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Home ›Le vergognose imprese del sindacalismo confederale: schierare lavoratori contro altri lavoratori
Ma tra sindacatini e sindacatoni le vittime sono sempre i lavoratori
Fin qui la cronaca
La mattina del 22 gennaio la dirigenza CGIL di Parma ha condotto in corteo per le vie del centro di Fidenza – al vergognoso grido di “Gli operai della Bormioli siamo noi” - i dipendenti della Bormioli e i lavoratori del Consorzio CAL che nelle settimane precedenti non avevano scioperato né partecipato ai picchetti organizzati per giorni (sin dal 23 dicembre scorso) dai lavoratori organizzati nel Sicobas,
sindacato a rappresentanza maggioritaria nell’azienda tra i facchini (i lavoratori del settore logistica, ossia del reparto magazzini per lo smercio in entrata e in uscita).
Scopo della manifestazione era da un lato sostenere l’accordo sottoscritto a dicembre dalla stessa CGIL (1) con il CAL - la cooperativa subentrata nell'appalto del settore logistica della Bormioli – e dall’altro protestare contro le iniziative di lotta organizzate dalla maggioranza dei lavoratori, aderenti al Sicobas, contro quell’accordo, ritenuto peggiorativo delle condizioni di lavoro di tutti gli addetti al settore.
Accordo che, alla stipula, aveva trovato consenzienti – dichiara il Sicobas - solo 15 sui 60 operai in organico; dunque, la maggioranza inizia i blocchi dei magazzini a partire dalle “vacanze natalizie”.
Ricordiamo che il CAL – vera e propria “agenzia interinale” mascherata da cui dipendono sia i lavoratori in picchetto dal 23 dicembre scorso, sia i circa 40 lavoratori che oggi sfilavano in piazza al seguito della CGIL – è la cooperativa appaltatrice subentrata alla precedente (come è ormai prassi consolidata nella gestione del lavoro nel settore logistico nazionale per meglio precarizzare le condizioni di lavoro e di salario attraverso veri e propri ricatti di licenziamento in caso di non accettazione dei nuovi diktat della cooperativa subentrante) la quale ha pensato bene di negare ai lavoratori diritti contrattuali già in precedenza acquisiti in tema di livello di anzianità e dunque retribuzioni, orari di lavoro, pause, ecc. (2)
L’accordo proposto dalla CGIL – sempre secondo il Sicobas – prevedeva, in cambio del “provvisorio” mantenimento dei livelli occupazionali attuali, la perdita di un livello contrattuale, oltre che dell’anzianità maturata e del diritto alla malattia, demansionamenti e una riduzione, di fatto solo posticipata al 2016, dell’organico.
Inutile sottolineare come nell’accordo siglato dalle confederazioni sindacali CGIL-CISL - e contestato dagli oltre 40 lavoratori in picchetto - non sia per nulla previsto il riconoscimento né del 4° livello né dell’anzianità di servizio maturata, in precedenza accordati (e poi a quanto pare disdettati, a dire dell’azienda) dalla cooperativa presente prima del cambio d’appalto a beneficio del CAL. (3)
Questi ultimi, in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda, erano stati nei giorni scorsi e a più riprese, anche vittime dalla brutale repressione da parte delle forze dell'ordine, con cariche, sgomberi e rimozioni forzate a più riprese dei presidi, identificazioni e lunghi fermi in questura, denunce a lavoratori e solidali presenti. (4) Inutile anche qui sottolineare come nessuna nota di solidarietà ai lavoratori, né tanto meno di condanna alle azioni repressive, sia giunta dalla segreteria CGIL.
Abbiamo nei giorni scorsi espresso la nostra solidarietà (5) al coraggio e alla determinazione dei lavoratori in lotta che picchettavano gli ingressi dell'azienda, anche nel fronteggiare la repressione, affiancati sì da solidali e persino da un delegazione dei lavoratori della Penny Market di Desenzano del Garda.... ma non dagli altri dipendenti della stessa azienda, quelli scesi in piazza il 22 gennaio, al seguito della dirigenza locale CGIL, allo sconcertante grido di "Gli operai della Bormioli siamo noi!".
