).

In sostanza, è venuto fuori che la corruzione diffusa non solo non è stata debellata dall’abbattimento della “Prima Repubblica”, ma è addirittura cresciuta.

Due considerazioni qui si impongono a chiunque non voglia chiudersi gli occhi.

La prima riguarda l’azione della magistratura stessa. Sarà un caso che il nuovo scandalone salta fuori in coincidenza con la battaglia sulla cosiddetta 513 e la separazione delle carriere, ovvero col tentativo da parte dei nuovi reggitori politici di dismettere Mani Pulite, l’arma a suo tempo usata contro i vecchi? Non ci pare, tantopiù che è da ingenui pensare che la corruzione nella sanità fosse prima sconosciuta agli “inquirenti”. Quando il pool milanese sembra isolato, al tappeto, paffete scoppia il caso sanità e l’esponente del pool D’Ambrosio dichiara al Tg3 “Chi pensava che la magistratura milanese avesse abbassato la guardia si è sbagliato. Noi continueremo a vigilare sulla corruzione nella pubblica amministrazione.” E che nello scandalo sia in qualche modo coinvolta la giunta regionale, in mano al Cdu, che sta fra i “riformatori della giustizia”, è semplicemente un fatto.

La seconda considerazione riguarda la corruzione stessa. È solo apparentemente paradossale che la Seconda repubblica, nata dalla “morte per corruzione” della Prima veda la corruzione cresciuta, più estesa e più capillare di prima. In realtà non c’è nessun paradosso, perché non per la loro corruzione sono crollati gli equilibri politici di prima. Come abbiamo più volte avuto modo di argomentare, la fine della guerra fredda fra Est e Ovest ha fatto cadere la necessità di tener fermo un blocco di potere tutto proteso e finalizzato a far da argine al PCI. Centro , centro-destra e centro-sinistra, tutti sempre con una forte DC ad accapparrarsi i ministeri che contano, dovevano servire a governare sulla base della esclusione programmatica del PCI, visto (e a gran ragione fino a tutti gli anni 60 e parte dei 70) come il braccio politico in territorio italiano della potenza imperialista avversaria (l’Urss). Ma quel blocco di potere si era cristallizzato e andava interpretando la cosiddetta “autonomia del politico” in termini eccessivi e spesso di disturbo ai poteri veri e forti dell’economia capitalista. Poteva cessare e, a quel punto, doveva cessare: sia per aprire la scena politica al soggetto fino ad allora escluso (e infatti sono ora al governo i burocrati stalinisti e picisti di ieri) sia per ridare ai poteri forti dell’economia una presa più diretta sui corpi di governo e di pubblica amministrazione.

La partita non poteva esere giocata in quei termini, così come le guerre non si fanno dichiarando l’interesse vero che le sottende. La motivazione ideologica, forte, capace di pesare sulle masse e garantire il successo definitivo dell’operazione è stata trovata - né era difficile - nella corruzione.

Ma la corruzione non è solo il vizio di uomini criminali, in qualche modo eccezionali. Essa ha sempre albergato e sempre albergherà nelle società di classe, ove domina il danaro quale unico mezzo di soddisfazione dei privati bisogni e di crescita individuale.

E laddove si presenta come un facile mezzo di arricchimento e/o di crescita di potere attecchisce in profondità.

Era tipico della prima repubblica il luogo comune sociale che chi non è ricco è fesso? Si, ma nella seconda repubblica, nel regime del trionfo del pensiero unico neo-liberista, il luogo comune si è elevato a principio forte. Quantunque anti-sociale esso sembra essersi elevato a cemento della società. E non a caso si parla di disgregazione sociale delle metropoli imperialiste (e non solo).

Nessuno meraviglia allora se un professore organizza una rete di corruttela della quale centinaia di dottori si prestano a far da nodi. Ci si dirà che la speciale riforma della sanità lombarda li ha quasi... “costretti”, quantomeno caldamente invitati. È vero: gli assertori più ciechi del neoliberismo sono anche e per questo gli affossatori di ogni residuo “ordine borghese”. Ma altrove le corruttele trovano altri spazi (dieci, cento, mille) perché ovunque quel principio forte domina e ovunque chi non si arricchisce è fesso. Contro quel principio, che sgorga dalla struttura materiale della società, dal modo di produzione basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, non si combatte con le prediche o le campagne di moralizzazione. Si elimina solamente cambiando alla radice le basi strutturali della società, rivoluzionandole; sotraendo la produzione di beni alla ricerca di un profitto, mettendo, nei fatti e nella sua organizzazione, la produzione di beni a soddisfare i bisogni degli uomini così come da questi determinati (non quindi dal mercato, ovvero da chi può comprare).

Più sopravvive il capitale più la corruzione aumenta e con essa la disgregazione sociale e civile degli stati del capitale.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.