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Home ›Soluzioni per mantenere in piedi il capitalismo
Un collettivo di economisti che fa capo al sito “coniarerivolta” ha criticato le visioni e gli obiettivi economico-sindacali che il nuovo segretario della CGIL, Landini, ha esposto in una intervista di Repubblica. Dunque, ci si lamenta dell’eccessiva sperequazione fra profitti e salari, ma per aumentare i salari – è Landini che parla – l’economia (capitalista!) deve crescere e diffondere “prosperità”. Si chiede allora “un piano straordinario di investimenti pubblici e privati”. Il collettivo prontamente gli risponde: e i consumi? Infatti, la domanda si legherebbe al principio (borghese e capitalista anch’esso, oltre che lapalissiano) il quale stabilisce che aumentando i consumi si acquisterebbero più merci. C’è però il problema delle “risorse” necessarie per gli investimenti “produttivi”, e da ciò il “ruolo positivo” che avrebbero i consumi di merci…. e la loro produzione con un saggio di profitto remunerativo, ecc. Sia chiaro: l’investimento, se non è produttivo di nuovo valore, che cos’altro andrebbe ad incrementare?
Signori miei, questo è lo schemino funzionale del capitalismo. Peccato che a metà strada il tutto si inceppi, giacché – se si vuole investire – si deve per l’appunto produrre plusvalore! I pochi che hanno analizzato in profondità il movimento del capitale, assieme alle altre dominanti categorie di merce, valore, denaro, ecc., dovrebbero aver capito almeno qualcuno dei condizionamenti che pesano su questo assurdo modo di produrre e distribuire. Qui invece si arriva alla conclusione che tutto dipenderebbe dai mancati investimenti pubblici (di capitale, s’intende…) al fine di promuovere la mitica crescita del sistema attraverso i cicli di accumulazione del capitale stesso. Ma poiché il meccanismo si inceppa, e questa voltta piuttosto gravemente, si piange sui soldi che occorrerebbero e che non ci sono, poiché l’Ue li ha messi in gabbia e impedirebbe così una “credibile politica di rilancio degli investimenti”.
Già, ma perché gli investimenti sono crollati? Ebbene, che il disastro (per Landini e i suddetti economisti) sia il frutto di scelte politiche sbagliate – questa la comune opinione – ebbene francamente qui siamo nel bel regno delle favole, accanto a rivendicazioni del tipo “piena occupazione, salari dignitosi e diritti dei lavoratori”. E col capitale che – su intervento della divina provvidenza – si dovrebbe convertire a comportamenti da “libertà, fraternità ed eguaglianza”. Inoltre, che poi la Confindustria contenga i salari per non vendere merci (considerando i consumi una… spesa improduttiva), qui veramente la confusione creata è al colmo!
Ed eccoci ad una sospirata “riforma fiscale”: “i soldi si vanno a prendere lì dove sono” – dice Landini - ma poiché “le parole vanno pesate” – così commenta chi se ne intende (gli economisti che vogliono modellare le “rivolte” ad uso e consumo dei bisogni del capitale) - la sua spacconata sarebbe tale in quanto la Ue (si noti bene: non il capitalismo!) ci impedisce “un’ottima politica di progresso sociale”, cioè le tasse (giuste e ben equilibrate!) sui capitali, sui profitti e sui patrimoni, affinché tutto funzioni in perfetta armonia. Una misura che sarebbe l’uovo di Colombo...
Peccato però – si dice poi – che i “i grandi capitali migrerebbero su conti esteri e le imprese trasferirebbero la propria sede fiscale”. Già, ma allora perché si incensano quelle che figurerebbero come pratiche di nazional-socialismo e si schernisce l’internazionalismo proletario? Inoltre, che senso ha (se non l’accarezzare i portafogli dei borghesi) il recriminare su una patrimoniale che colpirebbe le piccole proprietà e “schiaccerebbe la classe media nel bel mezzo della crisi” e – udite, udite – i “redditi di quei lavoratori dipendenti che hanno stipendi non da fame”. Ma allora dalla manica uscirebbe forse l’asso della flat tax?
Infine, come mossa da ultima spiaggia, vi sarebbero i bilanci in passivo, la spesa pubblica in deficit, presentando il tutto come un “riscatto per i lavoratori” che pagheranno le conseguenze (in parte già lo fanno). All’ombra di una “riforma fiscale degna di questo nome”.
Conclusione: se questo non è l’ennesimo tentativo di conservare in vita il capitalismo…
Non c’è dubbio che Landini finisca con l’inchinarsi di fronte alle compatibilità con le istituzioni europee, ma sembra che tutti (anche se col distintivo di “antagonisti”) finiscano dalla padella alla brace collaborando – nella sostanza – con la conservazione (al meglio!) del capitalismo. E sempre con i lavoratori in mutande, col rispetto di compatibilità che li condannano ad allontanarsi sempre più dalla propria emancipazione politica ed economica indispensabile per liberarsi dagli artigli del capitale. Ad assisterli e confortarli in questa vale di lacrime, c’è chi cerca di far loro rimpiangere (?) i tempi trascorsi al seguito di un “sindacato conflittuale e di una sinistra di classe organizzata”. Ma quale?
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