Rassegna di critica della critica

Rassegna di critica della critica.

Capita che dei contatti chiedano il nostro parere politico su dei testi. Testi provenienti per lo più dal variegato mondo della sinistra più o meno di classe.

Pensiamo di fare cosa utile alla migliore conoscenza delle nostre posizioni pubblicando alcune di queste nostre risposte, che intendiamo come documenti comunisti di… “critica della critica”.

In questo articolo prendiamo in considerazione testi di: N+1, Lab. CRASH!, Operai contro.

I documenti che ci sono stati sottoposti.

“Marxismo e questione sindacale”, A. Bordiga, 1949.

“Partito e azione economica”, A. Bordiga, 1951.

“Sincronizzazione delle lotte immediate”, N+1, 2013.

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quinternalab.org

La nostra risposta

Caro compagno,

abbiamo letto con interesse i tre documenti che ci hai inviato, i primi due sono documenti storici, poco da dire, descrivono una situazione, in linea di principio sono condivisibili, salvo che Bordiga o chi sosteneva la sua linea nel partito in quel periodo oscillava tra la riconquista del sindacato, e il boicottaggio degli scioperi… d’altra parte è tipico della metafisica Bordighiana esprimere concetti generali astratti, formalmente e apparentemente monolitici, nei fatti aperti alle più diverse interpretazioni e sfumature. Lo vedremo meglio dopo. La questione sindacale è un esempio di questo, con ognuna delle numerose sette bordighiane oggi presenti che rivendica la “corretta interpretazione” della posizione di Bordiga (e fortuna che il personalismo andava superato!), e questa è la causa della loro continua “scissione a catena”. Ma qui la polemica storica ci interessa poco, più interessante invece il riassunto della teleriunione del 2013, l’unico dei tre documenti da te inviati ad esprimere qualcosa a livello attuale, quindi andiamo a trattare quello.

1) in apertura vi è l’esaltazione per le classiche parole d’ordine bordighiste relative alla questione sindacale: salario per tutti e riduzione della giornata lavorativa. Questa posizione ha due enormi limiti: è astratta e illusoria. Astratta perché, nei fatti, è un'invenzione a tavolino. È vero che in alcune vertenze gli operai hanno ottenuto salario, sussidi, soldi, è altrettanto vero che noi non possiamo rivendicare “la schiavitù del salario”, ma poi tutto questo va ricollocato. N+1, al contrario, generalizza questa semplice riflessione e ne crea la categoria metafisica che guida tutta la sua azione in termini di rivendicazioni immediate. Per evitare l’astrattismo dobbiamo, al contrario, rifuggire generalizzazioni inutili, che non portano avanti di un passo il movimento reale e, anzi, seminano solo illusioni sulla possibilità che una tale riforma (più salario e meno orario per tutti) sia realizzabile. No. Non è proprio così che si può affrontare la questione. Al contrario, bisogna partire dall’indagine della concreta condizione di classe, avallare le istanze specifiche più avanzate e sottolineare come un pieno accoglimento dei bisogni ivi espressi sarà possibile solo nel comunismo. Tutto qua. Nessuna formula astratta da inventare, solo un intervento politico chiaro da svolgere.

