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Home ›I due pesi e le due misure della borghesia. Altre considerazioni sui “trattori”
Occupazione delle piazze di molte città europee e persino di alcune capitali, scaramucce con la polizia in assetto antisommossa, blocchi stradali, non escluse le autostrade, letame e altro materiale organico scaricato davanti ai palazzi del potere. Insomma, un bel po' di infrazioni dell'ordine pubblico, ma le istituzioni, i governi della borghesia, così attenti a tutto ciò che può turbare il famigerato ordine pubblico, col movimento dei “trattori” fanno a gara a chi sorride di più, a chi tende prima la mano guantata di velluto, a chi si mostra più comprensivo nei confronti di un settore sociale che, indubbiamente, è carne della loro carne, anche se, come sempre, c'è carne di prima e di ultima scelta. Fuori di metafora, non tutti i “contadini”1 sono uguali, è banale, non tutti hanno la stessa capacità di rispondere ai meccanismi del mercato in cui sono totalmente inseriti. Non tutti, in breve, riescono ad affrontare nello stesso modo le difficoltà legate strutturalmente alla gestione capitalistica dell'agricoltura. per di più esasperate dalla crisi storica del capitale e dalle sue manifestazioni tra le più drammatiche: pandemia, catastrofe climatica, guerre scatenate dai fronti imperialisti contrapposti. Tutti però devono fare i conti con altri soggetti della loro stessa classe, solitamente molto più attrezzati nella lotta per l'esistenza in un ambiente pericoloso qual è il mercato: la grande distribuzione, la grande industria del settore alimentare, le multinazionali dell'agro-chimica, i fondi speculativi sulle materie prime, capaci di decretare con un “click” la vita e la morte di migliaia di aziende agricole o comunque di tenerle soggiogate ai propri “capricci” finanziari. L'ombra della chiusura, del declassamento sociale, se è una minaccia concreta per migliaia di “contadini” di piccole e medie dimensioni, arriva però a inquietare anche quelli più grandi, che guardano con favore e in certi casi guidano direttamente la “rivolta” della massa “contadina”. Benché i “contadini” paghino e pagheranno sempre di più prezzi molto salati al cambiamento climatico indotto dal capitale, è molto difficile – a meno di sorprese, sempre possibili, ma al momento assai poco probabili2 – che possano assumere un atteggiamento contestatario nei confronti di un sistema che li mette alle corde.
Il capitale industriale della “metropoli”, per contrastare la caduta del saggio medio di profitto, da qualche decennio ha enormemente incrementato il fenomeno delle delocalizzazioni, là dove non esistevano (e non esistono) inciampi di nessun genere allo sfruttamento della forza lavoro, alla devastazione e all'avvelenamento ambientale, reclamando a gran voce – e ottenendo – aiuti significativi da parte dello stato. Allo stesso modo, i “trattori” esigono – e ottengono - l'affossamento delle pur timide norme sulla limitazione dei pesticidi e di altri tipi di “chimica” in agricoltura, il ripristino o il potenziamento di quegli aiuti economico-fiscali – piccola parte dei sostanziosi finanziamenti che da sempre l'UE destina al settore agricolo - contenuti nel cosiddetto Green deal e altre misure di tipo protezionistico. Dal loro punto di vista, cioè da un'ottica borghese, i “trattori” hanno ragione: come possono competere con la grande distribuzione che comprime i compensi alle aziende produttrici fino all'inverosimile? Come possono affrontare la concorrenza dei prodotti agricoli provenienti da altri continenti (o dall'Ucraina...), dove le enormi estensioni delle coltivazioni e degli allevamenti abbattono di per sé i prezzi, dove non esistono o sono ancora più deboli che in Europa le leggi sull'uso dei pesticidi, degli antibiotici? Benché relativamente pochi, in termini numerici, i “contadini”, votano, solitamente a destra, e quest'anno ci saranno le elezioni per il parlamento europeo; anche per questo, il personale politico borghese, a cominciare dall'odiata burocrazia di Bruxelles – così odiata, ma così generosa nei loro confronti, almeno, di quelli più grandi – ha cominciato a innestare la retromarcia. Parola d'ordine: per adesso (poi si vedrà) rimettere le cose com'erano prima e avanti coi veleni che irrorano la terra. Pazienza se studi scientifici inoppugnabili hanno dimostrato che l'uso di una certa chimica – quella del capitale – provoca tumori e altre malattie non meno gravi, pazienza se queste patologie colpiscono inevitabilmente anche individui della borghesia (pur se in percentuale molto più bassa, dovuta, ovviamente, a maggiori disponibilità economiche): il profitto è una divinità sanguinaria ma giusta, che non esita a sacrificare anche i propri adoratori. Chi se ne frega, se i pesticidi tormentano e uccidono i supersfruttati braccianti, molto spesso immigrati, non di rado senza permesso di soggiorno, costretti a piegare la schiena per due soldi - 2 o 3 euro all’ora per 12/14 ore lavorative - in condizioni non molto diverse da quelle esistenti nelle piantagioni schiaviste dei secoli scorsi: come in certi settori della manifattura e del terziario, alcuni segmenti della borghesia non hanno bisogno di fare migliaia di chilometri per delocalizzare, possono farlo sull'uscio di casa.
