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Home ›Varsavia 1944: una lezione dalla storia
Coloro che hanno dato il primo ordine di combattere
si mettano a contare i nostri cadaveri.
Lasciateli passare per le strade
che non ci sono
per la città
che non c'è
che contino per settimane, per mesi
che contino i nostri cadaveri
fino alla morte.(1)
La guerra in Ucraina ha dato inizio a una nuova fase della spinta bellica mondiale, di cui il massacro in corso a Gaza è un'ulteriore escalation.(2) In tempi come questi, è utile guardare al passato, per vedere come può metterci in guardia sulle nostre prospettive di oggi. Abbiamo già scritto della rivolta del 1943 nel ghetto di Varsavia(3) e delle attività dei socialisti polacchi che cercarono senza successo di tracciare un percorso politico indipendente sotto l'occupazione.(4) Il 1° agosto ricorre l'80° anniversario di un altro momento storico: la rivolta di Varsavia del 1944. Questo tragico episodio, che oggi costituisce un elemento chiave della mitologia nazionalista polacca(5), ci permette di comprendere la differenza tra insurrezioni nazionali e lotta di classe rivoluzionaria.
Occupazione di Varsavia
Il 1° settembre 1939 la Polonia fu invasa da ovest dalla Germania nazista, segnando l'inizio della Seconda guerra mondiale. Il 17 settembre, l'URSS invase la Polonia da est, dividendo il Paese a metà com'era stato stabilito nel protocollo segreto del Patto Molotov-Ribbentrop.(6) La Polonia sarebbe rimasta sotto occupazione per tutta la durata della guerra, anche se le linee di demarcazione continuarono a spostarsi (in particolare dopo che la Germania nazista attaccò l'URSS il 22 giugno 1941, aprendo il fronte orientale).
Quando l'esercito tedesco si avvicinò a Varsavia, la popolazione della città fu mobilitata per la difesa, mentre i funzionari statali polacchi si preparavano ad evacuare. Almeno 2.000 soldati e 10.000 civili morirono durante l'assedio di Varsavia, iniziato l'8 settembre 1939, e il 10% degli edifici della città fu distrutto. Il 27 settembre fu concordato un cessate il fuoco e Varsavia capitolò poco dopo. Fuggendo attraverso la Romania, si formò un governo polacco in esilio in Francia (che si trasferì a Londra dopo la caduta della Francia). Nel frattempo, il regime nazista cercò di mettere in atto il Piano Pabst e il Piano Generale Ost, trasformando Varsavia in una "nuova città tedesca": soppressione di qualsiasi opposizione, riduzione massiccia della popolazione polacca della città, germanizzazione del resto e creazione di un ghetto ebraico (aperto nel novembre 1940). Con il deteriorarsi della situazione al fronte, si diffuse sempre più l'uso del lavoro forzato e dei campi di concentramento, prima dell'apertura dei campi di sterminio a partire dal 1942.
Nonostante ciò, la vita politica in Polonia continuò in condizioni di clandestinità. I resti della classe dirigente polacca si raggrupparono in uno Stato clandestino polacco, subordinato al governo polacco in esilio. Al suo interno, populisti agrari, nazionalisti, democristiani e i socialpatrioti del Partito Socialista Polacco (Polska Partia Socjalistyczna, PPS) si contendevano l'influenza politica. Lo Stato clandestino polacco creò un proprio braccio armato, l'Unione di lotta armata, riorganizzata nel 1942 nell'Esercito Nazionale, un ombrello antinazista aperto a chiunque "giurasse fedeltà alla patria". L'altra principale forza politico-militare era il Partito Operaio Polacco (Polska Partia Robotnicza, PPR), subordinato a Mosca, che aveva un proprio Esercito Popolare e che nel luglio 1944 proclamò il Comitato Polacco di Liberazione Nazionale nella provincia di Lublino, un governo provvisorio in opposizione al Governo Polacco in Esilio. Col tempo, la maggior parte dei gruppi politici della Polonia occupata si legò alla leadership di Londra o di Mosca.
