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Home ›Il capital-socialismo cinese comincia a traballare
Il mercato immobiliare cinese (rigorosamente “socialista”!) sta dando segnali di crisi dopo che il China Evergrande Group si è mostrato pubblicamente come il trust immobiliare più fortemente indebitato al mondo, non pagando gli interessi su un'obbligazione off-shore: segnale questo di un possibile default tanto formale quanto sostanziale. Tutto il settore cinese ha tremato: in pericolo la quota aggregata di copertura degli interessi dei 21 gruppi immobiliari quotati a Hong Kong, la quale è subito scesa a 0,94.
L’ammissione di un debito di 300 miliardi di dollari mette ben in luce il tipo di investimenti di cui si vanta il “capital-socialismo” cinese, che - per quanto riguarda il settore immobiliare, non solo quello privato - risulterebbe composto da società "zombie", proprio come il 15-20% delle società nelle principali economie capitaliste. Siamo di fronte a possibili fallimenti che non fanno dormire le autorità cinesi. Al punto che in gennaio si sono dovute sospendere le azioni di Huarong, il maggiore gestore di crediti inesigibili della Cina: troppi i ritardi che subivano i suoi rapporti finanziari, conclusisi poi, in agosto, con una forte perdita.
Non c’è da stupirsi delle preoccupazioni che travagliano il “socialismo” di Pechino, sul quale grava il peso – prossino alla insostenibilità – di un insieme di debiti che, a cominciare da quelli accumulati nel settore immobiliare, stanno per diventare un peso mortale. Ora si è mossa la People's Bank of China per un tentativo di regolamentazione dei finanziamenti immobiliari.
Il debito di Evergrande, pari a 300 miliardi di dollari, accende i fari su quella espansione di investimenti improduttivi e speculativi che ha dato un impulso fittizio al nazional-capitalismo cinese. In particolare al settore privato che poi – invece di costruire case per il proletariato che si urbanizzava oltre ad infrastrutture più in generale per il “popolo” – si dedicava ai “bisogni” di una clientela ormai apertamente borghese. Quindi un mercato di case con prezzi altissimi: il Pil cinese è per il 20% “mercantilista” e il particolare sviluppo del settore immobiliare, con un mercato la cui crescita ha influito positivamente sugli alti numeri del Pil, ne è la prova.
Ora, con l’attuale rallentamento del Pil, presente anche in Cina, si evidenzia il problema di un allarmante aggravarsi del rapporto degli investimenti di capitale, da un lato, con gli aumenti del Pil, dall’altro. Le unità di capitale investito sono infatti – negli ultimi anni – in costante crescita, mentre il Pil reale rallenta o, come ultimamente, arretra. Poiché per il “capital-socialismo” di Pechino non vi sarebbe altra soluzione se non quella di aumentare la produttività industriale, si cerca di gonfiare gli investimenti tecnologici che – sostituendo molta viva forza-lavoro, portano ad un calo del saggio di profitto medio. Siamo in piena trasformazione della composizione organica del capitale industriale; il fenomeno si sta evidenziando pienamente in Cina, spingendo il capitale “giallo” a spostarsi nei settori improduttivi, quelli finanziari, illudendosi – come avviene nel capitalismo “occidentale” – che da lì si possa recuperare valore. Mentre – paradossalmente – proseguono investimenti statali stimolanti l’introduzione di nuove tecnologie per aumentare il volume delle merci che dovrebbero essere assorbite da un mercato che invece si restringe…
E così, il pericolo, reale, che le “insolvenze” della Evergrande si diffondano non solo nel settore immobiliare, sta mettendo in forte agitazione tutto il mercato obbligazionario asiatico, fino a ieri considerato ad alto rendimento. Ora il pericolo è quello che non solo i debiti ma ancor prima gli interessi sui debiti non vengano pagati! In conclusione: gli investimenti diretti dello Stato cinese avevano, in un primo tempo, sviluppato la domanda aggregata e – apparentemente – “allontanato” la recessione. Occorreva però mantenere un alto livello negli investimenti di capitale produttivo di valore, ma questo stava entrando in crisi a livello globale e il paese entrava a pieno diritto nel vortice delle esplosive contraddizioni di quello che è lo “sviluppo” del valore di scambio.
Al solito, tempo al tempo: il peggio deve ancora arrivare!
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