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Home ›Anche in Turchia lavoratori cercano una via autonoma
Come in tutto il mondo anche la classe operaia turca è colpita dall'aggravarsi della crisi del capitalismo e dalla pandemia. Negli ultimi mesi l'inflazione fuori controllo ha portato esorbitanti aumenti dei prezzi. Con la pandemia sono aumenti gli affitti e il prezzo degli alimentari di base raddoppia praticamente ogni giorno. Anche l'aumento del 125% delle bollette dell'elettricità ha rappresentato un colpo duro, in Turchia la gente spende un quarto del salario minimo solo nelle bollette dell'elettricità.
In questo quadro generale si sviluppa una crescente reazione contro Erdoğan. La mossa di Erdoğan è stata l'annuncio di un aumento del 50% del salario minimo, propagandato come "il più grande aumento nella storia del paese". Ciò è stato accolto molto positivamente dall'opposizione politica all'interno del sistema, ma accanto a questo minimo aumento salariale in molti luoghi di lavoro sono iniziati i licenziamenti e gli stipendi dei lavoratori che avevano un reddito superiore al salario minimo sono stati ridotti della stessa proporzione o, nel migliore dei casi, non hanno avuto alcun aumento. Ci sono poi i migranti che sono stati a lungo una fonte di manodopera a basso costo, lavorano con salari inferiori al minimo, in condizioni insicure e soggetti ogni giorno ad attacchi razzisti. In uno degli ultimi incidenti tre lavoratori migranti sono stati uccisi quando il ricovero in cui dormivano è stato dato alle fiamme.(1)
Mentre la sopravvivenza diventa sempre più difficile, la classe operaia si muove per trovare la propria voce, in Turchia come in tutto il mondo [sciopero dei lavoratori del petrolio in Iran(2), scioperi in Kazakistan(3)...]. Il numero di scioperi sta aumentando, alcuni hanno l'appoggio dei sindacati, altri si sviluppano spontanei in diversi settori e in tutto il paese. Nell'esempio più recente migliaia di lavoratori delle consegne per Trendyol, una delle più grandi aziende di e-commerce turcha, hanno annunciato di aver lasciato il lavoro in diverse città del paese (compresa Istanbul) per il mancato aumento di stipendio promesso e per le precarie condizioni di lavoro. Dopo quattro giorni di lotta, Trendyol ha dovuto cedere. Molti altri scioperi sono ancora in corso e si tenta di diffonderli, specialmente tra i lavoratori del tessile, dei trasporti, del metallo, dell'edilizia, della stampa e delle amministrazioni comunali.
Il governo è consapevole della rabbia accumulata tra i lavoratori e li minaccia affinché non scendano in strada. Pure i leader dell'opposizione - CHP (Partito Repubblicano del Popolo), İYİP (Buon Partito), DEVA (Partito della Democrazia e del Progresso), SP (Partito della Felicità) - benché attaccati dal governo, sono determinati nel proteggere gli interessi della borghesia e intimano al popolo: "non dobbiamo scendere in piazza, la piazza non è il posto per la politica". (4) Un altro agente borghese, Selahattin Demirtaş, un ex co-presidente dell'HDP (Partito Democratico del Popolo), in un articolo che ha scritto dalla prigione, afferma candidamente che i lavoratori curdi devono scendere a compromessi con i padroni curdi.(5) La sinistra borghese si nasconde dietro questioni identitarie per indebolire la lotta della classe operaia. Sia la sinistra che la destra borghesi tentano di porre fine a tutti i movimenti e di mantenere la classe operaia concentrata sulla prospettiva delle "elezioni". Cercano di fatto di salvare il capitalismo dalla crisi con un compromesso tra classe operaia e borghesia.
Attualmente la prospettiva della sinistra borghese in Turchia è la stessa di quella delle altre sinistre borghesi nel mondo. Anche se dichiarano che "la politica della classe operaia è la nostra linea rossa", stanno in realtà sviando la classe, a partire dai leader politici che chiamano i lavoratori ad andare "dalle strade alle elezioni", fino ai dirigenti sindacali che tradiscono le lotte dei lavoratori.
Un ulteriore ostacolo alla lotta dei lavoratori è il sindacalismo. Dobbiamo sottolineare che nei sindacati troviamo i leader delle organizzazioni e dei partiti della sinistra politica turca, che attaccano apertamente le lotte dei lavoratori e non di rado li minacciano. Ne abbiamo visto l'ultimo esempio nella lotta dei lavoratori di Çimsataş nel settore metallurgico in Turchia: i lavoratori di Çimsataş, che sono membri del Sindacato Unito del Lavoratori del Metallo affiliato alla DİSK (confederazione dei sindacati progressisti della Turchia), sono stati licenziati quando hanno rifiutato il contratto firmato dal sindacato e hanno cominciato a resistere. Il Sindacato Unito del Lavoratori del Metallo d'altra parte, non solo ha lasciato i lavoratori a combattere da soli, ma li ha anche attaccati affermando che quella lotta aveva lo scopo di distruggere l'unità dei lavoratori.(6)
Nonostante gli scioperi in corso in molti settori e in varie città, è difficile che la lotta si espanda oltre i limiti settoriali. Questo perché le battaglie dei lavoratori sono schiacciate dall'interesse dei sindacati nella "ricerca di diritti" con un approccio legalistico. I lavoratori che vogliono superare il sindacato e la sua idea di lotta si trovano ad essere abbandonati dal sindacato. Ogni giorno i lavoratori sperimentano questi tradimenti e si rendono conto dell'importanza dell' "auto-organizzazione". Per esempio, nei nostri dialoghi con alcuni lavoratori di amministrazioni locali riguardo 450.000 lavoratori che hanno rifiutato il contratto collettivo, questi hanno espresso la necessità di una lotta che vada oltre i sindacati e i partiti borghesi, evidenziando al contempo il tradimento dei sindacati e dei partiti del sistema. Sottolineano inoltre che ciò che è urgente è "solo l'unità dei lavoratori, non i sindacati o i partiti borghesi".
Quello che conta oggi è "quello che vogliamo" per il domani. La lotta dei lavoratori non cerca la carità. La lotta operaia è la lotta contro la borghesia e il sistema capitalista, i cui interessi sono inconciliabili con quelli della classe operaia. Il fine ultimo della lotta è creare una società senza classi. Noi lottiamo per un mondo diverso, da rivoluzionari lavoreremo per diffondere la lotta di classe, sottolineando la separazione tra gli interessi della borghesia e della classe operaia e lotteremo per costruire il partito della classe operaia. E' una grande sfida, ma la classe operaia deve forgiarsi quest'arma politica su scala internazionale, un'organizzazione che vada oltre i compromessi riformisti con il capitalismo. O la classe operaia rilancia con forza la lotta rivoluzionaria per completare il suo compito storico, o la miseria diffusa dal capitalismo non finirà mai. L'unica alternativa che rimane per l'umanità è tra una società socialista di produttori liberamente associati e la barbarie capitalista.
Mimi e Medusa, simpatizzanti della TCI in TurchiaFoto da: twitter.com
(1) tr.euronews.com
(2) leftcom.org
(3) leftcom.org
(4) haber7.com, hurriyet.com.tr, gazeteduvar.com.tr
(5) haber.sol.org.tr
(6) birlesikmetalis.org
Mercoledì 2 febbraio 2022
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