Operazione Tempesta
Alla fine del 1943, di fronte alla sconfitta sul fronte orientale, era ormai chiaro che la Germania nazista avrebbe perso la guerra. Il governo polacco in esilio sperava ora di riprendere il controllo, prima dell'arrivo dell'Armata Rossa in avanzata, che secondo le previsioni avrebbe trasformato la Polonia in uno Stato vassallo di Mosca. Con il nome in codice di Operazione Tempesta, l'Esercito Nazionale elaborò piani per una serie di rivolte nazionali in tutti i territori polacchi che avrebbero dovuto iniziare nel gennaio 1944. Inizialmente Varsavia ne fu esclusa per ragioni strategiche. Tuttavia, poiché le azioni ai confini orientali della Polonia prima della guerra non raggiunsero i loro obiettivi, un'insurrezione a Varsavia divenne l'ultima possibilità per l'Esercito Nazionale di spostare l'equilibrio a proprio favore.
La questione di un'insurrezione a Varsavia rimase controversa anche all'interno dei circoli militari e politici polacchi. Il generale Bór-Komorowski, il comandante dell'Esercito che appoggiò l'idea e fu incaricato della sua preparazione, la vedeva come diretta militarmente contro i tedeschi, ma politicamente contro i sovietici. D'altra parte, il generale Anders, che guidava le forze armate polacche a est, considerava la decisione di lanciare l'insurrezione un atto criminale, poiché si rendeva conto che l'Armata Rossa non sarebbe mai venuta in suo aiuto. In ogni caso, dopo aver ricevuto false voci sul fatto che l'Armata Rossa stava raggiungendo Varsavia, i vertici dell'Esercito Nazionale si riunirono in segreto e decisero di lanciare l'azione il 1° agosto 1944 alle 17:00. Sebbene la popolazione di Varsavia si aspettasse un'insurrezione, molti combattenti della resistenza furono comunque colti di sorpresa, male armati e incapaci di raggiungere le loro unità fino a molto più tardi.
In una città di 1 milione di abitanti, Bór-Komorowski aveva ai suoi ordini fino a 50.000 resistenti. I vertici dell'Esercito dNazionale avevano previsto che il conflitto sarebbe durato solo pochi giorni, invece si protrasse per 63 giorni. Ad eccezione di alcuni rifornimenti, non arrivò alcun aiuto dall'Armata Rossa o dagli Alleati in generale. L'imperialismo russo sapeva che la rivolta era diretta contro i suoi interessi nella regione, ma era anche scomoda per l'imperialismo americano e britannico che, dopo la Conferenza di Teheran, non voleva turbare le proprie relazioni con Stalin. D'altra parte, Himmler, in una conversazione con Hitler, espresse la sua gioia: "l'azione dei polacchi è una benedizione... Varsavia sarà liquidata... I polacchi stessi cesseranno di essere un problema per i nostri figli e per tutti quelli che seguiranno"(7). La punizione tedesca fu severa: massacri nel quartiere operaio di Wola e nel sobborgo di Ochota, deportazioni di massa, bombardamenti e incendi di interi quartieri. Alla fine, l'80-90% di Varsavia fu distrutto, 200.000 civili furono uccisi e 650.000 deportati in campi di transito. L'insurrezione non riuscì a realizzare gli obiettivi dell'Esercito Nazionale. Il 17 gennaio 1945, alla fine l'Armata Rossa entrò nelle rovine di Varsavia, affrontando solo una debole resistenza da parte dell'esercito tedesco ormai in ritirata. Con l'aiuto dell'Armata Rossa e dell'NKVD, furono gettate le basi per una Repubblica Popolare Polacca. I partecipanti alla rivolta sopravvissuti furono soggetti a repressioni e, mentre l'Esercito Nazionale si sciolse ufficialmente, alcune unità continuarono a svolgere attività clandestine contro le nuove autorità.