Punto di vista e indicazioni
Ci preme certo sottolineare e denunciare le parole del disgustoso discorso tenuto ai cancelli della Bormioli dal segretario provinciale CGIL, Massimo Bussandri (6) e la evidente faziosità del suo negare l'evidente volontà di contrapporre lavoratori contro lavoratori, con in più la faccia – mai abbastanza tosta! – di attribuirne al concorrente sindacale (il Sicobas, per l’appunto) la responsabilità.
Ma al di là ancora di ogni polemica e denuncia, ciò che ci preme piuttosto è indicare ai lavoratori – tutti! – il vicolo cieco in cui li conducono simili azioni di divisione e contrapposizione, condotte addirittura aizzando i lavoratori “non scioperanti” ad urlare “Gli operai della Bormioli siamo noi!” a significare che gli altri – i coraggiosi lavoratori in sciopero dei magazzini – non lo siano, o almeno non lo siano abbastanza.
Agire per la settorializzazione e l’isolamento, per il marciare disuniti e isolati anche territorialmente, quando non per la corporativizzazione delle lotte persino all’interno della stessa azienda, è agire che contraddistingue ormai da decenni il sindacato di qualsiasi natura e origine, in tutto e per tutto interamente asservito alla logica della compatibilità di sistema (leggi: interessi del padronato). Per di più – e non è il primo caso – alimentando e sostenendo il crumiraggio organizzato dalle stesse imprese.
Al di là delle differenze con il sindacalismo confederale e delle buone intenzioni della base a questa logica finisce per non sottrarsi neanche certo sedicente sindacalismo “dell’autorganizzazione” che, in episodi come quelli IKEA, non è riuscita a legare insieme le lotte coraggiose e determinate dei facchini (per lo più lavoratori extra-comunitari) a quelle dei dipendenti dei vari punti vendita scesi in sciopero nella seconda metà dello scorso anno sotto le bandiere – ancora una volta - del sindacalismo confederale. Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni, lo stesso sindacalismo di base spesso propone una pratica “di bottega” e corporativa, con mille iniziative semplicemente di facciata ed autoreferenziali, che servono alla struttura sindacale per mostrarsi viva e formalmente più attiva di altri sindacati concorrenti. Pratiche che contribuiscono a creare confusione e divisione tra i lavoratori.
Il nostro appello ai lavoratori è dunque sempre lo stesso: unitevi al di là e contro questi beghe di parrocchietta, il cui scopo, o comunque esito, è solo quello di rendervi inermi perché divisi e di indebolirvi.
Solo la vostra unità e il vostro protagonismo in prima persona – contro ogni logica di delega per la risoluzione dei vostri problemi a sindacatoni o sindacatini d’ogni sorta, vi renderà capaci di lottare, in prospettiva, per superare – come è necessario! - questo sistema di schiavitù salariale del lavoro capitalistico asservito al profitto che, col ricatto e la precarietà ormai dilaganti, vi costringerà sempre ad accettare il “meno peggio”, il “male minore”, anche contro i vostri compagni di lavoro, e vi porterà a scannarvi l’uno contro l’altro, nella illusoria speranza di salvare ciascuno la propria pellaccia a prescindere da ciò che accada all’altro.
La CGIL – fedele da decenni alla sua storica condotta contro i lavoratori nei fatti – oggi proclama uno sciopero per - udite, udite!!! - il “diritto al lavoro”contro il diritto allo sciopero e dunque contro il diritto alla lotta di altri lavoratori, denunciando i picchetti dei facchini (che hanno rifiutato l’accordo siglato) come una “violazione del diritto al lavoro” di crumiri o di lavoratori meno coraggiosi che, poverini - come piagnucola il funzionarietto sindacale - “ogni giorno son costretti a farsi scortare dalla polizia per entrare a lavoro”.