2) Vi è nel riassunto della teleriunione la solita esaltazione positivista che accomuna tanto n+1 quanto i comunizzatori: queste due organizzazioni di “descrittori del processo di affermazione del comunismo nel mondo reale” si esaltano per gli episodi, tanto significativi quanto ancora molto limitati, che la lotta di classe ci offre, in questo caso si trattava del movimento Occupy. Ora, sicuramente abbiamo molto da imparare, descrivere, studiare di come la lotta di classe si esprime, tante lezioni di cui fare tesoro, ma da qui a leggere nelle dinamiche del movimento Occupy (o BLM o Gilet Jaunes…) il punto di partenza della realizzazione del comunismo è storicamente sbagliato e politicamente e metodologicamente scorretto. Cosa vuol dire: “La situazione è disastrosa per il Capitale”?? vero e falso. Vero perché la crisi (che N+1 non è in grado di analizzare nelle sue determinazioni fondanti) è molto grave, ma disastrosa no, perché se la lotta di classe non si esprime e se, oltre a esprimersi non trova una direzione rivoluzionaria, il capitale tirerà a campare ancora per secoli (o distruggerà il pianeta). Il movimento di classe procede sempre per salti, arretramenti, rotture. Il vero punto di avanzamento è la capacità dell’organizzazione rivoluzionaria di radicarsi e crescere, almeno nelle punte più avanzate che il movimento (in larga parte interclassista) esprime. Limitarsi a credere che il comunismo in quanto “movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti” si affermerà da solo, garantito dalle proprie descrizioni è un errore tale da compromettere l’intera legittimità politica dell’organizzazione che propugna questo non sense. Come sono non sense frasi come_”La situazione oggi è molto fluida: le lotte tendono a sincronizzarsi, aumentano gli scioperi selvaggi e le proteste "senza preavviso", perde senso l'organizzazione per cellule di fabbrica o per mestiere.”_ Innanzitutto possiamo descrivere una equivalente e superiore oggettiva tendenza delle lotte a frammentarsi! Poi, la lotta contro l’organizzazione per cellule o mestiere era una battaglia del… 1923-25!! non di oggi, e comunque i comunisti devono organizzare i loro strumenti operativi (GIFT – Gruppi Comunisti Internazionalisti di Fabbrica e di Territorio) anche su base di fabbrica e, perché no, azienda… come al solito: dipende. E come al solito gli assoluti della metafisica danno solo false risposte, falsamente rassicuranti. “Superata una certa soglia le lotte diventano incontrollabili. . I margini di contrattazione si riducono e le lotte sindacali trascendono immediatamente in scontro politico, addirittura i militanti della sinistra della Cgil invocano nuove "Piazza Statuto"”. Non è vero e poi cos’è questa “soglia”? Boh. Il capitale, finora, ha sempre dimostrato la sua capacità di controllarle, le lotte, quindi si tratta di un altro assoluto postulato nella mente e che viene appiccicato alla realtà… cercando di piegare la realtà alle proprie… fantasie. Certo, tutti vorremmo che le lotte si dispiegassero come tempesta, ma alla rivoluzione non serve a nulla chi scambia i propri desideri con la realtà.

3) Passiamo ad un ottimo esempio dell’inadeguatezza del metodo della metafisica bordighiana, cito: “Quanto potrà durare ancora la rivendicazione del posto di lavoro e cioè di qualcosa che non c'è più? Il vecchio paradigma sta morendo, di conseguenza la pratica rivendicativa compatibile col sistema si estingue e, simmetricamente, qualcosa di completamente diverso emerge.” Sicuramente la fabbrica in Europa chiudeva (sebbene di nuove e molto più enormi aprivano in “oriente”) e c’era poco da fare (ma questo era vero anche nel 1930 e prima, non è una gran novità), ma non è affatto vero che la rivendicazione del posto di lavoro è superata. Di cosa si parla?? e i movimenti dei precari che chiedono stabilizzazione e internalizzazione? Come si vede prendere una riflessione particolare e generalizzarla senza considerare l’insieme è un grave errore (ci sarebbe da rileggere la Prefazione a per la critica in merito). E poi, senza partito e rivoluzione non emergerà un bel nulla di nuovo, se non la barbarie.

4) “L'apparato sindacale è inglobato dallo Stato ma se il meccanismo della contrattazione/concertazione dovesse incepparsi, allora sarebbe costretto a recepire le spinte dalla base, pena lo svuotamento con la formazione di altri organismi di lotta. Per quanto integrato nella struttura statale, il sindacato deve lottare per salvaguardare la propria sopravvivenza e quindi deve organizzare operai e proclamare scioperi”. La CGIL ha dimostrato che questo non è vero, ha continuato a svendere al ribasso la forza lavoro e continuerà a svolgere il suo ruolo perché oltre alla contrattazione sul luogo di lavoro svolge un’enorme serie di servizi indispensabili (non ultima la gestione dei fondi pensione), e quando ha convocato scioperi (scuola 5 maggio 2015) lo ha fatto con l’unico intento e fine (ottenuto) di affossare il movimento. Sono passati 6 anni, la crisi si è aggravata, ma di scioperi non se ne sono visti, questa falsa previsione è di quelle che falsificano l’intero castello teorico.