Paralleli storici
È vero che nei primi giorni della rivolta ci sono state manifestazioni di entusiasmo e di auto-organizzazione, con alcuni che trovarono solidarietà nel disastro. Vennero istituiti comitati di casa e di quartiere per contribuire alle misure antiaeree, ai servizi antincendio, alla fornitura di cibo, acqua e sabbia. I giovani scout gestirono il servizio postale, mentre le notizie e le pubblicazioni politiche continuarono a essere stampate in numero significativo e furono create stazioni radio locali. Zygmunt Zaremba, un rappresentante del PPS dello Stato Polacco Clandestino e partecipante alla rivolta, ha descritto la situazione sul campo come segue:
La vita era strana in questa piccola isola di libertà. L'amministrazione era portata avanti in parte dall'Alto Comando dell'Esercito Nazionale e in parte dai quadri dell'amministrazione civile preparati in segreto. Il ruolo principale, tuttavia, era svolto dai comitati degli edifici e dei blocchi di caseggiati, che obbedivano liberamente. La polizia non era necessaria. L'intera città era diventata una comune completamente socializzata. Gli abitanti condividevano il cibo con i soldati e con i rifugiati provenienti dalle zone della città ancora occupate dai tedeschi. Nelle case furono allestite cucine comuni che provvedevano agli abitanti e agli ospiti di passaggio. Quando le scorte private si esaurivano, attraverso l'intermediazione dei comitati di caseggiato, l'amministrazione distribuiva gratuitamente cibo prelevato dai magazzini tedeschi. Il denaro non giocava alcun ruolo. C'era una comunità fraterna di tutti i combattenti, dominata dalla felice consapevolezza che eravamo tutti finalmente liberi. Eravamo orgogliosi di esserci liberati con le nostre forze, di aver battuto i tedeschi e di averli costretti ad arrendersi e a consegnare le armi ai "nostri ragazzi", come chiamavamo i soldati dell'Esercito Nazionale. Era notevole che nessuno si vendicasse dei prigionieri; la gente li guardava con curiosità nelle strade quando venivano fatti costruire delle fortificazioni; molto spesso si lasciava sfuggire un'osservazione ironica rivolta agli "Herrenvolk"[popolo dei signori, ndt], ma nessun prigioniero veniva colpito o linciato.(8)
Zaremba, che considerava la rivolta un tentativo di creare "uno Stato polacco libero e indipendente con i nostri sforzi e sacrifici", aveva tutto l'interesse a presentarla in termini romantici. Eppure non fu l'unico a fare il paragone con la Comune di Parigi. Gli eventi di Varsavia non passarono inosservati in Italia, dove si stava avvicinando un'insurrezione nazionale contro il fascismo. Nell'ottobre 1944, sulle pagine de La Sinistra Proletaria, pubblicata dai seguaci di Bordiga a Napoli, apparve un articolo dal titolo "Viva la Comune di Varsavia!":
Innanzitutto, le autorità russe hanno valutato i partigiani polacchi per quello che realmente sono, cioè combattenti proletari senza padroni, combattenti autonomi della classe operaia, che lottano non per la libertà della Polonia dei capitalisti e dei proprietari terrieri, ma per l'emancipazione delle classi lavoratrici contro tutti i padroni dell'Est e dell'Ovest, del Nord e del Sud. È contro questo atteggiamento comunardo che i leader russi intendevano reagire, innanzitutto negando l'aiuto militare a questi combattenti del fronte proletario mondiale e in secondo luogo permettendo il massacro di 200.000 persone da parte dei nazisti, quasi tutti militanti del Bund rivoluzionario-socialista di Varsavia.(9)
Scrivendo in contemporanea, alcune imprecisioni fattuali sono comprensibili: il Bund [Partito socialista ebraico di Lituania, Polonia e Russia, fondato a Vilnius/Vilna nel 1897, antisionista, ndt] giocò un ruolo significativo nella Rivolta del Ghetto di Varsavia, dove la maggior parte dei suoi militanti perì, ma ebbe un'influenza trascurabile sull'Insurrezione di Varsavia (solo alcuni singoli membri superstiti del Bund vi presero parte). Tuttavia, è assurda l'idea che i resistenti subordinati all'Esercito Nazionale, che costituivano la stragrande maggioranza dei combattenti, fossero "combattenti proletari senza padroni, combattenti autonomi della classe operaia". Eppure, quasi dieci anni dopo, lo stesso Bordiga avrebbe ripetuto questa affermazione:
