BCsettembre- ottobre 2024
Terzo millennio
Vi ripropongo un bell'editoriale di Luna Ribelle, il bimestrale dei Gruppi di Lotta Proletaria, datato gennaio 2000, ma sempre attuale...
Nell'XI secolo, cioè all'inizio del millennio che si è appena concluso, fecero la loro comparsa in Europa i negotiatores, ovvero i mercanti medievali, progenitori degli odierni capitalisti. Furono loro a minare dalle fondamenta la rigida società feudale, dando un fortissimo impulso allo sviluppo delle città che andavano sempre più contrapponendosi al potere della nobiltà rurale. L'invincibile arma del mercante fu il denaro: progressivamente si passò da una sistema in cui la forza militare procurava la ricchezza, ad una sistema in cui la ricchezza controllava la forza militare e se ne serviva per ingrandirsi.
Durissimi furono gli scontri fra aristocrazia e borghesia nascente, e per secoli il potere politico rimase quasi completamente nelle mani della nobiltà, mentre l'economia mercantile si allargava un po' ovunque ai danni di quella feudale. L'accumulazione primitiva dei capitali borghesi fu un vero e proprio processo di espropriazione che colpì soprattutto i contadini, a cui vennero strappati con la forza i campi, i pascoli, le case. I senza-terra, che è come dire i senza-niente, finirono in città a cercar da vivere e divennero così proletari, lavoratori al soldo di un padrone nelle manifatture dei borghi. Già nel XIV secolo la lotta proletaria e contadina iniziò ad infiammare l'Europa: le prime insurrezioni esplosero nella Fiandra marittima, dove si sollevarono sia i contadini che gli operai delle manifatture. Poi ci fu la Jacquerie antifeudale dei contadini francesi, e poco tempo dopo l'agitazione sociale germogliò in diverse città dell'Italia centrale: basti ricordare la Rivolta del rione S.Angelo a Perugia, la Sommossa del Bruco a Siena, il Tumulto dei Ciompi a Firenze. Infine venne la grande Rivolta del Kent e dell' Essex in Inghilterra, guidata da Wat Tyler, e John Ball.
Nei due secoli successivi si susseguirono numerose rivolte contadine, soprattutto in Germania, dalla Congiura di Hans il Pifferaio, passando per la Rivolta di Bundschuh guidata da Joss Fritz, fino alla grandiosa Sollevazione dei contadini di Thomas Müntzer, che riuscì a organizzare un'armata di circa 350.000 insorti. Inutile dire che la repressione fu sempre spietata, e che le classi dominanti, dai principi ai banchieri, furono sempre solidali quando si trattò di schiacciare i lavoratori. Nel 1648 scoppiò in Inghilterra la prima rivoluzione antimonarchica, ma anche in quell'occasione nelle file dell'esercito rivoluzionario, a fianco dei ceti borghesi, c'erano i lavoratori, rappresentati dai diggers, gli zappatori, che lottavano per la comunanza della terra, come già secoli prima avevano fatto Tyler e Ball. Ma niente da fare, era ancora la borghesia che teneva saldamente, e inevitabilmente, le redini della lotta contro l'aristocrazia. E così anche quasi un secolo e mezzo dopo, nella Rivoluzione francese, in cui i contadini e il giovane Quarto Stato proletario servirono la causa del potere borghese. Ma anche allora ci fu chi volle andare oltre, chi capiva che gli interessi dei lavoratori, per essere realmente difesi, dovevano essere perseguiti indipendentemente dagli interessi della borghesia, che, al di là della temporanea alleanza, restava comunque nemica. Ecco dunque François Babeuf e Filippo Buonarroti organizzare nel 1796 la Congiura degli Eguali, con il proposito di abolire la proprietà privata e promuovere una rivoluzione europea repubblicana e comunista.
Ma bisogna aspettare l'Ottocento per vedere definitivamente trionfare in Europa la borghesia rivoluzionaria sul morente potere aristocratico-feudale, ed è sempre nell'Ottocento che per la prima volta il proletariato, con la Comune di Parigi del 1871, prenderà il potere nelle proprie mani lottando fino alla morte contro la terribile reazione delle classi dominanti. Fu però un sacrificio preziosissimo: i comunardi parigini mostrarono ai proletari di tutto il mondo e ai comunisti stessi qual era la forma che doveva assumere il potere rivoluzionario: la democrazia proletaria, in cui è il proletariato nel suo insieme a gestire il potere, e la base poteva revocare in qualsiasi momento il mandato ai propri rappresentanti, che peraltro ricevevano un compenso economico pari a quello di qualsiasi altro operaio. Arriviamo così al Novecento, il secolo della prima guerra mondiale, della Rivoluzione d'Ottobre, della contro-rivoluzione staliniana, della reazione nazifascista, della seconda guerra mondiale, dello sterminio degli ebrei, delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, della Guerra fredda, fatta di cento altre guerre in cui il blocco imperialista americano e quello russo si sono contesi il mondo. E' stato poi il secolo del crollo dei regimi dell'Est e della guerra nei Balcani, mentre la guerra russo-cecena entra di prepotenza anche nel nuovo millennio. Quest'ultimo insomma è stato decisamente un secolo di sangue e un secolo di sconfitta per il proletariato, che ha visto la sua prima grande rivoluzione non solo cadere, ma trasformarsi nel suo opposto, e quindi generare una gravissima falsificazione che pesa e peserà come un macigno sulla lotta per il comunismo.
