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Home ›L’unica liberazione valida è quella dal dominio del capitale
La terrificante mattanza in corso nella Striscia di Gaza vede il governo israeliano impegnato nell’accompagnare le sue criminose imprese belliche (migliaia di morti) con distruzioni materiali di tale portata da richiedere poi – ed è questo uno dei suoi obbiettivi - una ricostruzione del territorio con finalità strategiche di specifici ordini e contenuti economici, politici ed amministrativi. Esattamente ciò che sta accadendo in Ucraina con le brigantesche imprese di un Putin, “pacifista” in difesa del rublo, e del governo insediatosi a Kiev per gli interessi del dollaro.
Operazioni che si stanno svolgendo in uno scenario mondiale attraversato da una fase di surriscaldamento, con il capitalismo alle prese con le conseguenze del calo – inarrestabile - dei saggi di profitto. Ciò costringe tutti ad aggrapparsi ad una soffocante catena di debiti che complicano la vitale valorizzazione di capitali (sia in dollari, euro, yuan o rubli) tutti assetati di quel plusvalore che la produzione e vendita di merci non assicura più per soddisfare i bisogni del capitale. Alla borghesia non resta che la “soluzione” della guerra, solo che questa volta il rischio è quello di un peggioramento dell’ agonia già in corso. Sarebbe un colpo che potrebbe diventare mortale – prima o poi - per quelle operazioni commerciali le quali stanno già affondando nella palude di una crisi che blocca ogni “sviluppo” del capitale e dei suoi interscambi sui mercati internazionali.
Nella attuale fase imperialista si è compiuto il passaggio di molti paesi (precedentemente ridotti a colonie, nelle dirette mani delle maggiori potenze economiche oltre che militari) ad un più autonomo sviluppo di produzione industriale e di commercializzazione di merci e risorse materiali. L’ accentuata dipendenza dal capitale finanziario in possesso delle grandi potenze costringe però tutti a rimanere in condizioni di totale subordinazione ai centri imperialistici che li circondano. Lenin lo aveva intuito fin dal 1916 quando scriveva Contre le courant.
Un marxismo di comodo - Fra alcuni gruppi che si mascherano – con una enorme oscenità politica - da comunisti, riappaiono valutazioni e posizioni tattico-strategiche valide (ma con molte cautele) soltanto in un passato periodo storico dove – fra l’altro – era presente un’ operante organizzazione internazionale di partiti comunisti, la Terza Internazionale ai suoi inizi, oltre – almeno fino ai primi degli anni Venti – a uno "Stato operaio" frutto della rivoluzione proletaria russa. Oggi circolano di nuovo indicazioni le quali altro non sono che il risultato di idealistiche astrazioni strategiche, mancanti inoltre della indispensabile presenza operante di un partito comunista.
Il nazionalismo oggi è una illusione piccolo-borghese che contrasta con la strategia e il programma del movimento rivoluzionario comunista. Significa gettare nella polvere proprio quel fattore soggettivo che tanto fatica a comparire e che è indispensabile per dare il via ad un movimento di classe e anticapitalista. In nessun modo legato ai falsi principi di una autodeterminazione che diventa collaborazione e sudditanza (mascherata da autodeterminazione) al potere di un capitale transnazionale e delle potenze imperialiste che lo gestiscono.
L'arcaico concetto di autodeterminazione - La questione dei residui nazionalistici e delle guerre nazionali si è definitivamente e storicamente chiusa; quello dell’autodeterminazione è un concetto del tutto arcaico,
nell’ illusione che si possa favorire in un secondo tempo (sviluppando in modo autonomo produzione e mercato) la stessa lotta di classe, quando invece ciò che si rafforza è l’interclassismo. Lo comprova il riferimento continuo alla distinzione fra popoli aggrediti e popoli aggressori, che ammette per gli aggrediti il diritto a reagire … difendendo il “popolo” e la nazione. In un contesto – quello attuale, si dice - che vedrebbe comportarsi troppo famelicamente l’imperialismo occidentale mentre più moderato sarebbe l’appetito del capitale orientale, tutt’al più esagerato solo nel suo oscurantismo religioso …
Seguire – trasformandola in una attiva e concreta solidarietà - l' ideologia degli integralisti reazionari di Hamas, fino ai “moderati” (sic) della Jihad islamica, significa (dopo essersi legati ai principi di una falsa autodeterminazione ) boicottare il lavoro di ricostruzione del partito rivoluzionario e quindi rinunciare alla diffusione del programma comunista nelle coscienze del proletariato. Con il conseguente abbraccio di pericolose e avventuristiche manovre politiche, al seguito di interessi commerciali, industriali e finanziari del capitale e della classe borghese. Applausi al commercio reciprocamente vantaggioso, alla libera circolazione dei capitali e delle loro manovre finanziarie.
Ma nessun "riscatto nazionale e sociale" è possibile, nessuna riforma è realizzabile se rimane viva ed operante la presenza mondiale del capitale, produttivo e finanziario, imprigionando il proletariato e le masse diseredate tra le mura dello Stato nazionale per meglio organizzare e sostenere le operazioni commerciali e finanziarie delle borghesie corrotte del mondo arabo. A questo serve una manipolata e mistificata "liberazione nazionale" che si diffonde avvalendosi di "esemplari lezioni" consistenti in massacri di altri proletari colpevoli di appartenere ai "popoli" invasori ed oppressori.