[il proletariato polacco] si sollevò durante la Seconda guerra mondiale nel disperato tentativo di prendere il potere nella capitale martirizzata contro gli stati maggiori tedesco e russo, facendo la stessa fine dei comunardi di Parigi, che caddero sotto il fuoco incrociato dei loro nemici.(10)
L'interpretazione di Bordiga e dei suoi seguaci era, nel migliore dei casi, velleitaria, nel peggiore, confondeva le nozioni di nazione e classe. Già a metà agosto, di fronte al terrore nazista, alla stanchezza, alla fame e alle malattie, il morale a Varsavia era crollato. La vita quotidiana si svolgeva ormai in scantinati, fogne e rifugi improvvisati. I civili chiedevano la resa dell'Esercito Nazionale, i privilegi di cui godevano i soldati (come l'accesso prioritario all'acqua) causavano tensioni e sempre più spesso i soldati venivano maltrattati verbalmente dai civili. Sempre più civili accettavano l'offerta di lasciare la città, anche se ciò significava la deportazione o peggio. Inoltre, l'insurrezione di Varsavia fu preparata fin dall'inizio dal governo polacco in esilio con calcoli di realpolitik. Per diventare una vera e propria rivolta nazionale e non solo un'operazione militare nata morta, la leadership dell'Esercito Nazionale doveva ovviamente sfruttare gli umori popolari delle masse di Varsavia. Cinque anni di occupazione avevano diffuso sentimenti antinazisti, ma la maggior parte dei lavoratori non voleva il ritorno della Seconda Repubblica polacca. Il governo polacco in esilio doveva presentare un programma che potesse competere con le riforme sociali promesse dal Comitato polacco di liberazione nazionale allineato a Mosca. Gli appelli per la "socializzazione delle industrie chiave, la partecipazione degli impiegati e degli operai alla gestione della produzione industriale"(11) diffusi dall'Esercito Nazionale durante l'insurrezione devono essere compresi in questo contesto. Alcuni combattenti della resistenza potevano effettivamente desiderare che la classe operaia "prendesse il potere", ma per la maggior parte questo sarebbe stato inteso come la creazione di un "governo operaio e contadino" che, secondo il PPS, si stava costruendo a Londra e, secondo il PPR, esisteva già a Mosca.
Un'analisi diversa emerge invece da un volantino distribuito ad Asti nel dicembre 1944 dai membri del neonato Partito Comunista Internazionalista (PCInt):
In questo clima di attesa per l'imminente fine del conflitto, il Comitato di Liberazione Nazionale rilancia, soprattutto attraverso il Partito Comunista Italiano, il suo incitamento alle masse lavoratrici a prepararsi all'insurrezione contro il nazifascismo. Definiamo provocatoria tale propaganda e affermiamo che se la classe operaia commettesse l'ingenuo errore di sollevarsi contro le truppe tedesche andrebbe incontro a un terribile massacro. I dolorosi episodi di Grosseto, Parigi e Varsavia costituiscono una lezione istruttiva, che non deve essere dimenticata. Anche la confusione tra guerra e rivoluzione è assurda. La classe operaia non è militarista e in nessun periodo storico i partiti politici proletari si sono posti il problema di un'azione sul piano della guerra di natura militare contro l'esercito, che richiede soprattutto particolari competenze tecniche. Il proletariato è contro la guerra e la combatte facendo propaganda a favore della diserzione e del boicottaggio, pronto ad approfittare di ogni situazione favorevole per trasformarla in una lotta civile per la conquista del potere. La classe operaia è rivoluzionaria, ma la lotta rivoluzionaria non ha nulla a che vedere con la guerra tra eserciti: la tecnica è diversa, diversi sono i metodi utilizzati, diverse quindi sono anche le qualità che i dirigenti devono possedere.(12)
