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Home ›Con gli operai di Piacenza!
Oggi, gli operai protagonisti della lotta alla Fedex si sono ritrovati sotto il martello della repressione giudiziaria, dopo che nel corso della loro lotta hanno resistito sulla loro pelle al manganello della repressione poliziesca.
Venticinque operai sono stati portati in questura con l'accusa di “resistenza aggravata” e 2 coordinatori del Sicobas sono stati posti agli arresti domiciliari.
Sappiamo per lunga esperienza che le accuse montate sono del tutto strumentali a sostenere la volontà di spezzare la resistenza operaia e annichilire le sue forme di organizzazione.
Lo stillicidio di provvedimenti che hanno colpito in tutta Italia, nel tempo e con diverse modalità (licenziamenti mirati, intimidazioni, provvedimenti giudiziari spesso a vasto raggio), dimostra questa realtà.
Non si tratta di difendere per parte borghese solo interessi locali e parziali del singolo gruppo di azienda.
Questo elemento esiste e influenza le dinamiche concrete del conflitto fra interessi operai e interessi padronali.
Ma ciò che va colto più sostanzialmente è la filosofia della gestione del conflitto di classe, della mobilitazione operaia, di fronte al quadro delle compatibilità capitalistiche nella crisi odierna.
Non c'è dubbio: è lo Stato borghese che pone il terreno e le condizioni del conflitto e si erge a garante della subordinazione operaia di fronte a quella del singolo capitalista.
L'intervento repressivo è volto a pesare in termini immediati sullo sviluppo delle lotte e a farle retrocedere, l'intervento normativo sempre più capillare e pervasivo è volto a definire sempre più minuziosamente, cioè a ridurre, gli spazi effettivi e i caratteri possibili di espressione degli interessi operai.
Queste sono i bracci di una stessa tenaglia con cui si vuole stritolare e ingabbiare la lotta operaia.
I fatti di oggi ci confermano questo dato.
A maggior ragione, di fronte alla stretta che la borghesia vuole imprimere per rispondere alle sue impellenti necessità nella crisi.
Ciò che si vuole costruire è un assetto economico produttivo e di corrispondenti relazioni sociali che funga da sostegno ulteriore, dal lato dello sfruttamento operaio e della forza lavoro, alle ricette borghesi per affrontare questa fase.
Ciò significa che non potranno che essere implementate ed approfondite tutte le misure che i proletari conoscono bene sulla loro pelle in termini di condizioni di vita e di lavoro, pessime e scadenti.
E anche quelle misure che toccano direttamente le espressioni operaie.
Oggi sicuramente la borghesia, il padronato sfruttano a proprio favore i rapporti di forza odierni e lo stato di estrema debolezza della classe proletaria.
Non solo, la gravità della crisi, che è destinata a durare, se sino ad oggi ha mobilitato prevalentementele frange della piccola borghesia ( ristoratori, albergatori, negozianti ecc.) e poco il proletariato, da domani potrebbe riempire le piazze di proletari inferociti dalla disoccupazione, dai bassi salari, dal rischio di contagio e da una precarietà senza fine.
Allora i fatti giudiziari di Piacenza assurgono alla calcolata prospettiva di iniziare da subito una repressione preventiva che sia da monito ai lavoratori, che la “ripresa” post-covid dovrà essere di lacrime e sangue, senza alzare la testa, perchè non verranno tollerate.
Lo hanno detto a chiare lettere il presidente Draghi, Bonomi di Confindustria e Tronchetti Provera a nome del capitalismo italiano: “sarà ripresa solo a condizione che il mondo del lavoro sia cosciente della gravità del momento e si comporti di conseguenza”.
Se così non fosse la repressione delle lotte di Piacenza si presenta sulla scena di una possibile ripresa della lotta di classe come monito ricattatorio.
Quindi il superamento della debolezza della nostra classe non è semplicemente valutabile in un lavoro che agisca sul coefficiente quantitativo dell'espressione di classe.
Anche se è il dato che pesa di più nell'immediato.
Ma di fronte al carattere della crisi di questo sistema, alle sue politiche predatorie e sfruttatrici a tutti i livelli, sempre più nasce l'esigenza di inserire nella lotta operaia e proletaria la messa in discussione dell'ordine vigente.
L'anticapitalismo quale punto di programma effettivo, e non solo anelito declamatorio, costituisce il punto focale di questa prospettiva.
Per questo oggi diciamo che anche gli odierni fatti di Piacenza pongono sul piatto problemi fondamentali.
La solidarietà e il sostegno politico e di fatto agli operai di Piacenza è un atto fondamentale.
Ma il quadro odierno ci dice sempre più che non ci può essere lotta contro la repressione che rischi di ridursi ad una visione parziale, seppur data dall'urgenza dei problemi immediati, inerente al solo fronte dell'agibilità dell’azione operaia.
Mentre si risponde a ciò che è immediato, si deve e si può a partire dalla stessa esperienza pratica di questi avvenimenti, porre accanto alla questione del salario e del posto di lavoro, la questione della costruzione di un alternativa a questo sistema che nulla garantisce e ciò che conquisti oggi te lo toglie domani con gli interessi.
- A fianco dei lavoratori di Piacenza.
- Contro le misure repressive.
- Per la costruzione dell'alternativa anticapitalista.
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