5) e il massimo si tocca infatti nella falsa affermazione successiva: “Lo schema della Sinistra Comunista "italiana" resta sempre valido: affinché ci sia polarizzazione di classe, deve esserci un movimento di massa, consistenti strati di proletari che hanno la capacità di dar luogo a organismi di tipo intermedio tra classe e partito, e una parte di questi proletari deve fare proprio un programma in grado di rovesciare la prassi.” Ossia affinché ci sia “polarizzazione di classe” (termine quanto meno ambiguo, perché non usare il classico “lotta di classe”?) deve esserci movimento di massa (tautologia) che dà vita a organismi di tipo intermedio… qui siamo nell’ambiguità più totale. Si parla di soviet? Allora ci può stare. Si parla di sindacato? Allora non ha senso: un movimento di massa si esprime rompendo gli argini (sindacali) che imbrigliano la lotta di classe legandola alla contrattazione della compra/vendita della forza lavoro, non costruendone di nuovi. Solidarnosc, al contrario di quanto affermato qui, dimostra la capacità di recupero e controllo della classe da parte del sindacato, non il contrario!

6) “Quanto previsto dalla nostra corrente si sta realizzando: vasti settori di senza riserve, manifestazione di massa e tentativi di coordinamento territoriale. Su scala globale. Oggi nascono movimenti generalizzati che spazzano via nello spazio di un mattino movimenti locali e regionali, ondate di collera che muovono milioni di persone facendo passare in secondo piano gradualismi di ogni sorta.” In realtà è vero proprio l’opposto: il livello della risposta proletaria è immensamente al di sotto di quello che il violentissimo attacco che la borghesia sta portando richiederebbe.

7) “Al di là di dissertazioni sulla natura classista o meno del movimento Tamarrod_, va sottolineato che mai nella storia in una situazione non ancora rivoluzionaria si sono verificate_ trasformazioni politiche così rapide e di massa.” Anche questo è totalmente falso – che inutile esaltazione di sé stessi! -, anzi, la borghesia è capace di tali trasformazioni proprio per il suo carattere fortemente dinamico (rileggere il Manifesto in merito) che gli permette di “rivoluzionare continuamente le forze produttive” e i rapporti sociali che ne derivano. Si pensi solo alla quantità di stati che hanno cambiato segno tra il 1989 e il 1992! Altro che “mai nella storia...”.

8) “Anche se per il momento la dinamica di trasformazione si limita a una generale richiesta di cambiamento che risuona nelle piazze a ritmo continuo e persistente, essa sta spazzando via quelli che, a torto o a ragione, ritiene essere i suoi avversari immediati.” Anche qui non è vero nulla, il movimento egiziano è stato totalmente recuperato, quando non schiacciato, l’unico avanzamento possibile è attraverso il radicamento dell’organizzazione rivoluzionaria di classe, ma la metafisica bordighiana e il confusionismo di altre parrocchie in nulla contribuiscono o possono contribuire in questa chiave.

Il documento che ci è stato sottoposto

“Appunti di dibattito per un metodo dell’autonomia”, Lab. Crash!, 2017.

infoaut.org

La nostra risposta

Cara compagna,

per quanto riguarda l'Autonomia, a memoria d'uomo, non è mai stata uguale a se stessa per un lustro di fila e ha periodicamente cercato di modificarsi... ma gli errori di fondo che la collocano totalmente all'interno del campo dell'opportunismo rimangono immutati, e riconfermati nel tempo, come dimostra questo articolo:

1) si parla di antagonismo, di “lotta al rapporto di capitale”, ma non si specifica mai in che cosa questo consiste. L'Autonomia non ha mai voluto affrontare aspetti strategici legati al potere, alla rivoluzione, alla fase di transizione o alla definizione delle caratteristiche della società futura. Non avendo mai fatto niente di tutto questo, l'Autonomia è e rimane, in ogni suo rivolo, un'esperienza nel capitale e per il capitale, nello specifico nel tentativo (inconsapevole?) di salvare il capitale dalle sue stesse contraddizioni. Impossibile? Certo, noi lo sappiamo, per questo argomentiamo la necessità di una soluzione rivoluzionaria e della strategia necessaria per realizzarla. Di questo nei testi dell'Autonomia non vi è mai traccia.