In questo caso, l'esperienza di Varsavia servì da monito su ciò che può accadere quando i lavoratori vengono coinvolti in attività insurrezionali non alle loro condizioni. Invece di farsi travolgere dall'insurrezione nazionale, il PCInt raccomandava il seguente approccio:
commetteremmo un peccato di astrazione se non riconoscessimo che, negli eventi insurrezionali a cui assisteremo, l'iniziativa è e rimane nelle mani di quelle stesse forze che hanno dominato il conflitto mondiale e che, allo stato attuale dei rapporti di forza, sarebbe romantico sognare di cambiare il corso della storia con il solo nostro intervento e di trasformare un movimento democratico-patriottico in un movimento rivoluzionario di classe. Il nostro intervento sarà quindi ispirato a questi criteri: 1) critica preventiva degli obiettivi politici e della direzione tattica dell'insurrezione nazionale e dello sciopero armato; 2) intervento nel movimento insurrezionale ovunque esso assuma un carattere di massa, e azione in esso come forza politica differenziante; 3) sfruttamento dell'agitazione in corso per la conquista di quelle posizioni che possono giovare sia alla continuazione della lotta proletaria nei mesi a venire, sia al rafforzamento del Partito.(13)
In questo modo, il PCInt fu in grado di intervenire negli scioperi di massa che si stavano svolgendo, senza sacrificare la propria integrità politica e organizzativa. Come in Italia, anche in Polonia era in corso una lotta di classe. A partire dalla fine del 1943, i comitati di fabbrica fecero la loro comparsa in tutto il Paese. Iniziarono a prepararsi concretamente per la fine dell'occupazione, riprendendo i posti di lavoro e riavviando la produzione alle loro condizioni. In alcuni casi, si armarono per impedire la distruzione e il saccheggio delle attrezzature industriali da parte degli occupanti e per scoraggiare il ritorno dei vecchi proprietari. In questi comitati di fabbrica erano rappresentate diverse tendenze, dal PPR e dal PPS, ai gruppi socialisti e sindacalisti più piccoli, ai sindacalisti, ai lavoratori non iscritti al partito e persino ai membri dell'Esercito Nazionale. Fu il crescente radicalismo della classe operaia a costringere tutti questi gruppi politici a concedere un ruolo ai comitati di fabbrica nei loro programmi per la Polonia del dopoguerra. Nel marzo 1944, il comandante dell'Ufficio di Informazione e Propaganda dell'Esercito Nazionale avvertì:
Senza dubbio si è verificata una forte radicalizzazione di strati sociali precedentemente svantaggiati e un generale spostamento a sinistra. La richiesta di liquidare grandi concentrazioni di ricchezza dalle mani di privati o gruppi di persone è diventata quasi universale. ... Qualsiasi tentativo di invertire questo processo o addirittura di fermarlo è senza speranza e quindi dannoso. ... Rimarrà il disprezzo o addirittura l'odio per i leader malfermi e... à la lanterne[che rischiano esecuzioni sommarie, ndt].(14)
È una coincidenza storica che il 1° agosto 1944 alle 17:00, proprio nel giorno e nell'ora in cui fu lanciata l'insurrezione, si sarebbe dovuto tenere a Varsavia un congresso dei comitati di fabbrica, con l'obiettivo di stabilire un coordinamento a livello cittadino. L'insurrezione spinse inevitabilmente i comitati di fabbrica di Varsavia alla clandestinità (anche se in alcuni casi, come nel quartiere di Praga, l'insurrezione fu sfruttata come occasione per occupare prematuramente i luoghi di lavoro - i militari tedeschi li recuperarono e saccheggiarono rapidamente, punendo gli operai). Una delle principali conseguenze politiche del fallimento dell'insurrezione fu l'ulteriore rafforzamento dell'influenza del PPR (la cui partecipazione all'insurrezione fu limitata) - l'Esercito Nazionale fu decimato, mentre i gruppi socialisti e sindacalisti più piccoli che presero parte ai combattimenti persero ogni carattere indipendente, dovendosi subordinare militarmente all'uno o all'altro centro politico. Tuttavia, anche mentre il PPR stabiliva il suo controllo, i lavoratori continuarono ad agire in modo indipendente. L'anarchico Paweł Lew Marek descrisse così la situazione all'inizio del 1945:
