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Home ›I proletari sfruttati e oppressi dal capitale non hanno colore, etnia o religione: la loro condizione è internazionale
La borghesia paralizza la classe operaia anche con la divisione fra proletari immigrati e proletari indigeni; soffia sul fuoco del più bieco razzismo ed egoismo nazionalista contro centinaia di migliaia di disperati che fuggono da Stati che li precipitano nella miseria e nella fame.
Questo mentre le borghesie di tutti i cosiddetti “Paesi avanzati” sfruttano e opprimono – in alleanza con le locali borghesie – i Paesi (cioè il proletariato) che si dovrebbero “sviluppare” nel contesto del sistema capitalistico globale. Sotto il dominio interessato (in termini di prelievi di quote di plusvalore) degli Stati economicamente più forti, che strangolano di debiti quelli più deboli.
È purtroppo evidente come gli isolati scoppi di collera spontanea – a seguito delle bestiali condizioni di vita che i proletari di ogni razza e nazione si trovano costretti a subire – risultino inefficaci. Vengono abilmente sfruttati dalla borghesia, nelle sue frange politiche di destra estrema ma non solo, al fine di deviare ed isolare su un terreno interclassista-nazionalista quella che dovrebbe invece essere una risposta organizzata, disciplinata e costante della classe oppressa attorno al suo esclusivo partito.
Ciò che occorre è l’unione di tutti gli elementi riconducibili ad una sola e comune classe sfruttata, il proletariato, fino a sostenere un progetto politico che – è questo che deve essere chiarito e non nascosto durante la lotta stessa – richiede un totale rigetto dell’attuale organizzazione economica e sociale. Non si ripeterà mai abbastanza che il sistema in cui ci costringono a vivere è basato unicamente sullo sfruttamento di chi altro non possiede che la propria forza-lavoro. Un miglioramento reale e definitivo delle attuali disperate condizioni è ormai una ipotesi inaccettabile, impraticabile senza una messa al bando di questa società prossima alla barbarie, senza liberarci da una logica perversa che ci viene imposta fino a strangolarci.
Alcuni degli ultimi episodi di protesta (sindacali e sociali, come per esempio gli “scontri” con gli immigrati e le occupazioni di appartamenti popolari nelle periferie dove viene ammassato il proletariato e il sottoproletariato delle più svariate etnie), sono di per sé significativi. Evidenziano il disorientamento di quanti sono sottoposti a forti somministrazioni (tanto ideologiche quanto… materiali) di dosi di “buonismo”, di finta "tolleranza" ed ipocrita “carità” al fine della conservazione di questa marcia società. Un quadro di sofferenze e prepotenze nella cornice, fra l’altro, di una dilagante corruzione, sia ai vertici sia nelle locali periferie dei poteri centrali. Vere e proprie bande mafiose e criminali che scorrazzano all’interno della società borghese sia in campo economico sia politico e sociale, figli, poco "presentabili", ma pur sempre figli legittimi della borghesia stessa.
Divide et impera: niente di meglio, nell’attuale panorama della democrazia borghese, quale strumento per reprimere e confondere sul nascere ogni minima tendenza alla ricerca della concretizzazione di una proposta in grado di trasformare questo assurdo sistema economico e sociale. In quanto tale, questa indicazione viene considerata dalla stessa “sinistra” borghese come una visione utopistica, irreale; da tutti gli altri immediatamente catalogata come un “progetto” ai limiti della sovversione e della sedizione… E in un reale contesto ormai al limite di episodi di vera e propria barbarie, si crea un terreno fertile per il muoversi, in particolare, di bande della destra più becera e arrogante. Esse cavalcano un razzismo neppure più tanto strisciante, ammantato di nazionalismo populista e in presenza di un ambiente nel quale si sviluppano risentimenti e frustrazioni, in una deriva pericolosa perché sfociante sempre più spesso in una guerra fra poveri. Una conflittualità ben alimentata e manipolata nella diffusione di delusioni, miserie, sofferenze e rabbia che non si differenziano nel colore della pelle né possono trovare soluzioni immediate in questo ordine sociale e nel rispetto delle sue “regole”.
Riguardo sempre alla questione immigrati, e nel riportare alcuni dati ad essa relativi, facciamo presente come eventuali differenze di numeri – in più o in meno a seconda delle fonti – chiaramente non influiscono in alcun modo sulle valutazioni del “fenomeno” e sulle “tendenze” in atto nel bel mondo globale del capitale dominante.
Da dossier statistici riferiti al 2013 risultavano regolarmente presenti in Italia circa 5 milioni 185 mila stranieri. Andando subito al centro del problema più “concreto” agitato dai “benpensanti”, va precisato subito che i “benefici” risultanti dall’immigrazione in Italia sono maggiori degli “svantaggi” che subirebbe lo Stato. Basta sfogliare alcuni Dossier, come quello Statistico Immigrazione 2014, per trovare dati interessanti a proposito di quel “Vade retro Satana” col quale viene trattata l’immigrazione in Italia.
