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Home ›ISTRUZIONE: CRISI DEI FINANZIAMENTI O CRISI STRUTTURALE?
Questo articolo della CWO dimostra, una volta di più, come la borghesia, al di là delle frontiere, si muova con le stesse logiche, con gli stessi obiettivi: le cosiddette riforme della scuola in GB possono essere quasi sovrapposte a quelle inferte al sistema scolastico del “Bel paese”.
LA NOSTRA ISTRUZIONE È IN GINOCCHIO MA PIU’ FINANZIAMENTI SARANNO SUFFICIENTI A SALVARLA?
Il lavoro dell’insegnante viene abbandonato in massa. Ogni anno sempre più insegnanti lasciano la professione per una carriera più semplice o per un pensionamento anticipato. Per l’anno prossimo sono stati assegnati meno della metà dei posti vacanti per formazione di insegnanti di scuola secondaria. Il sistema di formazione degli insegnanti ha un tasso di ritenzione incredibilmente basso, creando un turnover con laureati inesperti e non qualificati per ovviare alle carenze di personale. È facile capire perché in così pochi vogliono rimanere. Il salario reale per gli insegnanti è calato tra il 11 e il 23%. La giornata lavorativa normale si prolunga sempre di più nella sera. Insegnare attualmente è sinonimo di testare e “insegnare a passare il test”, è passato da criticità del sistema scolastico a sua unica funzione.
Un decennio di austerità ha fatto danni considerevoli: un incremento di finanziamenti a un settore pubblico decadente è disperatamente necessario. Ma sarà sufficiente? Gli incredibili tagli ai finanziamenti all’istruzione pubblica (fino al 14% in alcune aree) sono stati possibili solo seguendo la ristrutturazione del sistema scolastico secondo i principi di mercato. Ogni riforma negli ultimi 50 anni ha dato alle scuole più “autonomia” forzandole di conseguenza ad adeguarsi ad un minor numero di parametri-obiettivo, dove l’unica variabile su cui intervenire rimasta è l’intensità del lavoro. Mantenere il lavoro uniforme e disciplinato è un ottimo modo di tenere i costi sotto controllo, e la doppia minaccia dell’OFSTED (simile INVALSI italiano) e delle classifiche di merito tra scuole sono state uno strumento estremamente efficace a mantenere gli insegnanti in riga. La cultura della competizione tra istituti crea la condizione che o ci si adegua o si rimane indietro. Il corporativismo del sistema accademico, adesso imposto ad un sempre crescente numero di scuole, è inevitabile: come si può pensare di competere con queste disciplinate fabbriche per esami? Il punto non è preparare i ragazzi alla vita, o comunicare una passione e una curiosità per imparare, ma invece è raggiungere determinati livelli per gli azionisti.
La grande visione politica della Thatcher, completamente realizzata da Blair, era di tramutare il settore pubblico in una catena di montaggio. L’attuale approccio tayloristico, basato sulla stretta adesione a determinati parametri, permette al governo di sfalciare i bilanci ogni volta che si rende necessario, sicuro di sapere che decenni di riforme hanno creato un sistema standardizzato che, senza nessuna particolare altra preoccupazione, può semplicemente aumentare il carico di lavoro dei propri impiegati. Inquadrare la questione in soli termini economici non ci dà la possibilità di attaccare le sottostanti scelte politiche ed economiche che hanno portato alla crisi: queste questioni possono essere risolte solo adottando una prospettiva politica che non richieda solo un aumento di fondi, ma una radicale ristrutturazione dell’Istruzione per soddisfare i bisogni degli studenti e dei lavoratori. Dopotutto, il sistema scolastico è solo il riflesso del sistema di produzione capitalistico. La lotta deve essere integrata ad un conflitto più vasto che riguarda il tipo di mondo che vogliamo ottenere e in cui vogliamo vivere.
Solo un movimento organizzato e attivo, capace di articolare le proprie richieste e guidare la propria lotta, può avere successo. I lontani delegati sindacali, al sicuro nel loro ruolo parassitario, non hanno interesse nel lottare per il salvataggio del sistema scolastico. Ci sono state scarse reazioni verso ogni nuova “riforma” deprofessionalizzante del Governo; quando le scuole sono rimaste aperte durante la pandemia e il tasso di mortalità degli insegnati è continuato a salire, non è arrivato nessun aiuto. E ora, quando il sistema scolastico barcolla pronto al collasso, quando i lavoratori si basano sui banchi alimentari e su secondi lavori, quando le scuole stanno vivendo un declino del numero di occupati senza precedenti, la migliore leadership sindacale può giusto indire un paio di giorni di sciopero isolati, con l’unico obiettivo di un misero aumento di stipendio. Per minimizzare il disagio, sono anche riusciti ad esentare dallo sciopero quegli insegnanti che stanno lavorando nelle classi sotto esame, che solitamente sono quelli più soggetti ad alti carichi di lavoro e al maggior stress. Iniziati come grandi ondate, gli scioperi degli insegnanti in Scozia e Galles si sono conclusi con l’affievolirsi del movimento, tra una serie di compromessi tra uno Stato che non vuole pagare e un sindacato che non vuole combattere, con un aumento salariale tra il 7 e l’8% rispettivamente, sotto i livelli dell’inflazione. Perché ogni sciopero abbia successo deve essere diretto dai lavoratori stessi, organizzato trasversalmente ai posti di lavoro e capace di discutere le proprie priorità, mettendo davanti le proprie richieste e tenendo alto il livello di pressione contro il sistema, invece di cedere la propria autonomia ad un intermediario il cui unico interesse è di farli tornare a lavorare. Siete certi di potervi permettere di aspettare la prossima tornata elettorale?
InessaCommunist Workers’ Organization
28 aprile 2023
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