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Home ›LA NOSTRA RISPOSTA AD UN FALSO DILEMMA TUTTO INTERNO ALLE DINAMICHE IMPERIALISTE
In una fase storica caratterizzata dalla crisi strutturale del capitalismo, da un ginepraio di guerre con il rischio di un allargamento verso un conflitto generalizzato, con la tragedia NELLA TRAGEDIA di proletari che combattono contro altri proletari senza una guida politica in grado di rovesciare i termini dalla guerra in guerra di classe, è inconcepibile che si possa discutere faziosamente sui termini di antisionismo e di antisemitismo.
La questione della presunta democrazia dello stato di Israele è un falso problema
La “democrazia” borghese è il miglior involucro di dominio sociale contro il proletariato, ma se non bastasse, perché l’avversario di classe alza la testa o bisogna convincerlo a scendere sul terreno del conflitto per difenderla, la “democrazia”stessa partorisce regimi totalitari, dittatoriali o sovranisti, come va di moda adesso definirli. Il fatto di giudicare Israele un paese democratico, cosa che non è “neanche in termini borghesi”, non giustifica il suo brutale comportamento nei confronti della popolazione palestinese (vedi i lager, la costruzione del muro, la rapina di Gerusalemme est, il furto dell’acqua ai contadini di Gaza e della Cisgiordania e le intrusioni nei territori migliori della Cisgiordania stessa a colpi di incendi, massacri, pulizia etnica da parte dei coloni israeliani spalleggiati dall’esercito). Anche gli Usa che si definiscono una democrazia, la “più grande democrazia” del mondo e con questa scusa hanno invaso l’Afghanistan, l’Iraq, hanno fatto combattere per procura in Siria interi eserciti di siriani e curdi e oggi, con l’aiuto dall’alleato di sempre, la Gran Bretagna, bombardano le postazioni militari e civili nello Yemen del nord e finanziano la “resistenza” ucraina. Per non parlare della guerra del Viet Nam, di Corea e di tutte le tensioni belliche della guerra fredda contro l'altro imperialismo dell’altrettanto falso socialismo russo. Per cui parlare di democrazia in una fase storica di guerra guerreggiata è semplicemente un ossimoro – ancora una volta: anche in termini borghesi, visto che la stessa “democrazia” è sospesa - e non serve a giustificare la catastrofe umana che si sta compiendo, dichiarando che la guerra è la guerra e Israele non fa altro che comportarsi come gli altri paesi. E proprio qui sta il punto. Gli altri paesi sono imperialisti su scala internazionale o su scala locale, aggrediscono, distruggono: sono la barbarie della guerra di cui Israele fa parte con il solito aiuto Usa che gli fornisce armi, soldi a protezione politica all’interno dell’ONU, con l’uso del diritto di veto nei confronti delle condanne di Tel Aviv, non ultima quella di atti contro l’umanità.
Abbiamo criticato e critichiamo la Russia che ha invaso l’Ucraina, l’Iran che sovvenziona e arma mezzo Medio oriente. A questo proposito abbiamo anche criticato il nazionalismo fanatico e fascista di Hamas per l’attentato del 7 ottobre contro civili inermi. Abbiamo criticato le operazioni degli Houthi guidati da Teheran, come tutti gli interpreti di queste guerre. Con lo stesso metro abbiamo criticato e critichiamo le atrocità dello stato di Israele, ma non per questo dobbiamo essere tacciati di antisemitismo. O Israele dovrebbe godere di un'impunità (che peraltro gli garantiscono gli Usa) tale da essere considerata sì un paese capitalista, che sfrutta il suo proletariato e quello palestinese, ma che in virtù di una mal interpretata impostazione ideologica basata sul passato, non va criticato più di tanto, altrimenti per i reprobi che osano farlo scatta immediatamente l’infamante accusa di antisemitismo? A meno che non si voglia usare questo termine a giustificazione del proprio appoggio al sionismo. Giochino perverso, che volutamente confonde l’antisionismo con l'antisemitismo. Chi tocca Israele muore, e questo è tragicamente vero, ma non è possibile morire di antisemitismo per denunciare la barbarie dell’esercito di Tel Aviv, anche se è uguale a quello russo o americano o di un qualunque paese capitalista. Barbarie borghesi, nazionaliste, di destra o di falsa sinistra, falsamente democratiche o totalitarie sono tutte figlie della crisi del capitalismo ed ogni tentativo di distinguerle, o peggio di giustificarle, è un atto politico che non rientra nella prospettiva internazionalista che giustamente predica il contrario.
Il tutto fa il paio con l’idea che “Israele ha diritto di vivere” e di difendersi. Infatti vive come e più degli altri paesi capitalisti, si difende e attacca con feroce determinazione. Appartiene ad un collaudato fronte imperialista in compagnia di Unione Europea, Gran Bretagna e Usa. Per gli internazionalisti, Israele, come tutti i capitalismi mondiali e le loro espressioni statali, non deve vivere, ma scomparire e non per una faida tra nazionalismi, ma per mano della rivoluzione internazionale.
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