Quasi nessuno aspettava ordini dalle autorità superiori, alcuni operai si occupavano della produzione, altri cercavano rifornimenti. Le brigate di varie fabbriche andavano dietro il fronte a cercare i macchinari che i tedeschi avevano portato via all'ultimo momento... Le fabbriche, per poter in qualche modo mantenere gli equipaggi e avviare la produzione o riparare i danni, svilupparono una vasta iniziativa di mutuo soccorso. Altre aziende vennero contattate direttamente per le forniture di viveri o di elettricità. Quelle che avevano prodotti vendibili o artigiani qualificati li inviavano in campagna per scambiare beni o servizi con generi alimentari.(15)
I lavoratori si scontrarono anche con le nuove autorità staliniane. Negli anni 1945-1948 si verificarono circa 1.200 scioperi, l'80% dei quali per questioni economiche.(16) Nelle elezioni del 1946 per i comitati di fabbrica, il PPR ricevette solo il 31% dei delegati, il PPS il 38%, gli operai senza partito il 27% e i populisti agrari il 4%.(17) Non sorprende quindi che, non appena i comitati di fabbrica ebbero svolto il loro ruolo nel riavviare la produzione, il PPR li subordinò completamente ai sindacati controllati dallo Stato. A differenza dell'Italia, non esisteva nemmeno lo scheletro di un partito rivoluzionario indipendente in grado di presentare un'alternativa a Londra e Mosca all'interno degli organismi della classe operaia. Da solo, il sindacalismo elementare ma miope degli operai che si impadronirono dei loro posti di lavoro non poteva sfidare l'emergente Stato stalinista: i loro sforzi furono sfruttati dalle nuove autorità, che poi procedettero con un programma di nazionalizzazione sul modello del capitalismo di Stato.
Paralleli contemporanei
Il nazionalismo si nutre sempre di martirio e di un senso di tradimento, che la Rivolta di Varsavia fornisce in abbondanza. La soppressione della sua memoria sotto la Repubblica Popolare Polacca ha reso il suo culto ancora più potente. Con la caduta del blocco orientale e la trasformazione economica e politica della Polonia dopo il 1989, il governo polacco in esilio si è ufficialmente sciolto e ha riconosciuto la Terza Repubblica polacca. Nel 2009, il 1° agosto è stato dichiarato giorno festivo su iniziativa dell'allora Presidente della Polonia Lech Kaczyński, fondatore del partito populista e nazional-conservatore Diritto e Giustizia. La Rivolta di Varsavia viene ora commemorata ogni anno con vari eventi sponsorizzati dal governo e marce guidate dall'estrema destra, anche se il dibattito sulla copportunità o meno della decisione di lanciarla continua. Nel frattempo, molti socialdemocratici polacchi e persino anarchici interpretano la rivolta come un movimento principalmente antifascista che presumibilmente rivela come il "vero" patriottismo polacco sia intrinsecamente in contrasto con il fascismo.
Ma non è solo in Polonia che la memoria della rivolta funziona oggi come strumento di mistificazione politica. Le incursioni di Hamas del 7 ottobre 2023 sono state paragonate alla Rivolta del Ghetto di Varsavia del 1943, ma anche alla Rivolta di Varsavia del 1944.(18) In un precedente articolo abbiamo spiegato perché i paragoni con la prima sono errati.(19) E mentre alcune delle stesse obiezioni si applicano al secondo paragone (ad es. i civili tedeschi non erano generalmente considerati obiettivi dalla resistenza polacca, l'insurrezione di Varsavia non fu un'incursione in territorio tedesco ma una ribellione all'interno di una città occupata, ecc.), vi sono tuttavia alcuni parallelismi, al di là del semplice fatto che entrambi gli interventi militari sono stati lanciati contro regimi che contribuivano all'incredibile miseria economica e sociale nei territori occupati.