2) è totalmente assente un analisi di classe, si parla di “soggettività”, “conflitti”, “ricomposizione di classe”, ma di una definizione seppur minimale di proletariato, classe rivoluzionaria, etc. nemmeno l'ombra. Questo definisce il movimento - di cui gli autori sono espressione – come sociologicamente, ma sopratutto politicamente, piccolo borghese. Il costante riferirsi alla soggettività nega l'oggettività dei contrapposti interessi di classe e quindi tutto il marxismo va a gambe all'aria. Qui, come in tutti gli altri documenti di Crash, di marxismo non vi è nemmeno l'ombra, e quando cercano di utilizzarne il linguaggio, il risultato è una poco simpatica caricatura.

3) l'organizzazione. Parlare di organizzazione fine a se stessa non ha senso. L'organizzazione è tale se persegue un fine con un metodo, tattica, strategia, degli obiettivi. Il circolo della bocciofila discute di come organizzarsi tanto quanto il partito rivoluzionario. Nonostante questo una teoria generale delle organizzazioni crediamo sia poco utile ai nostri scopi. Il tipo di organizzazione in 7 passi che propongono è ... qualcosa che serve ai loro scopi. Ma i loro scopi - come visto - per obiettivi e analisi della società non sono proletari. Nei fatti sono elementi di democrazia progressiva, dal basso, nulla più e niente a che vedere con l'anticapitalismo. Quindi, concordiamo (e chi non lo farebbe?) con l'assunto generico e banale che l'organizzazione non può cristallizzarsi in una forma ma deve adeguarsi alle differenti condizioni, facciamolo. Ma acquisito questo, non abbiamo ancora fatto nulla. Quali sono i fini dell'organizzazione? Che obiettivi politici hanno i suoi membri? Che tipo di attività vogliamo svolgere? Come? Perché? Ecco, visto che le nostre risposte e quelle dell'articolista sono diametralmente opposte, o comunque molto differenti, non possiamo discutere di organizzazione assieme. Dovremmo prima discutere di strategia neocapitalistica, crisi del capitale, lotta di classe. Qualora concordassimo su elementi di base di questi argomenti (e non è questo il caso), allora potremmo anche iniziare a parlare di organizzazione.

Il documento che ci è stato sottoposto

“Il Robin Hood di Acerra”, Operai Contro, 2021

operaicontro.it

che ha suscitato un certo dibattito all’interno della lista di discussione dell’Assemblea dei Lavoratori Combattivi del Lazio.

La nostra risposta

Un saluto a tutte le compagne e i compagni,

1) L’articolo di Operai Contro ha il grande pregio di porre con chiarezza il problema dell’alternativa e, strettamente collegato, l’illusorietà di ogni progetto di riforma redistribuiva fermo restando il capitalismo. Il punto è chiaro: una tassazione fortemente progressiva? Certo! A patto però che si espliciti chiaramente che questa sarà una delle prime azioni del futuro potere proletario. Il punto è ben centrato e l’idea del 10x10 non ha nessuna possibilità di dimostrare il contrario, ossia una sua possibile realizzabilità nel capitalismo. Da questo punto di vista il ragionamento si conclude con la constatazione che il 10x10: 1) spinge il proletariato nella logica borghese – ossia produce l’opposto della coscienza di classe - 2) è irrealizzabile, 3) la sua irrealizzabilità espone al tracollo e alla delusione qualsiasi movimento che pure dovesse farne una bandiera (… ma Attac che fine ha fatto?).

