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Home ›Un internazionalismo del… XXI° secolo
Pubblichiamo il commento inviatoci da un compagno all'articolo, qui presente, su quello che abbiamo chiamato “internazionalismo part-time”.
Più che ottima – chiara e appropriata – la critica al contraddittorio contenuto politico portato avanti da personaggi e organismi che nel loro DNA non contengono una briciola di quell’internazionalismo che dovrebbe unire e contraddistinguere ogni fronte proletario conseguentemente avverso agli interessi nazionali delle proprie borghesie. Peggio ancora se facente parte o comunque orientato verso posizioni mascherate da una ambiguità che si destreggia in ipocrite giustificazioni di carneficine contrapposte ad altre. Tutte inscenate e perpetrate con quella particolare ferocia e barbarie che da sempre ha contraddistinto e contraddistingue ovunque lo “sviluppo” del capitalismo.
Sta di fatto che ci troviamo di fronte ad una posizione che viene spacciata per l’esplosione di “indignazione e rabbia” contro l’oppressione e i massacri compiuti da uno Stato borghese – Israele - il quale, come tutti gli altri Stati oggi presenti in questo mondo, sostiene e difende gli interessi rigorosamente capitalistici e quelli di una classe, la borghesia, che gestisce il sistema economico.
Che poi altri Stati e borghesie vadano invece appoggiati perché impegnati a far “emergere un punto di vista di classe contro le classi borghesi alla scala mondiale” (testuale!), beh, questo è troppo! Al pari del mostrarsi “indifferenti” (loro, per poi accusare i veri internazionalisti di indifferentismo a quanto sta accadendo!) al formarsi sempre più concreto del concorrenziale blocco imperialistico russo-cinese. Anzi, appoggiandolo con la giustificazione – da molti ormai apertamente dichiarata – non solo che questo sarebbe più debole, ma altresì in movimento verso la edificazione di un nuovo socialismo del XXI° secolo (vedi Cina). Un obiettivo che giustificherebbe il sacrificio dei proletari che compongono le masse popolari trasformate in carne da macello. In nome del… diritto internazionale e della emancipazione nazionale!
Si dovrebbe guidare il proletariato nella partecipazione a guerre “popolari” di liberazione nazionale; quindi obiettivamente al sostegno degli interessi di formazioni economico-sociali che sarebbero volte ad un rinnovamento del capitalismo, rafforzando regimi anticomunisti, conservatori e reazionari. Non solo, ma giudicando poi del tutto indipendente la direzione politica e militare imposta a tali movimenti e affidata ad una borghesia ritenuta comunque progressista.
Ciò che conta sarebbe la liberazione nazionale, come unica alternativa alla egemonia oppressiva di un imperialismo piuttosto che di un altro. Un cambio di campo che presenta e qualifica l’imperialismo come una scelta politico-economica che fa una borghesia prepotente e arrogante, e non come l’ultima e inevitabile fase storica dello sviluppo capitalista.
L’importante è fare una scelta, non ostacolare bensì partecipare ai misfatti dell’uno o dell’altro fronte della barbarie capitalista; una scelta che non deve mettere minimamente in discussione e in difficoltà lo sfruttamento esercitato dal capitale che sprofonda sempre più in una barbarie sia democratica sia dittatoriale, laica o clericale.
Intanto, fra l’esplosione di missili e l’avanzare di colonne di carri armati, fra immani distruzioni e cataste di cadaveri, può un comunista offrire il suo appoggio materiale (innanzitutto) e spirituale a chi dirige questi massacri? Nel contempo si cancella ogni prospettiva di classe, impegnando tutto e tutti nell’incondizionato appoggio a operazioni dirette da una borghesia la cui azione viene interpretata come quella di una rivoluzione democratica. E questo sarebbe l’opposizione al “nullismo e indifferentismo parolaio” di chi, invece, denuncia questo vero e proprio tradimento dei principi e del programma rivoluzionario comunista.
Poiché le condizioni oggettive non sono ancora del tutto favorevoli ad una soluzione comunista, sarebbe da respingere – ritenendola una manifestazione di indifferenza - il preparare le avanguardie di classe ad un approfondimento della loro coscienza soggettiva. Guardando, sempre e unicamente, all’avvento rivoluzionario di un modo di produzione e di una società entrambi ben diversi dagli attuali. Si dovrebbe restare, ubbidienti e partecipi, nel campo dove si coltivano gli interessi di una borghesia nazionale contro un’altra, nel nome di una… riforma in abiti democratici, ritenendo questa – come due secoli fa – una (farsesca) tappa intermedia. Presentando il tutto come l’espressione di un internazionalismo proletario del XXI° secolo!
C
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