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Home ›Riscaldamento globale: Il capitalismo minaccia il pianeta
Dal punto di vista di una più elevata formazione economica della società, la proprietà privata del globo terrestre da parte di singoli individui apparirà così assurda come la proprietà privata di un uomo da parte di un altro uomo. Anche un’intera società, una nazione e anche tutte le società di una stessa epoca prese complessivamente, non sono proprietarie della terra. Sono soltanto i suoi possessori, i suoi usufruttuari e hanno il dovere di tramandarla migliorata, come boni patres familias, alle generazioni successive.
Marx, “Il Capitale”, Terzo libro
Nel 2015 195 paesi hanno firmato l'Accordo di Parigi, un trattato non vincolante che mira a mantenere l'aumento della temperatura media globale "ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali". I firmatari hanno commissionato al Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) di produrre un rapporto che confronti i probabili impatti derivanti da un riscaldamento globale di 1,5°C con quelli prodotti da un riscaldamento di 2°C e che valuti le misure necessarie per mantenersi al livello più basso. Il rapporto è uscito ad ottobre e sintetizza tutte le ricerche pubblicate fino al 15 maggio 2018. Tuttavia, la versione ufficiale non è quella scritta dagli scienziati che l'hanno redatta. Il testo finale è il risultato di negoziazioni politiche ed è stato pesantemente rielaborato. Dalle fughe di notizie sappiamo che gli Stati Uniti erano uno dei governi intenti ad annacquare il testo.
La relazione completa chiarisce che le conseguenze saranno gravi anche se l'obiettivo di 1,5°C venisse raggiunto. Afferma inoltre che
c'è un'alta probabilità che secondo le attuali condizioni di emissione, e gli attuali impegni nazionali, la Terra si riscaldi oltre 1,5 gradi al di sopra degli obiettivi fissati a Parigi ....
Questo punto è stato eliminato dalla relazione finale. Inoltre è stato omesso anche il parere secondo il quale se i paesi effettuassero i tagli che dicono di voler fare, il mondo è comunque sulla strada verso un riscaldamento di 3°C entro il 2100. E se non dovessero farli, il riscaldamento globale potrebbe arrivare fino a 7°C!
Quest'ultimo rapporto dell'IPCC conferma la totale inadeguatezza dell'accordo di Parigi e l'enorme divario tra le parole e le azioni necessarie se il pianeta vorrà essere in grado di sostenere la civiltà umana o qualsiasi altra vita. Tale accordo fallisce in tutti e quattro i punti considerati necessari da scienziati e dai i gruppi ambientalisti, vale a dire:
1. Attuare riduzioni immediate, urgenti e drastiche delle emissioni
Questi tagli, o "Intended Nationally Determined Contributions" (INDCs), sono stati elaborati dai governi, sulla base di ciò che fossero disposti a dare, non di ciò che gli scienziati ritengono che sia necessario. Non si spingono abbastanza lontano. Ad esempio, le emissioni del trasporto aereo e marittimo, che sono grandi quanto le emissioni di Gran Bretagna e Germania messe insieme, non sono state nemmeno considerate. Nel contempo, l'evidente rifiuto dell'Australia di eliminare gradualmente il carbone entro il 2050 per mantenere le emissioni all'interno dell'obiettivo di Parigi evidenzia l'assurdità di aspettarsi che ogni potenza capitalista anteponga la sopravvivenza del globo al proprio interesse nazionale (a scopo di lucro). Il più grande esportatore di carbone del mondo ha detto che sarebbe stato "irresponsabile" rispettare la raccomandazione dell'IPCC di smettere di usare il carbone per generare elettricità. Invece la priorità del governo è quella di tagliare i prezzi dell'elettricità domestica, non le emissioni di gas serra, che sono aumentate per quattro anni consecutivi. Il carbone genera due terzi dell'elettricità australiana e nel biennio 2017-18 ha fatto registrare il record di 61 miliardi di dollari australiani di esportazioni. In Cina, il rallentamento della "crescita economica" ha portato il governo a revocare i tagli alle emissioni delle industrie pesanti introdotti solo di recente per ridurre i disastrosi livelli di inquinamento atmosferico. Non si può permettere che le difficoltà respiratorie influenzino il profitto...