Noi, riferendoci al funzionario CGIL Bussandri e ai tanti come lui, e utilizzando le sue stesse parole, non abbiamo alcun dubbio circa una sua presunta “dubbia provenienza”: conosciamo troppo bene la storia pluridecennale del maggior “sindacato rosso”, e la denunciamo da decenni, per non sapere da dove esso provenga e, soprattutto, quali siano le sue sporche e viscide finalità. E ci auguriamo lo comprendano presto anche i lavoratori (fra quanto tempo ancora?!). L’episodio dei tranvieri di Genova di pochi anni fa, come quello della lotta alle acciaierie AST di Terni del 2014 (7), sono solo due degli innumerevoli casi emblematici di tali finalità: riportare “alla ragione” e “dentro i binari” della compatibilità coi datori di lavoro i lavoratori che anche solo azzardassero un’azione autonoma e determinata di lotta, che alzassero il tiro persino delle loro legittime richieste di difesa oltre il limite stabilito dai sindacati al servizio degli interessi dei datori di lavoro e della mitica “economia nazionale”.
Così come sappiamo bene che non si tratta affatto di un problema di vertici dirigenziali ormai degenerati, corrotti, traditori – come ama sostenere certo ormai storico “entrismo” a sinistra di marca trotskista – che basterebbe “riconquistare” alla causa dei lavoratori e dunque sostituire per risolvere tutto, ma di una funzione che ormai da lunghi decenni il sindacalismo – in primis confederale, ma non solo - non può che svolgere in quanto moderatore del conflitto sociale in nome e per conto degli interessi “generali” dell’intero mondo del profitto.
La logica è sempre la stessa, e ogni giorno diventa sempre più evidente: affinché i lavoratori di tutto il mondo non si uniscano, bisogna che si dividano e si combattano l’un l’altro. Immigrati e stranieri contro italiani, giovani contro vecchi, pubblici contro privati, garantiti contro precari: ecco il loro abile sporco gioco.
E c’è persino di molto peggio. È proprio di oggi la notizia che, in sede di vertenza Prix (nel padovano), Cgil, Cisl e Uil del Veneto hanno deciso di schierarsi ancora una volta contro i lavoratori firmando - insieme alla Regione Veneto, la Provincia di Padova, i committenti (Prix, Despar Aspiag Service, Trasporti Romagna-Mg Service, Alì, Unicomm e Legacoop) - una lettera rivolta alle Prefetture per sollecitare “l’intervento tempestivo delle Prefetture per ripristinare la legalità e l’agibilità dei cantieri” in caso di comportamenti intimidatori “verso la committenza”. (8)
Insomma, sono davvero troppi gli scheletri nascosti nell’armadio per essere anche solo un minimo credibili…
Come ha difeso, per decenni, quel diritto al lavoro per milioni di lavoratori la CGIL e i suoi compari che oggi sfilano in piazza a Fidenza inneggiandolo? Cosa hanno infatti fatto CGIL-CISL-UIL (9) – sindacati firmatari dell’accordo-vergogna sulla rappresentanza sindacale per limitare i vostri diritti di rappresentanza e di sciopero – contro la riforma Fornero, contro la progressiva precarizzazione del lavoro (dalla famigerata “Svolta dell’EUR” del 1977 sottoscritta dalla CGIL di Lama, inaugurò la politica della “moderazione salariale”, all’abolizione della scala mobile, al pacchetto Treu del 1997 che introduce il precariato, ecc.), o contro il jobs act?!
