Morti sul lavoro, un unico assassino: il capitale

Mentre sono tutti impegnati a santificare Navalny il grande rivoluzionario adoratore dell'occidente capitalista, grande nemico di Putin, anch'egli adoratore, come lui, dello stesso dio capitalista - ma, uno con la poltrona sotto il culo e l'altro con l'aspirazione di fregargliela - si compiva, per l'ennesima volta, una strage dello stato, maledetto, capitalista. L'assassinio si consumava in nome e per conto suo: in nome e per conto della sua famelica e mai sazia bulimia di profitti. Il solito bollettino; le campane a morte risuonavano in quello che dovrà essere il simbolo del consumismo: cinque operai salutavano per sempre questo mondo immondo; alcune travi e un solaio di un cantiere per la costruzione di un supermercato Esselunga crollavano, seppellendo otto operai: tre, pur in gravi condizioni, si salvavano, per gli altri cinque non c'è stato nulla da fare.

Ancora una volta piangiamo i nostri fratelli proletari, sì, quelli che, a detta di qualcuno, sono ormai dei fantasmi che esistono solo nella fantasia e nella mente di qualche antidiluviano comunista che ancora crede alle altrettanto obsolete storielle - come amano dire i moderni Don Chisciotte, non della Mancia ma dell'intero mondo - delle classi degli sfruttati e degli sfruttatori, dei padroni e dei loro moderni schiavi. Del profitto e del plusvalore o, per meglio intendersi, del pluslavoro, di cui, i saggi del profitto, quando entrano nella spirale della propria caduta tendenziale, vanno alla ricerca spasmodicamente, cioè del massimo sfruttamento della forza lavoro. Il limone classe operaia diventa allora un oggetto da spremere oltre la più elementare decenza; le bestie, in quanto capitale remunerativo, godono di maggior rispetto. Il cosiddetto capitale umano invece è remunerativo solo finché è in vita, finita la quale è facilmente sostituibile. L'esercito di riserva è sempre a disposizione.

Veloce, sempre più veloce, questo è l'imperativo che risuona come un boato, di cantiere in cantiere, di fabbrica in fabbrica; la sua vasta eco è possibile sentirla da Lampedusa a Bolzano; da Calcutta a Londra. Il disco si è incantato, suona sempre la solita melodia: “bisogna abbassare il costo del lavoro; dobbiamo essere più concorrenziali; è vitale l'incremento della produttività”. Ecco, ben detto sciur padrun, ben detto signori del governo, dell'opposizione, del sindacato, dei sindacati di base che avete sempre un occhio di riguardo per la produzione del suol natio, della patria vostra contro le altre patrie concorrenti: persino la produzione deve essere vitale, un essere inanimato che prende vita, che respira; una vita viva, che respira, un essere umano, conta invece quanto il due di picche. Muore uno, avanti un altro. Nella macabra giostra dell'umano (?), del disumano! sfruttamento, la pietà non esiste, non la si conosce neppure, esiste solo il bagliore dei soldi scintillanti.

Altrettanto macabri sono i loschi figuri tutti affannati (si fa per dire), nelle loro rivoltanti processioni. Le loro false lacrime (sic) sono un insulto, le loro gocce sono bombe lanciate contro il proletariato.

La presidentessa dell'Esselunga Marina Caprotti, è rimasta sconvolta, non dorme la notte al solo pensiero di cinque vite spezzate; ma poverina, forse ancora non l'avevano informata che, meno male, quattro di questi morti erano africani (un tunisino e tre marocchini), migranti, “chissenefrega”. Nell'Italia dei loro sogni hanno trovato ad attenderli la morte. La morte, sempre in agguato, molto di più nelle fasce più deboli di cui i migranti fanno parte. Barbaro destino del barbaro sistema capitalista. Tutti in fila ad esprimere il loro falso cordoglio: presidenti, sottopresidenti, sindaci, segretari, vescovi e preti e saltimbanchi, tutti in fila a balbettare le loro ributtanti litanie: “basta stragi sul lavoro”; da domani, da domani questa emergenza delle morti sul lavoro deve finire; ma il domani è sempre ieri. È infatti solo del 31 agosto del 2023, ieri appunto, l'altro assassinio padronal/statale; altri cinque operai morti mentre eseguivano lavori di manutenzione sui binari: “Tragedia immane, dolore enorme”, commentava il presidente della regione Piemonte un tal Cirio Alberto. Anche allora le solite schifose cerimonie dei cerimonieri assassini.