L’alternativa di classe - Ribadiamo che la tattica del partito comunista non può che essere strettamente dipendente dal programma strategico che viene diffuso fra i proletari. Una chiara distinzione va posta tra quei movimenti di lotta che hanno per obiettivo un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (nei quali si devono sempre inserire le avanguardie comuniste, o stimolarli, per diffondere la propaganda rivoluzionaria) e il coinvolgimento sia delle masse proletarie sia della classe operaia in movimenti politici che soddisfano interessi borghesi e piccolo-borghesi. Ciò porterebbe ad un indebolimento e mai ad un rafforzamento del patrimonio teorico e politico del partito, il quale dovrà poi guidare il proletariato senza la pretesa di sostituirsi alla classe nel fare la rivoluzione e gestirne i diretti interventi.
Le “alternative” proposte e le”tattiche” messe in atto da sedicenti “comunisti ” ostacolano gravemente la preparazione di avanguardie proletarie ai compiti rivoluzionari che soli potranno risolvere le drammatiche condizioni di vita in cui versa ormai quasi l’intera umanità. Arretrano una maturazione rivoluzionaria del proletariato, disorientandolo e disarmandolo, perché la conseguenza pratica di una lotta per una forma di governo presentata come tappa intermedia necessaria sarebbe tutt'al più una momentanea pacificazione delle tensioni sociali interne, ottenuta in cambio di una sospensione della lotta di classe. Il proletariato sarebbe costretto a subordinare i propri reali interessi ad una condotta politica obiettivamente borghese.
Se il proletariato è ancora debole, oggettivamente e soggettivamente, le avanguardie comuniste devono operare per il suo rafforzamento esclusivamente attraverso la lotta di classe, rifiutando di farsi trascinare verso impostazioni e politiche gradualistiche e riformistiche. La preparazione politica e organizzativa dell'assalto al capitalismo, nei paesi in cui operano avanguardie comuniste (e se non sono presenti, è nostro compito formarle, con giusti ed esemplari insegnamenti), si deve svolgere nell'ambito di una appropriata strategia. E tale è se assume il proletariato internazionale come il vero soggetto antagonista del capitalismo. Un piano tattico che prevedesse fasi intermedie del processo rivoluzionario in collaborazione con altre classi antagoniste alla classe operaia, in realtà ignorerebbe la realtà oggettiva presente in ogni parte del mondo. Chiaramente: se nei rapporti di forza la situazione internazionale è sfavorevole, l'unica "fase intermedia" sarà l’ intensificazione della lotta di classe; se invece è favorevole, all'ordine del giorno si porrà l'assalto diretto per la rivoluzione proletaria.
Illusionismi democratici
Non vanno comunque ignorate le richieste che le masse proletarie avanzano nel frattempo: libertà di parola, stampa, organizzazione. Va però denunciata e combattuta una propaganda politica che vorrebbe conservare ugualmente il capitalismo, unico responsabile delle disastrose condizioni economiche e sociali dei lavoratori e delle guerre che incendiano il mondo e che soltanto un rovesciamento rivoluzionario con la direzione e organizzazione di un partito comunista potrà ribaltare.
Non chiediamo parità di diritti poiché non li consideriamo obiettivi comunisti, bensì democratico - borghesi, tali da alimentare l'inganno dell’ uguaglianza politica di tutti i cittadini, negando l’esistenza di contrapposti interessi di classe. Ma se la loro mancanza aggrava pesantemente le condizioni dei proletari, queste richieste devono essere agitate dai comunisti unicamente come rivendicazioni di stimolo alla lotta di classe e quindi per denunciare quella verità alla quale si oppone il potere borghese. Esso, con il capitalismo, è il vero responsabile della mancanza di libertà e di diritti. Senza abbattere il capitalismo, quelle libertà - compresa la conquista di una agibilità politica che, sempre secondo alcuni, ci aprirebbe la strada alla conquista del potere – rimangono una illusione per le masse sfruttate, un puro e semplice ideale che la stessa classe borghese alimenta in loro per deviarle dalla vera lotta, classe contro classe.
La soppressione dello stato borghese, la sua sostituzione col potere proletario dei consigli, aprono la strada allo smantellamento della struttura economica dominante, quella del capitalismo: è questo che implica dunque l'eliminazione dei poteri esecutivi, dei controlli politici – più o meno aperti e dichiarati - attuati dalla classe borghese. Lo stesso per le restrizioni di diritti e libertà, perpetrate contro i proletari.
I comunisti non chiamano il proletariato alla lotta per introdurre nella società capitalista "riforme progressiste”; la lotta è quella per l'organizzazione della rivoluzione comunista. Lotta che non mira a sostenere un regime democratico istituzionale borghese, diffondendo l’illusione che in esso si possano diffondere libertà politiche tali da concedere alla classe operaia le condizioni migliori per acquisire una propria “dignità sociale”. Questa – cantano le sirene del democratismo borghese mentre altri passano direttamente alle maniere forti - sarebbe indispensabile per meglio preparare i “cittadini” proletari ad assumere un ruolo sociale nella costruzione di un assetto economico più giusto. Un radicale assestamento – si dice – dei "diritti e doveri dei cittadini".
Ma ai comunisti spetta invece il compito di chiarire ai lavoratori sfruttati e alle masse diseredate del mondo intero che soltanto quando diritti e libertà saranno esclusivamente in mani proletarie, assieme ad ogni centro di controllo per l’abolizione della divisione in classi e la formazione concreta di una nuova società, solo allora, vi sarà una vera diffusione di libertà per tutti, meno s’intende per i padroni e i loro sostenitori.
E sarà, per il proletariato mondiale, la totale emancipazione dalla schiavitù nazionale e internazionale imposta dal capitalismo e dall’ordine sociale borghese.
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