Cosa hanno fatto se non avallare il tutto sottoscrivendo ogni accordo e limitandosi a piagnucolare indignazione a chiacchiera? Se non accettare la regolamentazione-limitazione del “diritto” di sciopero? Se non accettare la decurtazione delle pensioni? Se non sottoscrivere la contrattazione di secondo livello che indebolisce la nostra posizione davanti al cosiddetto datore di lavoro riconducendola al livello locale e dunque ai rapporti di forza all’interno delle singole aziende? Se non piegarsi ai diktat del “modello Marchionne” e non solo? Se non avallare il taglio del welfare, ossia del salario indiretto? Se non organizzare folkloristiche quanto innocue passeggiate in piazza che per nulla hanno danneggiato la controparte padronale e in nulla hanno spaventato lo Stato, di quest’ultima strumento di azione e repressione?
Scrivevamo solo un anno fa (10):
Alla loro direzione (dei lavoratori, ndr), tra qualche plauso e qualche ancora sparuta contestazione, restano ancora, purtroppo, i sindacati che da e per decenni hanno sottoscritto col padronato - e con lo Stato che ne rappresenta e difende gli interessi - i peggiori accordi nazionali e aziendali al ribasso, avallato le leggi sulla precarizzazione e i tagli a welfare e pensioni, svuotato di fatto anche le già limitate tutele dello Statuto dei lavoratori. Il tutto farseggiando ridicole proteste, indicendo sciopericchi di qualche ora, proclamati mesi prima, o manifestazioni-passeggiata nei fine settimana (l'ultimo il 25 ottobre scorso), che ben sapevano essere assolutamente incapaci non solo di fermare questo massacro sociale, ma anche di minimamente intaccare l'andamento di buoni affari dei padroni (nessun serio e continuativo blocco della produzione).
In più mantenendo sempre divise le varie categorie di lavoratori (divide et impera!) nelle iniziative di mobilitazione, accettando anche che la contrattazione di secondo livello sopprimesse quella nazionale, costringendo così centinaia e centinaia di vertenze dentro i cancelli delle singole aziende, così che il rapporto di forza tra lavoratori e padroni ne risultasse maggiormente indebolito a tutto vantaggio dei secondi.
Il tutto invece di chiamare i lavoratori ad una reale mobilitazione unitaria per fermare la produzione e la distribuzione per costringere il padronato a cedere, magari fra qualche tremore, anche fosse l'ennesima briciola sempre – peraltro - facilmente neutralizzabile.
Il nostro invito ai lavoratori è dunque ad unirsi, dentro e fuori le ristrette barriere delle loro singole aziende e sul territorio, solidarizzare nei fatti (e non solo nei proclami) con le migliaia di altri lavoratori in lotta o in agitazione che, seppur frazionati sul territorio e divisi dai sindacati d’ogni ordine e grado, diventano una forza solo se lottano uniti. Solo se creano propri organismi di decisione e di lotta, solo se in questi essi discutono e decidono assemblearmente e autonomamente da ogni dirigenza sindacale le proprie azioni di lotta, solo se unificano la loro alle altre piccole e grandi lotte e iniziative oggi ancora frammentate sul territorio e rinchiuse ciascuna nella propria azienda.
Solo l’unione è il primo livello della *nostra* forza, quella in grado di far tremare i polsi a datori di lavoro e sindacalisti, dinanzi ad un attacco padronale sempre più feroce e senza scrupoli (veli) del quale le centrali e segreterie sindacali sono da decenni complici.
Il secondo, ci chiedete? Rendersi conto che il capitalismo e le sue leggi e logiche sono irriformabili e che occorre dar vita ad una diversa organizzazione economica e sociale in cui il lavoro non sia più un privilegio e uno strumento di ricatto, e non sia più sottomesso e finalizzato al guadagno di pochi. In una parola, dar vita alla autentica organizzazione comunista della società.
PF(1) L’accordo in questione è stato sottoscritto tra CAL e Filt CGIL e Fit CISL.