I sindacati, per carità di Dio - sempre lui, il profitto, quello nel nome del quale, si prostrano devoti al suo servizio - dichiarano due risibili ore di sciopero, la Cisl sempre più sindacato giallo se ne guarda bene, un minuto di silenzio, per essa, era più che sufficiente. Questi balbettii fanno il paio con quelli sulle precettazioni degli scioperi che, guarda caso, ha al centro sempre l'uomo (uomo?), che non ha mai fatto un cazzo in vita sua, a parte ingozzarsi di centinaia di migliaia di euro rubati dalle tasche dei lavoratori. Le precettazioni, dicevamo, sono il frutto di accordi firmati dai sindacati per mettere la museruola al proletariato; quando poi scatta la tagliola del vicepresidente del Consiglio, fanno finta di urlare all'attentato al diritto di sciopero! Sempre lo stesso losco figuro, nel marzo dello scorso anno, ha sciolto tutti i lacci sugli appalti e sub appalti. A Firenze, nel cantiere della morte dell'Esselunga, pare vi fossero più di trenta sub appalti, come le scatole cinesi. Chi si erge a difensore della classe operaia ha mai fatto qualcosa contro questo infame sistema massacratore dei più deboli, a parte far finta di urlare? Lo sanno tutti che buona parte degli operai che lavorano nei sub appalti vengono inquadrati in categorie che nulla hanno a che fare con gli edili, infatti i lavoratori coinvolti nell'incidente (sic!!), erano inquadrati come metalmeccanici: perché? Perché questo vuol dire risparmiare sulle retribuzioni e su tutto il sistema di sicurezza.

La presidentessa delle presidentesse si è “cordogliata” e “segue con apprensione...questa terribile tragedia”, ma è rimasta tutta impettita: d'altronde erano dei magrebini e tunisini, per di più irregolari; chiederle di sconvolgersi sarebbe stato violentare la sua coscienza di madre timorata di Dio e... patriota. Fu sempre lei che a luglio dello scorso anno, di fronte agli industriali dell'Assolombarda, suonò la carica per il “nuovo miracolo” italiano, una crescita, prevista, allora, dell1,2%, manco se la locomotiva economica avesse ripreso a correre con tutta la sua potenza. I proclami e le linee guida erano espliciti: il liberismo all'ennesima potenza. «La ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, dunque il nostro motto sarà *‘*Non disturbare chi vuole fare’»(1) Ora, a parte il richiamo ai lavoratori, bontà sua, i sub, dei sub, dei sub, all'infinito, sono esattamente quelli che ti hanno preso in parola: “Ah Giorgia, non ci disturbare che noi vogliamo fare...”. Per la Patria, s'intende.

Nel 2023 i morti sul lavoro sono stati 1.041, gli infortuni sul lavoro quasi 650.000, quelli ufficiali. Per la cronaca. Ma sempre per la cronaca è interessante leggere questo report: “► Al 2019, l’Italia risulta sopra la media UE per numero di morti sul lavoro sul totale degli occupati. Per infortuni sul luogo di lavoro, al di sotto. In entrambi i casi risulta lontana dai Paesi più virtuosi, localizzati per lo più nel Nord Europa.

► Dal 2016 al 2020, l’INAIL ha contato mediamente 630.000 denunce per infortunio sul lavoro, di cui 1.274 mortali; ha respinto il 43% delle denunce di infortunio con esito mortale e il 33% di quelle non fatali.

