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Home ›La crisi dei 5stelle: fine di una mistificazione politica borghese
La crisi economica cominciata nel 2008 non ha dato solo uno scossone alla struttura dell’economia italiana, portando al fallimento migliaia di imprese e facendo aumentare la povertà e l’emarginazione sociale, ma ha anche impattato, come era inevitabile, sullo scenario politico borghese.
L’ondata di discredito per la corruzione del sistema dei partiti, il malcontento e la sfiducia generalizzata verso le “istituzioni” si sono palesate nella formazione e nella rapida ascesa di due soggetti politici che fino a quel momento non erano presenti o lo erano sotto sembianze diverse: i 5stelle e la Lega.
Beppe Grillo ha fondato i 5 stelle nel 2009, la data non è casuale, e negli anni successivi, con la consulenza organizzativa del suo amico Casaleggio, ha saputo porsi nella posizione più favorevole per raccogliere a piene mani malcontento da destra e da sinistra, sputando un giorno sul PdL dello “psico-nano” corrotto e corruttore, e il giorno dopo sul PD-meno-L, che era del pari responsabile dello sfascio del Paese, dello svilimento della democrazia e chi più ne ha più ne metta.
A sancire l’identificazione politica di PDL e PD è arrivato il comune sostegno al governo tecnico di Mario Monti, che nella sua brevissima esperienza è riuscito a menare tali colpi sulle parti intime dei lavoratori italiani che non sarà semplice per Draghi fare di peggio.
Ad onore del vero Grillo, almeno inizialmente, non si è limitato a cavalcare il malcontento, cosa che da comico e da comunicatore esperto già sapeva fare, è riuscito anche ad imbastire insieme all’amico Casaleggio una proposta politica che, per quanto fosse tutta ovviamente compresa nell’alveo dell’armamentario ideologico borghese, aveva una sua relativa originalità e ha tratto in inganno parecchi sprovveduti ammiratori.
Dietro il paravento di una posizione politica post-ideologica, il “movimento” ha potuto non solo pescare sia da destra che da sinistra, ma anche accreditarsi come proposta politica innovativa. L’elemento caratterizzante era secondo loro la democrazia diretta. Tutto il sistema dei partiti, con le loro liturgie e i loro apparati di potere, poteva essere superato grazie alla diretta connessione tra il popolo e i suoi rappresentanti.
A questo scopo dovevano servire le proposte di legge per introdurre il vincolo di mandato dei parlamentari, peraltro mai andata in porto, la creazione della piattaforma online per favorire l’espressione diretta dei militanti, la legge sull’introduzione del referendum propositivo e via discorrendo. L’enfasi sulla democrazia diretta, con il limite di due mandati per evitare la formazione di una classe di funzionari separati dal corpo elettorale, l’autoriduzione dello stipendio da parte dei parlamentari, il rifiuto di una leadership stabile sostituita da un direttorio di membri erano tutte trovate magari banali in sé, ma che di fronte ad un elettorato sfiduciato e smarrito hanno funzionato nel trasmettere un’immagine di radicale cambiamento rispetto al sistema dei partiti. Soprattutto l’operazione ha avuto successo sull’elettorato più giovane, o seppur non più giovanissimo, comunque privo di precedenti esperienze politiche, ancorché borghesi. D’altra parte la cosa non deve stupire troppo, considerando il livello di analfabetismo di classe mediamente diffuso.
La favola dei grillini raccontava che ognuno era libero attraverso internet di controllare l’operato del suo rappresentante, di essere consultato per ogni scelta importante, e di accedere a tutte le informazioni necessarie per farsi un’opinione. Casaleggio in una delle sue dichiarazioni più ispirate è arrivato a paragonare la democrazia praticata e propugnata dai cinque stelle alla democrazia di Atene (forse non sapendo che votava un'esigua minoranza della popolazione...).
L’altro aspetto che ha giocato un ruolo importante nell’ascesa politica del “movimento” è stata la proposta del reddito di cittadinanza. Man mano che la crisi procedeva e intaccava occupazione e condizioni di lavoro, il miraggio di un reddito garantito per tutti in attesa di una nuova occasione di impiego agiva come un balsamo sulle ferite delle persone più colpite. Già nel 2013 i cinque stelle hanno avuto il loro primo sorprendente exploit elettorale, ma è 5 anni dopo, a crisi ormai matura, che davvero si sono aperte per loro le cateratte del cielo. Soprattutto al Sud, dove la recessione aveva picchiato più forte, i voti sono piovuti a milioni.
A quel punto bisogna ammettere che in certo senso una forma di democrazia diretta è stata raggiunta dal loro punto di vista, perché non si era mai vista una formazione così impreparata dal punto di vista del personale politico accedere alle sacre stanze del potere con l’allegro stupore di una comitiva in gita. Comunque l’allegria non è durata tanto, perché un conto è vendere illusioni e un conto è governare la barca del capitalismo italiano tra le onde perigliose della crisi internazionale.
Da quel momento in poi, nel percorso di realizzazione dell’autocoscienza borghese, in poco più di metà legislatura i grillini si sono prima manifestati in versione sovranista e ferocemente anti-immigrati a fianco della Lega, poi in versione liberaldemocratica ed europeista con il Partito democratico e infine si accingono - epurati gli epurandi - a sostenere la forma più matura di governo borghese: il governo di unità nazionale, con dentro tutti quelli che hanno sempre insultato, Draghi compreso.
Di tutte le misure promesse, per quanto riguarda la democrazia diretta, non una è stata realizzata, anzi i voti sulla piattaforma online del partito sono, oltre che palesemente telecomandati dall’élite dirigente, sempre meno partecipati dalla stessa base degli attivisti. Sulle tematiche ambientali hanno dovuto rimangiarsi di tutto, dalla Torino-Lione ai vari gasdotti e ora cercano di propinarci la novità di un “super-ministero” della transizione ecologica, che peraltro è stato affidato ad un fisico che più che occuparsi di ambiente si è sempre occupato di innovazione tecnologica industriale.
Va detto che un parziale e provvisorio risultato l’ha ottenuto il reddito di cittadinanza, il quale pur elargendo una media di meno di cinquecento euro al mese ad una parte delle famiglie italiane in difficoltà, è riuscito a frenare per l’anno 2019 la crescita costante della povertà assoluta in Italia. Almeno questo dicono i dati ISTAT. I dati del 2020 non sono ancora disponibili, ma c’è ragione di credere saranno molto più negativi per via della pandemia che si somma alla crisi precedente.
Due considerazioni per chiudere su questo: la prima è che probabilmente il riformismo di sinistra si era talmente imborghesito che non rivendicava più neanche quello che era a portata di mano, e la seconda è che il riformismo un po’ più radicale, in qualunque forma si manifesti, di sinistra, di destra o post-ideologica può avere in prima battuta qualcosa da vendere sul mercato dell’offerta politica, il problema è che poi è quasi sempre costretto a rimangiarsi tutto nel giro di poco tempo, indipendentemente dalla sua buona volontà o buona fede.
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