- C'erano in gioco considerazioni geopolitiche più ampie. Liberare Varsavia prima dell'arrivo dell'Armata Rossa avrebbe dato al governo polacco in esilio un vantaggio nei negoziati di pace del dopoguerra. D'altra parte, provocare l'ira di Israele ha obbligato paesi come l'Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, la Giordania e l'Egitto a stringersi attorno alla Palestina, interrompendo il processo di accomodamento arabo-israeliano che minacciava di isolare Hamas sulla scena internazionale.
- È stata anche una risposta a fattori interni. L'aumento del sostegno agli stalinisti era una preoccupazione per l'Esercito Nazionale, che doveva quindi presentarsi come una forza combattente radicale. D'altra parte, negli ultimi anni Hamas ha dovuto far fronte a crescenti proteste economiche e diversi sondaggi indicavano che stava iniziando a perdere il sostegno popolare. In entrambi i casi, l'intervento militare è stato un tentativo di restituire legittimità a forze politico-militari preoccupate per la loro presa sulla popolazione civile.
- Infine, ma non meno importante, sia la leadership polacca residente a Londra che quella palestinese residente in Qatar hanno preso la loro decisione con la piena consapevolezza che avrebbe comportato il rischio di massicce ritorsioni sulle popolazioni civili. 200.000 polacchi allora e 39.000 palestinesi (e non solo) oggi ne hanno pagato il prezzo.
Per gran parte della sinistra capitalista moderna, il 1° agosto e il 7 ottobre sono espressioni di movimenti di liberazione nazionale progressisti (anche se gli stalinisti di professione continueranno a denunciare la Rivolta di Varsavia come antisovietica). Ma quando la classe dominante, per quanto in basso nell'ordine di importanza imperialista, invita i lavoratori a "combattere per la nazione", in realtà chiede ai lavoratori di morire in difesa della proprietà capitalista. Gli interessi di forze politico-militari come l'Esercito Nazionale o Hamas non sono e non possono essere gli stessi della classe operaia. Se inizialmente le rivolte nazionali tendono a rafforzare l'unità nazionale, più a lungo si protrae il massacro, più è probabile che riemergano le divisioni di classe. Come negli anni Quaranta, oggi le forze sparse degli internazionalisti non sono in grado di trasformare i movimenti democratico-patriottici in movimenti rivoluzionari di classe. Tuttavia, se possiamo trarre una lezione da Varsavia 1944, è che anche nelle profondità della più spietata barbarie capitalista, la lotta di classe non scompare. Spesso è la gravità della situazione che alla fine costringe i lavoratori ad agire per garantire la loro stessa esistenza. È a questo punto che la questione della nazione o della classe diventa centrale e la presenza o l'assenza del fattore soggettivo (un partito rivoluzionario radicato nella classe lavoratrice) diventa decisiva.