► Il numero reale di morti potrebbe essere il doppio rispetto a quello accertato dall’INAIL. Ciò si verifica perché l’INAIL non include nelle sue statistiche le morti non denunciate, i lavoratori in nero e, come detto, “accerta” solo una parte delle denunce. (2)

È risaputo che l'Inail nasconde buona parte di infortuni, soprattutto quelli mortali. Quasi certamente i numeri sopra riportato sono veri, e teniamo conto che qui non sono comprese le malattie professionali. Nel 2008 un rapporto dell'Inail (che è tutto dire sulla sua attendibilità, ma per difetto), ci dà questi numeri: “29.700 circa malattie professionali denunciate, di cui: 9.300 malattie professionali riconosciute; 5.400 malattie professionali con esiti di inabilità permanente; 280 malattie professionali con esiti mortali (casi denunciati per malattie professionali manifestatesi nel 2008)”. (3) Una stima dei morti sul lavoro solo degli ultimi vent'anni non può essere inferiore almeno a 30.000 morti, se poi prendessimo alla lettera che “ Il numero reale di morti potrebbe essere il doppio rispetto a quello accertato dall’INAIL”; i morti arrivano a oltre 40.000! Questi sono i morti, morti sull'altare del dio profitto. Poi ci sono i milioni di proletari violentati tutti i giorni e offerti in dono al solito dio responsabile di tutti i mali del mondo.

Ma ci conforta il fatto che ci sono i sindacati di base che tutti i giorni cantano le lodi delle loro “vittorie” nel loro piccolo angusto orto che coltivano con tanto amore, sempre pronti a mostrare che la loro erba è sempre più verde della concorrenza. Abbiamo scovato nel sito del Pungolo Rosso(4), in quanto tutti gli altri tacciono, un volantone su uno sciopero di 24 ore del 19 febbraio che accomuna le varie sigle di base, ma, solo quelle locali; dividere la classe per compartimenti stagni è sempre un bel segnale. Le rivendicazioni poi, sono quanto di più controrivoluzionario possa esistere: “Dire basta ad appalti e subappalti al ribasso!; per una legge che introduca il reato di omicidio sul lavoro!; contro i falsi contratti di lavoro!”. Perfettamente nella scia dei sindacati confederali. Ora a parte il fatto che una legge, fatta dalla borghesia, contro gli omicidi sul lavoro

(colposi per la verità), già esiste, si tratterebbe al massimo di aumentare le pene. Inoltre la richiesta di introdurre il reato di omicidio sul lavoro risale alle calende greche e viene tirato fuori ogniqualvolta si verificano gravi incidenti dopo di che... si ritorna a cuccia. Ma forse che la Magna Carta, la Legge delle Leggi che pur dovrebbe tutelare l'individuo: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo...” (Art.32 della Costituzione); “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo...” (Art. 2 Costituzione): ora, che il diritto a non crepare di lavoro rientri nel diritto inviolabile dell'uomo, dovrebbe essere lapalissiano, ebbene, nei suoi 76 anni di esistenza, ha forse la Magna...magna carta impedito milioni di infortuni e centinaia di migliaia di morti sul lavoro? Certamente no! Per la semplice ragione che il capitalismo se ne strafotte dei pezzi di carta, l'unico pezzo di carta che inebria il suo cuore è quello che sta nel portafoglio. Le leggi nello stato capitalista funzionano a senso unico: quando sono contro il proletariato sono la bibbia; quando sono a favore, non valgono un accidente. Tutto ciò è la prova provata che questo sistema va demolito dalle fondamenta. E poi, cosa vuol dire subappalti al ribasso, che al rialzo andrebbero bene? Come si diceva nel solco del più bieco sindacalismo, cinghia di trasmissione del capitalismo, contro il quale non spendono una parola che una: quale salto politico può far compiere alla coscienza della classe uno sciopero che non denuncia la causa prima di sfruttamento e morte, che non pone la prospettiva della sua soppressione? Tra parentesi – si fa per dire - in quel solco va annoverata anche Lotta Comunista, che invece ama pascersi nelle più comode e sicure poltrone della CGIL.

Le spendiamo noi, le parole, per dire che i morti passati, i morti di oggi e, ahinoi, quelli di domani sono i morti del capitale, morti sul lavoro e carne da macello nelle guerre. Orrore su orrore che può essere fermato solo con la demolizione di questo marcio edificio da parte dell'unica classe rivoluzionaria: il proletariato.

Il Manifesto 4 luglio 2023

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Domenica, February 18, 2024