2) Irrealizzabile per irrealizzabile appare molto più convincente la proposta provocatoria di azzerare la tassazione sotto una certa soglia: “esenzione dalle tasse per tutti i proletari”, questa infatti almeno favorirebbe la coscienza di appartenere ad una unica classe sociale. Porrebbe in evidenza il problema che per realizzare i propri bisogni non si ha altra strada che prendere il potere ed espropriare gli attuali parassiti della società. Pur non ritenendo nemmeno questa una strada praticabile oggi, quest’ultima rivendicazione “intermedia” avrebbe almeno il pregio di porre chiaramente una questione di classe. Vale il discorso generale che le riforme impossibili all’interno della forma economico produttiva del capitalismo, se impugnate come conquistabili, non solo portano alla sconfitta ma generano sconforto e disillusione tra chi l’ha creduta possibile. Semmai queste rivendicazioni dovrebbero essere usate al contrario. Ovvero se il mondo del lavoro ha bisogno di un salario adeguato, di un posto di lavoro sicuro, di assistenza sociale, assistenza sanitaria, di libertà di rivendicare il superamento delle proprie infami condizioni di vita e di lavoro ecc.. vanno rivolte contro il capitale che non è in grado, in nessun modo, di soddisfarle. Anzi la crisi del sistema accentua il contrario, l’attacco del capitale contro il proletariato attaccandone la condizioni di lavoro e di vita. Non è questa la strada che deve percorrere la ripresa della lotta di classe, non è l’impossibile riformismo, nella sua versione radicale, che può creare le condizioni di una modificazione dei rapporti tra le classi. Solo la costruzione di una strategia che colpisca al cuore il rapporto tra capitale e forza lavoro attraverso il travaglio rivoluzionario è la condizione per il superamento del capitalismo e dei suoi nefasti corollari, come le crisi finanziarie, figlie di quelle economiche e delle devastanti guerre imperialistiche.

3) “ma quale è la vostra proposta alternativa?”, “spazzarvi via” penso sia il succo politico del testo di OC e quello che anche noi dovremmo cercare di sviluppare nei nostri interventi. Chiarire che non esiste riforma intermedia che possa unificare la classe, se non la coscienza della necessità di un alternativa, la coscienza della immanente necessità di “spazzarli via”. Perché ogni scaramuccia concreta che combattiamo oggi ha senso solo nella misura in cui in essa si agita, esplicitamente, la necessità politica di “spazzarli via”. È qui che l’economico incontra il politico: nella constatazione che lottare si deve e si deve farlo bene, ma lottare non basta mai, fino a che comandano loro, e quindi in ogni lotta deve essere deposto il seme non di questa o quella “rivendicazione intermedia” (sempre illusoria o parziale), ma della necessità finale – per soddisfare a pieno ogni bisogno ivi espresso – di “spazzarli via”. Di un alternativa di sistema. Del comunismo.

4) per gli aspetti legati alla lettura della politica fiscale e al suo rapporto con l’imperialismo vorrei solo dire che l’impennata dei capitali speculativi, come dei debiti pubblici e privati, è strettamente correlata alla crisi che il capitale vive dal 2008, determinata a sua volta da una cinquantennale caduta tendenziale del saggio di profitto alla cui espressione ogni tentativo di spiegazione degli elementi di questa crisi deve necessariamente tornare, in questo trovo il limite economico maggiore del testo di OC. Il capitale finanziario, il debito (statale, delle imprese e delle famiglie), crescono perché il saggio di profitto nell’industria non offre adeguati margini. La speculazione, i debiti, crescono per supplire al mancato plus-valore creato nell’industria, producendo in compensazione speculazione e debito su debito… per le generazioni future. Le quote di capitale fittizio cinese dimostrano che anche laggiù il saggio del profitto sta iniziando a cadere al di sotto di un livello oltre il quale non è più del tutto soddisfacente investire in industria, e via all’incremento della delocalizzazione dove la forza lavoro costa ancora meno, della speculazione…

5) anche questo dimostra l’illusorietà di ogni parola d’ordine “intermedia” e pone il problema di come iniziare a far circolare la necessità dell’alternativa di sistema a partire dalle lotte immediate, ossia ad argomentare, in ogni intervento, il limite contro il quale ogni rivendicazione immediata va a scontrarsi: il capitale, il profitto, il plus-valore.

Per la rivoluzione.

Lunedì, February 15, 2021