(2) Riporta ancora Repubblica dell’8 gennaio 2016: «Accordo, tuttavia, rigettato dai rappresentanti del sindacato di base Si Cobas - che rivendicano il maggior numero di tesserati all'interno dell'azienda - i quali fanno invece riferimento al tavolo saltato ieri in Prefettura con la nuova cooperativa subentrata, in cui "non si è raggiunto l'accordo - spiegano - perché non sono stati accettati il quarto livello e gli scatti di anzianità. In pratica rischiamo di guadagnare meno, senza che vengano rispettati gli scatti di anzianità, appunto, e l'inquadramento professionale", si sono espressi così alcuni facchini nel corso della manifestazione in via della Repubblica, dove gli attivisti solidali con le maestranze hanno, a tratti, bloccato il traffico.»
(3) Per maggiori chiarimenti sulle obiezioni all’accordo portate dal Sicobas, rinviamo a questo articolo: “Vertenza Bormioli: a un mese del suo inizio facciamo chiarezza”, in sicobas.org
(4) Riporta Repubblica dell’8 gennaio 2016: «Una trentina di persone, tra lavoratori e attivisti, risultano ora indagati per i reati di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale, e verranno denunciati. È questo il bilancio della movimentata giornata iniziata con il presidio dei facchini davanti ai cancelli della Bormioli Rocco a Fidenza - dove un gruppo di maestranze è presente da Natale con un picchetto allestito davanti all'azienda vetraria in via Martiri delle Carzole - e finito nel pomeriggio in questura, dove una trentina di persone fermate sono state identificate dalla polizia (…) il successivo intervento delle forze dell'ordine che hanno sgomberato i manifestanti - facchini e attivisti solidali con loro: esponenti di associazioni e movimenti cittadini tra cui Rete Diritti in Casa e Artlab - posti in stato di fermo e condotti in questura per le procedure di identificazione».
(5) Leggi: “Solidarietà ai facchini di Fidenza” - leftcom.org
(6) Vi invitiamo ad ascoltarlo con le vostre orecchie nel video qui: parmatoday.it
(7) Leggi “Prosegue coraggiosa la lotta Ast, prosegue la squallida farsa sindacale” - leftcom.org
(8) Come riporta un comunicato stampa USB del 19/01/2016: GRANDE DISTRIBUZIONE: TAVOLO IN REGIONE CONTRO MOBILITAZIONI SELVAGGE, ASSESSORE DONAZZAN A PREFETTI, “RIPRISTINARE LEGALITA’”
«Rispetto delle regole, condizioni di legalità e tavolo di monitoraggio sulle relazioni sindacali. Sono queste le richieste che i rappresentanti dei sindacati e della grande distribuzione, coordinati dall’assessore al lavoro della Regione Veneto Elena Donazzan, rivolgono ai titolari delle sette Prefetture venete perché sia garantita l’agibilità dei siti di produzione della grande distribuzione e si prevengano le mobilitazioni non regolari, o non autorizzate.
Oggi, a palazzo Balbi, i rappresentanti dell’imprenditoria e delle maggiori sigle sindacali della grande distribuzione, convocati dall’assessore Donazzan a seguito di agitazioni e scioperi non regolari avvenuti nelle più importanti piattaforme di logistica, hanno sollecitato formalmente l’intervento tempestivo delle Prefetture territorialmente competenti. “Pur ribadendo il diritto di sciopero per rivendicare le proprie richieste - riassume l’assessore veneto - il tavolo regionale ha stigmatizzato ogni comportamento violento o intimidatorio posto in essere verso la committenza e gli altri lavoratori. Per questo motivo sollecitiamo l’intervento tempestivo delle Prefetture per ripristinare la legalità e l’agibilità dei cantieri. Gli episodi accaduti nelle ultime ore devono essere circoscritti con tempestività per evitare che si legittimino comportamenti soggetti al di fuori delle regole e della democrazia”.».
(9) Leggi “Resoconto dei pluri-decennali “successi” del sindacalismo: una lunga, lunghissima, vecchia storia” - leftcom.org
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