Esistono in Italia 628mila partite IVA e 497.080 imprese attinenti a soggetti nati all’estero, per circa 800.000 posti di lavoro dei quali 200mila occupati da italiani (dati Registro Imprese), che quindi forniscono altri benefici fiscali e contributivi per il patrio Erario. Dal IV Rapporto della Fondazione Leone Moressa risulterebbe che gli stranieri contribuiscono alla fiscalità per il 4,4%. Le imprese in mano a stranieri costituiscono l’8% del totale nazionale; con 85 miliardi di euro forniscono il 6,1% del “valore aggiunto” nazionale. Versano 6,7 miliardi di imposte Irpef, mentre diminuiscono (meno 2 miliardi nel 2013 rispetto al 2011) le rimesse ai Paesi d’origine. Nelle casse dello Stato entrano “materialmente” 1,4 miliardi di euro: così risultava nel 2011 la differenza tra spesa pubblica per l’immigrazione (11,9 miliardi) ed entrate in contributi previdenziali e tasse (13,3 miliardi).
Inoltre l’UE ha versato all’Italia, nel solo quadriennio 2007-2011, 236milioni di euro così ripartiti: 112 dal fondo per il controllo delle frontiere, 25 per i rimpatri, 22 per i rifugiati, 77 per l’integrazione. Ancora riguardo ai contributi previdenziali, essi risultano in crescita (+1,9milioni nel 2012 rispetto al 2011) e restano in Italia se il migrante fa ritorno al proprio Paese d’origine. A beneficio, quindi, del bilancio Inps…
Venendo poi alle appartenenze religiose, il 53,9% dei migranti risulta di religione cristiana (Vademecum Religioni, dialogo, integrazioni); i musulmani non arriverebbero al 30% sulla base di “un effettivo contatto con un’organizzazione della loro religione in Italia”. Numerosi sono poi i cristiani non cattolici, ortodossi e protestanti pentecostali: addirittura in Italia risulterebbero presenti 836 religioni…
Nonostante la disoccupazione anche tra gli stranieri sia in aumento e di lungo periodo, sono in gran numero gli immigrati “arruolati” nel fiorente settore del "sommerso" dove lo sfruttamento della manodopera saltuariamente impiegata raggiunge livelli bestiali. Siamo in presenza di forme simili all’antica tratta degli schiavi, oggi a favore di una divisione dei proletari, nazionali e stranieri, occupati e disoccupati, fissi e mobili, con la conseguente contrapposizione di false barriere di colore, di razza, di religione.
Per i tassi di criminalità, essi sono alti, sì, ma solo fra gli immigranti irregolari, che sarebbero il 6% del totale stranieri. Val la pena di rifarsi al Rapporto sulla criminalità e sicurezza in Italia 2010, quando ministro degli interni era il leghista Roberto Maroni e sulle poltrone del Governo sedevano personaggi come La Russa, Giorgia Meloni, Calderoli e Bossi. Veniva fin da allora registrata una diminuzione – rispetto agli anni precedenti – di omicidi, furti, rapine; scomparsi i sequestri di persona operati dalla criminalità organizzata. Questo quando nel decennio precedente gli immigrati erano aumentati da meno 1 milione a più di 4 milioni. Sarà poi inevitabile un loro successivo aumento (di alcuni reati), a causa della crisi economica. Non solo, ma mentre dal 2004 al 2012, sarebbero cresciute del 37,6% le denunce contro italiani (Dossier Statistico Immigrazione 2014), quelle contro stranieri (più che raddoppiati di numero) sono cresciute meno, +29,6%. Inoltre, il 17% dei “reati” riguarda quello di “immigrazione clandestina”…
Facciamo qualche altro “conto uscite ed entrate”, tanto caro alle intelligenze borghesi e come se fossimo ad un mercato orto-frutticolo e non di fronte alla sopravvivenza o meno di esseri umani. Dietro le cosiddette “operazioni Mare Nostrum” figurava (settembre 2014) una spesa giornaliera di 30 euro (+ Iva… incassata dallo Stato) per migrante, ultimamente aumentata a 35 (+ Iva). In tasca al migrante vanno però 2,5 euro al giorno. Tra parentesi, che gli immigrati siano mantenuti dallo stato, il quale verserebbe loro qualche decina di euro giornalieri, è una delle bugie più diffuse, volutamente, dall destra fascio-leghista. Chi beneficia dei soldi dello stato sono altri. Per esempio, alle “cooperative sociali” vengono rimborsate le spese sostenute per visite mediche, pasti, vestiario. Che fra i produttori e/o venditori di servizi, poi, vi possa essere del malaffare… no comment. Esempi, significativi di quelli che sono morale e costumi borghesi, si hanno, una volta di più, in questi ultimi tempi
Che dire poi di quanti (non certo proletari!) speculano e lucrano una rendita parassitaria attraverso gli affitti degli immobili, spesso in nero, provocando sovraffollamento, subaffitto, fenomeni di devianza e degrado sociale dei quali vengono poi colpevolizzati i soli immigrati?
In conclusione: senza costruire uno stabile legame fra le lotte – oggi necessariamente di difesa dagli attacchi borghesi ma volte alla prospettiva di un superamento del sistema che li genera – il proletariato del mondo intero non potrà mai liberarsi dalle catene dello sfruttamento e delle pene che la logica del profitto (senza la quale il capitale non sopravvivrebbe) gli impongono. Non solo, ma occorre la presenza operante del partito del proletariato, internazionalmente presente ed operante, in possesso di una salda piattaforma teorico-politica capace di guidare una azione organizzata, disciplinata e costante di classe. Senza di ciò, il proletariato non riuscirà a ricomporre la propria protesta, spesso spontanea e momentanea, in un movimento di lotta in grado di rovesciare il capitalismo e di riporlo tra i ferri vecchi della storia.
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