Ma questo secolo ha anche dimostrato chiaramente che per continuare a sopravvivere la società borghese non potrà fare altro che produrre guerra, povertà e sfruttamento. In passato la borghesia ha reso anche fondamentali servigi all'umanità, opponendosi alla cultura oscurantista clerico-feudale e promuovendo la ricerca scientifica. Ma ormai il potere borghese produce solo disastri. Il testimone che il vecchio millennio passa a quello nuovo sia dunque la bandiera rossa della rivoluzione proletaria e del comunismo, per una società senza classi e senza frontiere.
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Un altro bell’editoriale di
Un altro bell'editoriale di Luna Ribelle, datato settembre 1999. Un vademecum sempre valido...
C'è troppa confusione sotto il cielo. Con questo clima, anche chi segue da tempo la sua strada può all'improvviso perdere la bussola. Noi che abbiamo scelto di lottare per un rivolgimento complessivo del mondo sociale e politico attraverso la rivoluzione proletaria in quanto via obbligata per abbattere il capitale e approdare al comunismo, è evidente che ci aspettiamo dal proletariato - cioè dalla classe che, guidata dall'avanguardia comunista, deve compiere la rivoluzione - una sorta di risveglio, l'avvio di un nuovo ciclo di lotte che, crescendo insieme alla coscienza di classe, possa diventare la premessa di un movimento proletario nazionale e internazionale. Se uno più uno fa due, la rivoluzione proletaria senza proletari non si fa.
Il fatto è che uno più uno non fa sempre due. Cioè, in matematica sì, ma nella vita sociale no. Infatti, logica vorrebbe che, peggiorando le condizioni di vita del proletariato, i proletari reagissero come classe per difendere i propri interessi comuni aggrediti. Ebbene, questo non sta accadendo, se non sporadicamente, e di conseguenza... la confusione dilaga. Si cercano i colpevoli, si cerca di inventarsi la lotta di classe dove non ce n'è nemmeno l'ombra, oppure ci si autoconvince che "presto" (domani o fra cent'anni) i proletari verranno magicamente al Partito rivoluzionario perché è scritto nelle stelle, e altro. Il rischio più grande che si corre in queste circostanze è quello di dimenticarsi dei propri compiti di avanguardia, convinti come siamo di lottare per l'unico programma in grado di spezzare le catene dello sfruttamento.
E' questo infatti che, come comunisti, dobbiamo essere, malgrado tutti i limiti che inevitabilmente ci caratterizzano, dovuti sia alle condizioni determinate in cui ci troviamo ad operare, sia alle manchevolezze presenti in ogni compagno, che si possono comunque colmare e limitare con il lavoro collettivo. Il primo compito dell'avanguardia comunista è avere ben chiaro che non può esistere una risposta meccanica sul piano della lotta al crescente inasprirsi degli attacchi del capitale verso la classe lavoratrice, soprattutto ora in cui il dominio ideologico borghese è così radicato, più per la mancanza di una cultura di classe alternativa, che per forza propria. I motivi di questa mancanza sono molteplici: dalla caduta dello stalinismo spacciato per comunismo, alla disgregazione della classe operaia in Occidente dovuta allo smantellamento progressivo dei grandi complessi industriali; dalla potenza dei mezzi di informazione di massa odierni, fino alle sconfitte e ai tradimenti delle forze e dei partiti operai riformisti.
Coscienti di questo, non bisogna né farsi prendere dalla frenesia volontarista che vede dinamite sociale ovunque e ritiene che sia sufficiente accendere la miccia per far saltare tutto, né attendere placidamente il Grande Giorno e sperare che lo spirito santo rivoluzionario ci faccia la grazia. Bisogna invece rendersi conto che per essere nei fatti avanguardia è necessario prima di tutto crescere sia quantitativamente che qualitativamente: propaganda e preparazione sono i doveri primi di ogni militante, al fine di rafforzare l'organizzazione e far sì che ogni compagno sia o comunque possa diventare un punto di riferimento credibile per la classe, giorno dopo giorno, sempre di più. Allo stesso tempo non bisogna nemmeno pensare che la crescita dell'avanguardia sarà indipendente dallo svolgersi della lotta di classe e che avrà una specie di evoluzione propria a ritmo costante. Al contrario, se questa crescita ci sarà, verrà per salti, determinati da repentini aumenti di livello dello scontro sociale, che permetteranno, ma solo ad un'avanguardia preparata e salda nella linea e nell'organizzazione, di radicarsi nella classe, in vista dell'occasione rivoluzionaria, a cui nessuna sfera di cristallo può assegnare una data.