Dyjbas, CWO
Luglio 2024
Note
1) Lasciate che contino i cadaveri (1974), poesia di Anna Świrszczyńska (1909-1984), infermiera militare durante l'insurrezione di Varsavia. Tradotto in: przekroj.org
2) The Latest Butchery in the Middle East is Part of the March to Generalised War
3) leftcom.org
4) leftcom.org
5) Per saperne di più sul nazionalismo polacco, vedi: leftcom.org
6) leftcom.org
7) Tradotto in: Norman Davies, Rising '44: The Battle for Warsaw, p.249
8) Zygmunt Zaremba, La Comune di Varsavia: tradita da Stalin, massacrata da Hitler: _marxists.org ; ne esiste una traduzione italiana a cura del Centro Studi Pietro Tresso, se la memoria non ci inganna._
9) _La Sinistra Proletaria, 28 ottobre 1944 international-communist-party.org
10) _Amadeo Bordiga, I fattori di razza e nazione nella teoria marxista, quinterna.org
11) Biuletyn Informacyjny, no.54, organo dell'Esercito Nazionale, 17 Agosto 1944
12) Guerra o rivoluzione, PCInt, dicembre 1944
13) Prospettive e direttive, PCInt, 13 aprile 1945; per i documenti a questa e alla nota 12, vedi il nostro opuscolo leftcom.org
14) Jan Rzepecki, _Wspomnienia i przyczynki historyczne, pp.267-268_
15) Paweł Lew Marek, _Początki ruchu zawodowego w Krakowie w 1945 r., materiały „Archiwum FA-Słupsk”, pp.101-103_
16) Łukasz Kamiński, _Polacy wobec nowej rzeczywistości 1944–1948. Formy pozainstytucjonalnego żywiołowego oporu społecznego, p.135_
17) Kazimierz Kloc, _Historia samorządu robotniczego w PRL 1944-1989, p.57_
18) vedi aljazeera.com e wsws.org
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- 2008: Onda movement in Italy
- 2008: War in Georgia
- 2008: Riots in Greece
- 2008: Pomigliano Struggle
- 2008: Global Crisis
- 2008: Automotive Crisis
- 2009: Post-election crisis in Iran
- 2009: Israel-Gaza conflict
- 2020s
- 1920s
- 1921-28: New Economic Policy
- 1921: Communist Party of Italy
- 1921: Kronstadt Rebellion
- 1922-45: Fascism
- 1922-52: Stalin is General Secretary of PCUS
- 1925-27: Canton and Shanghai revolt
- 1925: Comitato d'Intesa
- 1926: General strike in Britain
- 1926: Lyons Congress of PCd’I
- 1927: Vienna revolt
- 1928: First five-year plan
- 1928: Left Fraction of the PCd'I
- 1929: Great Depression
- 1950s
- 1970s
- 1969-80: Anni di piombo in Italy
- 1971: End of the Bretton Woods System
- 1971: Microprocessor
- 1973: Pinochet's military junta in Chile
- 1975: Toyotism (just-in-time)
- 1977-81: International Conferences Convoked by PCInt
- 1977: '77 movement
- 1978: Economic Reforms in China
- 1978: Islamic Revolution in Iran
- 1978: South Lebanon conflict
- 2010s
- 2010: Greek debt crisis
- 2011: War in Libya
- 2011: Indignados and Occupy movements
- 2011: Sovereign debt crisis
- 2011: Tsunami and Nuclear Disaster in Japan
- 2011: Uprising in Maghreb
- 2014: Euromaidan
- 2016: Brexit Referendum
- 2017: Catalan Referendum
- 2019: Maquiladoras Struggle
- 2010: Student Protests in UK and Italy
- 2011: War in Syria
- 2013: Black Lives Matter Movement
- 2014: Military Intervention Against ISIS
- 2015: Refugee Crisis
- 2018: Haft Tappeh Struggle
- 2018: Climate Movement
Persone
- Amadeo Bordiga
- Anton Pannekoek
- Antonio Gramsci
- Arrigo Cervetto
- Bruno Fortichiari
- Bruno Maffi
- Celso Beltrami
- Davide Casartelli
- Errico Malatesta
- Fabio Damen
- Fausto Atti
- Franco Migliaccio
- Franz Mehring
- Friedrich Engels
- Giorgio Paolucci
- Guido Torricelli
- Heinz Langerhans
- Helmut Wagner
- Henryk Grossmann
- Karl Korsch
- Karl Liebknecht
- Karl Marx
- Leon Trotsky
- Lorenzo Procopio
- Mario Acquaviva
- Mauro jr. Stefanini
- Michail Bakunin
- Onorato Damen
- Ottorino Perrone (Vercesi)
- Paul Mattick
- Rosa Luxemburg
- Vladimir Lenin
Politica
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- Luxemburgism
- Maoism
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