Se è vero (e noi crediamo che lo sia) il quadro, qui tracciato rapidamente, sull'uso capitalistico dell'agricoltura, dire che il modo di produzione capitalistico anche per questo è intrinsecamente omicida e che i suoi gestori si possono comparare a una banda planetaria di assassini (in primis del proletariato), forse farà aggrottare le sopracciglia a qualche custode dell'ordinamento giuridico borghese, ma ci sembra che non sia un paragone così forzato.
La piccola borghesia, sempre la stessa e sempre diversa, come si diceva fa parte a pieno titolo della famiglia borghese, anche se a volte è sopportata con fastidio, ma, al di là dei suoi gusti plebei e dell'insofferenza che di tanto in tanto manifesta nei confronti degli indirizzi politico-economici della grande borghesia (i cosiddetti poteri forti), in fin dei conti è la sua cintura di sicurezza, la base di massa del sistema. E' il pozzo (nero) che alimenta il personale politico borghese, tanto più scadente quanto più espressione di un modo di produzione e di una società che non sanno – perché non possono – trovare una via d'uscita alla propria crisi storica di ciclo, se non, temporaneamente, nell'aumento dello sfruttamento e, in maniera strutturale, nella guerra generalizzata.
Coccole ai “trattori”, coccole e anche qualcosa in più alla famelica schiera di professionisti, autonomi, partite IVA3, a cui il governo fascistoide ha regalato un'imposizione fiscale spudoratamente bassa e un non meno spudorato incentivo all'evasione contributiva (il cosiddetto concordato fiscale). D'altronde, devono pur beneficiare legalmente anche loro dell'abbassamento delle tasse di cui gode il capitale, soprattutto quello più grande, da alcuni decenni, in ogni paese.
Lisciate di pelo da una parte, manganellate, denunce e condanne per gli operai in lotta che picchettano le aziende, per i giovani ecologisti che, giustamente angosciati dalla catastrofe ambientale – ma purtroppo privi di una visione classista – effettuano blocchi stradali o imbrattano per “finta”4 edifici e opere d'arte per denunciare il disastro ambientale che, assieme alle guerre, alla povertà, al degrado sociale, è figlio di un sistema sociale nemico mortale dell'umanità e di ogni essere vivente.
A uno sguardo superficiale e ingenuo, potrebbe apparire strano che il forcaiolo Salvini, autore dei “decreti sicurezza”, si dimentichi dei propri carogneschi parti giuridici quando si tratta dei “trattori”, ma in realtà è perfettamente coerente. Non solo i “trattori” rappresentano uno dei suoi bacini elettorali, ma, come si diceva, sono una delle componenti di quella società borghese di cui il “tristo figuro” è uno dei più beceri difensori.
Oggi, tra il “popolo di sinistra” più militante, va di moda citare una frase di Martin Luther King che, più o meno, suona così: «Ciò che ci spaventa non è la malvagità dei cattivi, ma l'indifferenza dei buoni». Parafrasandola e traducendola in termini classisti, potremmo dire che dai “malvagi” (la borghesia) non ci aspettiamo nient'altro di diverso; il problema è, appunto, “l'indifferenza dei buoni”, cioè la troppo scarsa reattività del proletariato di fronte agli attacchi pluridecennali che i “malvagi” gli stanno portando a scala mondiale. Sulle cause di questo sonno del “gigante addormentato” abbiamo già detto molte volte e ancora diremo, ma certo è uno dei problemi fondamentali della nostra epoca, che condiziona – e dal quale è a sua volta condizionato – quell'altro non meno cruciale: l'assenza del partito internazionale della rivoluzione comunista.
Fino a che il vento non cambia, “coccole” alla piccola borghesia e repressione saranno addebitate alla nostra classe, la classe lavoratrice.
cb
1Usiamo questo termine per comodità di sintesi, coscienti della sua approssimazione.
2Mancano due condizioni indispensabili per far sì che almeno una parte dei piccoli “contadini” possa assumere questa prospettiva: sono quelle citate in chiusura dell'articolo.
3E' ovvio che ci riferiamo al lavoro autonomo autentico, non a quello le cui condizioni sono, di fatto, equiparabili a quelle del lavoro salariato, per altro spesso nelle sue forme più oppressive e malpagate.
4I coloranti sono atossici e lavabili.
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