2. Fornire un sostegno adeguato alle “nazioni in via di sviluppo” per la transizione
Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia, la transizione verso un mondo senza fossili richiederà 1.000 miliardi di dollari all'anno entro il 2020. Circa due terzi di questi, 670 miliardi di dollari, dovranno essere spesi nei "paesi in via di sviluppo", il che richiederà un significativo trasferimento di finanziamenti da nord a sud. I grandi paesi capitalisti rappresentano solo il 10% della popolazione mondiale, ma producono circa il 60% dei gas serra attualmente presenti nell'atmosfera.
Tuttavia, l'accordo di Parigi si impegna a stanziare 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020, per coprire non solo la riduzione delle emissioni, ma anche le misure di adeguamento (vedi 3, sotto). La definizione di "stanziare" è volutamente ampia e comprende prestiti, finanziamenti privati, sovvenzioni con le relative restrizioni e ricollocazione degli stanziamenti per gli aiuti. Si parla addirittura di considerare il denaro inviato a casa dai migranti che lavorano nei paesi più ricchi come una forma di finanziamento per il clima, e di considerarlo nel totale "stanziato" da Stati Uniti, Francia, Germania, ecc.
In breve, il finanziamento proposto è totalmente inadeguato, se non è una vera e propria finzione. E' inoltre totalmente vanificato dai circa 5.300 miliardi di dollari all'anno che i governi spendono per sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili.
3. Garantire la giustizia per le persone colpite
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, oltre ai 670 miliardi di dollari necessari per la riduzione delle emissioni entro il 2020, i paesi a rischio avranno bisogno di altri 150 miliardi di dollari all'anno per le misure di adeguamento necessarie per proteggerli dal peggiore impatto dei cambiamenti climatici. I 100 miliardi di dollari proposti dall'ONU rappresentano meno del 15% di quanto formalmente necessario!
Le grandi potenze capitalistiche sono i maggiori inquinatori, ma il principio che dovrebbero dare un contributo adeguato ad una soluzione è stato annacquato per volere degli Stati Uniti e di altri paesi. L'accordo di Parigi dice solo che i "paesi sviluppati" dovrebbero "prendere l'iniziativa" nel fornire finanziamenti, come parte di uno "sforzo condiviso" da tutte le parti.
Concentrarsi su un'azione reale ed efficace piuttosto che su soluzioni fittizie
L'accordo di Parigi mira a ridurre le emissioni entro la seconda metà di questo secolo, ma un obiettivo dell'1,5° richiederebbe la fine definitiva dell'uso di combustibili fossili entro il 2050! Inoltre, l'accordo consente di continuare a bruciare combustibili fossili "compensato" da "rimozioni" attraverso dubbie tecniche di cattura del carbonio, geoingegneria o impianti forestali. Non si accennano nemmeno a normative per contenere le industrie distruttive, fermare la deforestazione e fermare l'estrazione di combustibili fossili. E l'accordo non ha la precedenza sugli accordi commerciali esistenti o nuovi, permettendo alle aziende di ribaltare le norme ambientali quando i profitti sono minacciati. In breve, si tratta più di un esercizio di pubbliche relazioni che di un serio piano di riduzione delle emissioni. Quando Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall'"accordo" poco più di un anno fa, ha avuto scarse conseguenze.
I suoi obiettivi sono troppo poco e troppo in ritardo.
Il capitalismo sta uccidendo il pianeta. Nel caso in cui ne venisse definito il prezzo, il costo del risanamento ambientale sarebbe comunque superiore al valore della crescita economica misurata dal PIL. (Da qui la confusione dell'accordo su come pagare per le sue deboli indicazioni). La scomparsa di specie, le tossine nel cibo, nell'acqua, nell'aria, nell'aria, nella terra, indicano che il capitalismo sta devastando il pianeta. I profitti che il capitalismo ricava dallo sfruttamento della classe operaia sarebbero vanificati se dovessero includere i costi ambientali nella loro produzione. Nessuna misura derivante da accordi sul clima, falsi programmi di riciclaggio, o quant'altro può conciliare la ricerca del profitto del capitalismo con la visione di Marx sulla necessità di tramandare il globo alle generazioni successive in condizioni migliori. La risposta dovrebbe essere quella di fissare ogni ambientalista in faccia: sbarazzarsi del capitalismo!
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